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Come Zelensky ha fatto suicidare l’Ucraina grazie all’Ue

L’Unione Europea va al riarmo. È ovviamente un riarmo inutile perchè le armi vere, quelle nucleari, sono escluse. Tutta colpa dell’isteria collettiva provocata dai primi cento giorni di Donald Trump, isteria che ammorba anche i giornali. Dopo il ventilato stop degli aiuti all’Ucraina, sul Corriere della Sera si arrivava a leggere: «La falsità più grave, sposa appieno la propaganda di Mosca e delegittima la resistenza ucraina. Vanno ricordati i fatti: l’invasione russa è stata totalmente non provocata. La Nato non si stava espandendo a est e certamente nessuno nel periodo precedente il 24 febbraio 2022 stava pensando di allargarla all’Ucraina». Era il 21 febbraio.

Il giorno 24, lo stesso quotidiano scriveva: «Già dal 2008 Kiev stava lavorando per entrare nell’Alleanza atlantica». Isteria collettiva, appunto.

In realtà i motivi della guerra li raccontò subito il Wall Street Journal: cinque giorni prima dell’attacco, il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva proposto a Zelensky di rinunciare ad entrare nella Nato proclamando la neutralità del proprio Paese, una mossa che avrebbe evitato centinaia di migliaia di morti. Zelensky disse no.

Sergio Romano, già ambasciatore italiano presso la Nato e poi a Mosca ai tempi dell’Urss, diceva a Libero: «Ciò che ha voluto fare Putin, con questa operazione militare, è stato lanciare un forte e preciso segnale all’Occidente, in risposta alle sanzioni, applicate ormai da 8 anni, e anche all’espansione della Nato a Est. Ciò che gli preme di più è che, sicuramente, l’Ucraina non entri nella Nato rimanendo neutrale come la Svizzera. Io stesso sono sempre stato contrario all’idea di allargare la Nato all’Ucraina e devo dire che il punto di vista del presidente russo è degno di considerazione».

Allo stesso modo Marco Carnelos, ex ambasciatore italiano in Iraq, spiegava a La Verità: «Temo che cedere armamenti all’Ucraina prolunghi inevitabilmente il conflitto. E più si prolunga, più degenera la situazione internazionale e crescono le sofferenze della popolazione. Il probabile punto di caduta è la neutralità dell’Ucraina, e non ha senso veder distruggere un Paese per poi arrivare comunque a quell’esito».

Ma siccome costoro erano veri esperti di geopolitica, furono presto lasciati in disparte. E si presero ad ospitare in tv e sui giornali i fact checker, improbabili tuttologi difensori di qualsiasi versione ufficiale, che dovevano tirare la linea di Joe Biden.

Provarono persino a farci bere la notizia che i russi si fossero autosabotati il Nordstream, per poi virare su un attacco in yacht di cinque ucraini ubriachi capeggiati dal generale Valeriy Zaluzhniy che giurarono essere stato poi cacciato, quando invece era stato promosso ambasciatore nel Regno Unito.

Furono del tutto ignorati i rapporti di Amnesty antecedenti all’invasione, per declamare quanto fosse europea l’Ucraina: eppure lì dentro si parlava di sparizioni di civili senza alcuna indagine, discriminazioni ai danni di politici, giornalisti (per non parlare dei rom) persecuzioni ai danni di attivisti Lgbt, torture e conflitti armati perenni nel Donbass, dove tutto è cominciato, ma che proprio Kiev avrebbe dovuto tentare di ridurre, essendo territori suoi, con un processo di riforme. Invece: «Le famiglie sono state separate e ci sono state ripercussioni su molti mezzi di sussistenza. Le persone anziane che avrebbero dovuto percepire la pensione in aree sotto il controllo del governo ucraino, coloro che necessitavano di una concreta assistenza sanitaria, comprese le persone sieropositive, e altri gruppi marginalizzati sono stati i più colpiti dalla mancanza di accesso ai territori controllati dal governo».

Oggi si cerca di far passare come eroe Emmanuel Macron, pronto a immolarsi per l’Ucraina. Ma davvero si pensa che il leader di un Paese neocolonalista, che sfrutta da decenni le risorse di 14 Paesi africani pretendendo impunemente il 50% delle riserve monetarie, per un totale di 500 miliardi di euro l’anno, sia un liberatore di popoli?

La verità è che Trump, che non ha filtri, ha battuto cassa prima dell’Ue e ha costretto Zelensky a firmare il cosiddetto «accordo sulle terre rare», che in realtà prevede lo sfruttamento americano del suo sottosuolo, comprensivo di alluminio, grafite, petrolio e gas naturale.

In sintesi: spingendo Zelensky alla guerra (ovvero verso la Nato) gli americani, con Biden, hanno ottenuto la distruzione di Nordstream che avrebbe portato il gas in Ue a prezzi molto più bassi (perchè evitava il pedaggio di Kiev). E hanno moltiplicato la vendita alla stessa Ue del suo gas liquido, il gnl, a prezzi molto superiori a quelli precedenti.

E ora, con Trump, gli americani si portano a casa pure le risorse del sottosuolo di Kiev. Presto sapremo, nei fatti, se tale accordo influirà pure sulla possibilità di aprire o chiudere i rubinetti del gas (gli unici rimasti) che dalla Russia arriva(va) in Europa attraverso l’Ucraina.

Con costi di pedaggio, ovviamente, più alti per noi.

L’Ue ha speso invece miliardi invano, vedendo moltiplicati a dismisura i prezzi di gas ed energia. E ora offre pure agli Usa 50 miliardi di acquisti in più in gnl e prodotti agricoli per eliminare i dazi. Il tutto a danno dei propri cittadini e delle proprie aziende.

Quando la guerra sarà finita, scopriremo così ciò che gli esperti di geopolitica avevano pronosticato fin dall’inizio: Zelensky ha mandato il suo popolo al macello per nulla. Anzi, per perdere territori e risorse naturali. Probabilmente, per premiarlo, gli dedicheranno un film a Hollywood.

Edoardo Montolli

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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