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L’incredibile storia di Aleksandr Picuskin, il serial killer della scacchiera che non finì mai il suo “gioco”

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Aleksandr Picuskin, serial killer, fu condannato per 49 omicidi, nonostante ne avesse confessati oltre sessanta.

Dopo un periodo di pausa, tornò ad uccidere perché colpito dalla fama di Andrej Romanovic Chikatilo, il mostro di Rostov.

Aveva stabilito di ammazzare 64 persone (tante quanto sono le caselle nel gioco degli scacchi), ma quando una trans fu sospettata dei suoi delitti si fece arrestare per poterne rivendicare il “merito”

serial killer Aleksandr Picuskin

Mosca (Russia) – Aleksandr Picuskin, nato a Mosca il 9 aprile 1974, è stato soprannominato “serial killer della Scacchiera” e “il maniaco del Parco Bitsa”, perché ha compiuto tutti i suoi omicidi all’interno o attorno a questo grande bosco a sud della capitale. Trascorse buona parte della sua infanzia e adolescenza in un centro per la salute mentale. Nel 1992, a scuola, conosce un ragazzo di nome Michail Odijčuk, che presto diventa suo grande amico, ma che poi uccide, compiendo il suo primo omicidio, all’età di 18 anni.

«Il primo omicidio è come il primo amore, non si scorda mai», ha dichiarato nel corso dell’interrogatorio seguito al suo arresto, avvenuto il 16 giugno 2006, quando aveva 33 anni.

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serial killer Aleksandr Picuskin

Aleksandr e Michail avevano progettato un omicidio insieme, ma il giorno prestabilito Michail ha delle remore, si tira indietro e Aleksandr – per paura che potesse confessare il progetto a qualcuno – lo uccide. Dopo la scuola, Aleksandr trova lavoro come magazziniere in un supermercato, la sua vita scorre normalmente e nessuno – all’epoca – lo sospettò mai di quell’omicidio.

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In quel periodo tutti gli occhi del Paese erano rivolti al processo ad Andrei Romanovic Chikatilo. Picuskin confessò in seguito che proprio la “fama” di Chikatilo lo invogliò a tornare a uccidere e alla fine del 2001, la sua follia omicida riprese il sopravvento.

Affronto insostenibile per il serial killer

I suoi delitti seguivano un disegno prestabilito, come poi confesserà uccideva per un progetto che definiva “grandioso”: dopo ogni omicidio tracciava una croce su una casella di una scacchiera: una volta “riempite” tutte le 64 caselle, avrebbe smesso di uccidere.

Pičuškin avvicinava degli sconosciuti all’interno del parco di Biza, o proponeva a dei suoi conoscenti di andare a bere con lui nel bosco. Dopo averli fatti ubriacare – per la maggior parte sceglieva uomini adulti – li uccideva. Prima colpiva le vittime alla testa, con un oggetto pesante o un martello, poi infilava rami, cocci di bottiglia o spazzatura nella ferita.

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Poi scaricava i cadaveri nelle fognature. Qualcuno fu abbastanza fortunato da riuscire a fuggire e fornì alla polizia elementi per un identikit. Dopo l’arresto, Picuskin rivelò che solo alcuni di loro si resero conto che stavano per essere ammazzati e, a suo dire, ci fu una vittima che espresse persino il desiderio di essere uccisa.

serial killer Aleksandr Picuskin

Nel 2006 venne arrestata una transessuale, che fu accusata dei delitti nel parco di Biza perché nella sua borsetta nascondeva un martello. Adirato e sconfortato nel vedere la sua opera attribuita a una travestita – e spinto dall’egocentrismo – Pičuškin decise di farsi arrestare, rinunciando all’idea di uccidere le 64 persone previste.

Macabro motivo di vita

Il 14 giugno dello stesso anno invitò a cena la collega Marina Moskalëva e si accertò che la donna avesse avvertito il figlio della sua uscita e poi la uccise a martellate nel parco di Biza, senza occultare il corpo in modo che venisse immediatamente scoperto; cosa che avvenne il giorno successivo. Picuskin fu rintracciato con facilità dai poliziotti il 16 giugno. Dopo l’arresto confessò i suoi delitti all’ispettore Iskandar Glimov. Pičuškin fin dall’inizio fu riconosciuto in grado di intendere e di volere.

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serial killer Aleksandr Picuskin

«Mi chiedi, perché ho ucciso?», disse Picuskin – rinchiuso in una gabbia di vetro – rispondendo alle domande del giudice. «Come dirlo chiaramente… Per me, la vita senza omicidi è come per te la vita senza cibo. È una necessità. Ero come un padre per queste persone, ho aperto loro una porta per un altro mondo. Li ho lasciati andare in una nuova vita».

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serial killer Aleksandr Picuskin

Il suo avvocato, Pavel Ivannikov, chiese per lui una pena a 25 anni di carcere, mentre l’accusa voleva l’ergastolo. Il 29 ottobre 2007 fu giudicato colpevole di 49 omicidi, mentre Picuskin – forse mentendo – ne aveva confessati 61 o 62 in totale. Venne condannato all’ergastolo, nonostante anche i parenti delle vittime chiedessero a gran voce la pena capitale; in quel periodo, in Russia era in corso una moratoria sulle esecuzioni, non era possibile emettere condanne a morte.

Cesare Guccione per Cronaca Vera

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