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Il pangolino è morto. E con lui la censura

Chissà che non si ricominci a respirare un po’ d’aria di libertà. L’anno si è aperto bene, con Mark Zuckerberg, gran capo di Facebook e Instagram, che ha annunciato la fine dell’epoca buia della censura sui social. E l’addio ai fact-checkers, privati cittadini improvvisatisi giudici che decidevano cosa fosse vero o falso sulle piattaforme, davano patenti di complottisti a chi dubitava delle versioni ufficiali. E si facevano portatori di un pensiero unico e infallibile. Che poi era quello del governo di turno.

Mai ci saremmo immaginati che, oltre cinque secoli dopo la conclusione del Medioevo, si riproponesse una censura tanto violenta a partire dallo scoppio di una pandemia. Dove guai a dire che non fosse esplosa a causa del pangolino in un mercato di Wuhan dove pangolini non ce n’erano. Guai a mettere in dubbio le direttive terapeutiche sulla Tachipirina e vigile attesa, anche se queste erano basate sul nulla. Guai a nutrire dubbi sui vaccini, anche se Astrazeneca, tempo più di qualche morto, fu poi ritirato dal mercato italiano.

I social network, che nei processi per diffamazione per i commenti ai post si erano prima sempre difesi sostenendo di non essere editori, improvvisamente presero quella che era certamente una linea editoriale, e cioè quella degli esecutivi. Chiunque dubitava veniva additato come novax, dei quali finivano in tv personaggi altamente improbabili come se fossero la fotografia della popolazione incerta. E i novax potevano essere insultati nei peggiori dei modi anche sui social – altro che fact-checking – con medici che davano loro dei sorci, giornalisti che bramavano di sputare nei loro piatti, politici che invitavano addirittura a metterli al muro.

Il ministro della Salute Roberto Speranza aveva firmato accordi con tutti i social network (li trovate sul qui). Facebook esponeva il marchio “falso” sul post, manco fosse un tribunale. E Youtube demonetizzava i canali per poi arrivare a cancellarli, mettendo così termine, senza una qualsiasi sentenza o indagine, al lavoro di anni.

Finita la pandemia la replica c’è stata, pari pari, con la guerra in Ucraina, con tanto di normative da rispettare evidenziate dalle piattaforme. Volevi sottolineare che per anni Amnesty International aveva stilato rapporti sulla situazione nel Donbass, raccontando i torti sia dei russi che degli ucraini? Lo potevi fare, ma a tuo rischio e pericolo. Perchè poi poteva arrivare il fact-checker di turno a bollarti. O l’algoritmo letale. La censura ha colpito anche le elezioni americane del 2020, con centinaia di video rimossi solo perchè ritenevano di documentare brogli elettorali. In Ue il bavaglio si è quindi perfezionato grazie alla Dsa, tuttora in vigore, per via della quale si comminano multe enormi ai social network in caso di sgarri.

E come dimenticare l’arresto in Francia del fondatore di Telegram, Pavel Durov, con la ridicola accusa di essere complice di chi usava Telegram per compiere crimini? Oggi che Donald Trump sale alla Casa Bianca, improvvisamente tutti si sono accorti che il fact-cheking era sbagliato: lo titolano i principali quotidiani italiani, per anni asserviti alle stesse politiche di bavaglio per le quali ragliano soltanto se gli interessi che si toccano sono i loro e non quelli dei cittadini.

E, a dirla tutta, se il vento sta cambiando (non sappiamo per quanto) lo si deve ad un miliardario che il sistema non riesce a controllare. Quell’Elon Musk che per primo riattivò l’account twitter di Trump, cancellato senza che ci fosse mai stata la condanna di un giudice. E che fece esplodere il caso dei Twitter Files. Ora che è il principale alleato del tycoon e che il governo italiano sta per concludere un accordo per la banda larga con la sua Starlink, c’è chi frigna perchè i nostri dati potrebbero finire nelle mani di un privato straniero o degli Usa.

Ma veramente? Edward Snowden nel 2013 rivelò come l’Nsa statunitense avesse intercettato 35 capi di governo occidentali almeno fin dal 2002. Wikileaks nel 2015 ridatò le spiate addirittura al 1982 e documentò l’orecchio lungo degli americani sul governo Berlusconi fino alla sua caduta. E nessuno si è mai sognato di dire «beh».

Mai come in questi ultimi anni l’Italia e l’intera Ue si sono dimostrate obbedienti nei confronti degli Usa, qualsiasi fosse la linea belligerante degli Alleati. E ora il problema è Starlink? Ma siete seri?

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