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La strana storia di Jwan, rapper che mette in musica complotti e verità nascoste

Si fa chiamare Jwan, che letto in italiano, fa molto il verso alla città di Wuhan, dove nacque la pandemia.Il misterioso rapper fa breccia sui social con canzoni che mettono in musica le più disparate teorie complottiste: dal coronavirus alle Twin Towers fino allo sbarco sulla Luna.Un brano fa riferimento anche a Luigi Mangione, sotto processo per l’omicidio del Ceo del più grande colosso assicurativo sanitario americano.

MILANO- Nei suoi testi ci sono diverse parolacce. Usa un linguaggio scurrile. Ma questo è tipico dei rapper. La differenza sta in ciò che dice: non parla di soldi e droga e non fa dissing, no. Racconta invece in musica i grandi complotti o le grandi verità nascoste – a seconda da come la si pensa – dai media tradizionali. Non sappiamo se la sua sia solo un’operazione artistica che inneggia alla libertà di espressione o se ci creda davvero. Perchè sappiamo solo che si fa chiamare Jwan e da un mesetto ha fatto incursione sulle piattaforme musicali e sui social con canzoni molto, molto particolari.

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IL CORONAVIRUS

Il nome stesso Jwan, letto in italiano fa il verso a Wuhan, la città dove ha avuto origine il coronavirus. E non a caso, forse, il rapper chiama uno dei primi brani «Baby novax». In esso non manca ovviamente la love story di turno, ma Jwan parla del Covid come un incidente di laboratorio all’Istituto di Virologia della città e della semplice Aspirina per curarlo: ovvero quanto prevedeva fin dalla primavera del 2020 l’Istituto Mario Negri, il cui protocollo fu approvato però dal ministero soltanto due anni più tardi, a vaccinazioni avvenute.

In «Nordstream» rievoca invece la bufala raccontata da tutti i giornali e le tv all’epoca dei fatti, secondo la quale i russi si erano sabotati da soli il gasdotto che avrebbe portato il loro gas in Ue saltando l’Ucraina e passando per il mare. E Jwan se la ride chiedendosi se i media ci abbiano presi tutti per fessi.

Infine, in «Ceo Hunter» ovvero «Cacciatore di Ceo» racconta la storia del presunto giustiziere Luigi Mangione, definito «un italiano vero» e oggi alla sbarra con l’accusa di aver ucciso Brian Thompson, 50 anni, amministratore delegato del colosso assicurativo sanitario UnitedHealthcare. Un processo singolare, in quanto gli americani hanno raccolto spontaneamente qualcosa come mezzo milione di dollari per la sua difesa. Il motivo? Negli Usa non c’è il sistema sanitario nazionale come da noi, ma ti devi assicurare. E negli ultimi anni le assicurazioni sono state accusate di non pagare richieste di risarcimento legittime: la gente non può così curarsi. E muore.

JWAN: DALLE TORRI GEMELLE AL COMPLOTTO LUNARE

Ma poi Jwan alza decisamente il tiro. Puntando prima sugli incendi di Los Angeles in «Hollywood brucia» e lasciando intendere che quelle fiamme non siano casuali. Com’è noto, infatti, un documento del 2020 prevede la digitalizzazione della città, con un piano di otto anni chiamato SmartLA 2028. C’è qualcosa dietro gli incendi? E perchè non è stata colpita l’intera città? Di mistero in mistero, di complotto in complotto, si arriva alla canzone «Twin Towers» ossia al famigerato attentato dell’11 settembre 2001.

Jwan ripercorre le teorie di Massimo Mazzucco e di Giulietto Chiesa, quelle secondo le quali le Torri Gemelle furono fatte esplodere dall’interno e non furono gli aerei a buttarle giù. Almeno, dal testo, sembra di respirare questo clima quando il rapper dice «chi l’ha toccato l’edificio 7?» Si tratta del grattacielo venuto giù integralmente senza che un aereo gli si schiantasse sopra. E poi allude ai terroristi, incapaci di guidare perfino i «monoposto» come peraltro era emerso da talune inchieste. E allora, si chiede, come hanno pilotato gli aerei?

Non poteva dunque mancare l’ultima e più famosa delle teorie della cospirazione, quella secondo la quale non siamo mai andati sulla Luna. Jwan pone domande: come è stato possibile superare le fasce di Van Hallen? E poi: se ci sono andati con un «Commodore 64» com’è che oggi nemmeno Elon Musk riesce a tornarci? Questo perchè il computer di bordo dell’Apollo 11 aveva una memoria di 32 kb: e oggi il più scalcinato dei cellulari ne ha una di un milione di volte superiore. Ossia 32 milioni di kb. Eppure, un ritorno dell’uomo sulla Luna è previsto non prima di molti anni. Infine c’è il famoso nastro adesivo sul Lem degli astronauti: con lo «scotch» sulla Luna? Domande che il rapper pone all’ascoltatore. Anzi, alla fidanzata che nel brano «Moon amour» lo ascolta… una canzone romantica.

 

 

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