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L’ultima pagliacciata europea per evitare la pace in Ucraina: un tribunale contro i crimini russi

Mentre chiedono a gran forza la tregua, minacciando altrimenti ulteriori sanzioni, gli Stati europei hanno tirato fuori dal cilindro un nuovo coniglio: un tribunale speciale per il «Crimine di Aggressione contro l’Ucraina». Lo chiedono una quarantina di Paesi del Vecchio Continente, stupiti del fatto che gli Usa si siano chiamati fuori.

Inutile dire che esiste già il Tribunale internazionale dell’Aia, principale organo giudiziario dell’Onu, che giudica gli Stati. E la Corte Penale Internazionale (Cpi), con sede sempre all’Aia, che dell’Onu non fa parte (ma a cui l’Onu può deferire casi) e competente su genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. E giudica gli individui. E allora a cosa serve un nuovo tribunale allestito dai soli Paesi europei? Se sul Tribunale internazionale dell’Aia Mosca ha diritto di veto, a nulla vale dire che la Russia non riconosca la Cpi, dato che la Cpi ha comunque emanato un mandato d’arresto contro Vladimir Putin. E dato che comunque la Russia non riconoscerà nemmeno questo tribunale.

Però c’è anche altro, di più sottile: l’Ucraina ha riconosciuto la Cpi solo nel 2024, ovvero proprio solo dopo che fu spiccato il mandato d’arresto di Putin. Ma lo ha fatto con una clausola di ratifica ridicola: «per sette anni dall’effettiva entrata in vigore della ratifica, l’Ucraina “non riconoscerà la giurisdizione della Corte penale internazionale” sui crimini di guerra “quando, probabilmente, commessi da suoi cittadini”.» Comodo. Sicchè, meglio farsi un altro tribunale ad hoc, a propria misura e discrezione giuridica, prima di essere chiamati direttamente in causa. Un tribunale che valuti il «crimine di aggressione» e dove l’Ucraina sia esclusivamente vittima, ignorando i vari rapporti di Amnesty all’origine degli attriti tra i due Stati e gli eventuali crimini di guerra di Kiev.

Kaja Kallas, Alto Rappresentante per la politica estera Ue, ha dichiarato: «Ogni centimetro della guerra della Russia è stato documentato. L’aggressione della Russia non resterà impunita». Come no. Fin dall’inizio della guerra abbiamo potuto constatare anche in Italia come i giornalisti ammessi sul territorio ucraino siano stati soltanto quelli allineati e come anche osservatori indipendenti siano stati allontanati, dando spazio alle ricostruzioni dei crimini spacciate dalla propaganda. Domani, il nuovo tribunale funzionerà così sulla base delle segnalazioni dei giudici ucraini al procuratore speciale di reati e richieste di risarcimento provenienti da tali ricostruzioni, in un Paese peraltro dove Volodymyr Zelensky ha azzerato più volte i vertici di governo, agenzia delle dogane ed esercito con l’accusa di corruzione per «arricchimento illegale, legalizzazione di fondi ottenuti illegalmente, profitti illeciti».

Naturalmente i processi si potranno fare in contumacia e finchè Putin e compagnia saranno al potere le sentenze non avranno effetto. Difficile trovare qualcosa di più ipocrita. E allora che senso ha allestire questo demenziale e inutile circo mentre a gran voce si chiede al futuro imputato (e certamente condannato) di aderire alla tregua e di sedersi al tavolo della pace? Perchè è di ogni evidenza che questo tribunale non possa che allontanare ogni riconciliazione.

Ecco, con ogni probabilità, il demenziale circo serve ad alzare l’asticella della trattativa. Ma non certo con Mosca, a cui le sanzioni, come abbiamo sperimentato, fanno ridere e si sono ritorte contro gli europei che le avevano applicate, sotto forma di bollette moltiplicate per i cittadini. D’altra parte, parlando agli industriali russi, Putin è stato esplicito, spiegando che coloro che «sono pronti a pianificare sanzioni contro Mosca, anche a loro discapito, lo fanno perché sono deficienti».

O forse perchè è con Kiev che si vuole alzare l’asticella della trattativa, dato che gli Stati Uniti sono già passati all’incasso di guerra pretendendo l’uso delle risorse del sottosuolo e l’Europa è rimasta a bocca asciutta. Ma chissà che dando a Zelensky l’immagine dell’eroe e della vittima, non si possa trovare una moneta di scambio politica. Sappiamo che Kiev costituisce oggi (dopo il sabotaggio di Nordstream 2) l’unica futura fonte di passaggio, e di pedaggio, del gas russo in Ue. E sappiamo pure che l’Ucraina è il granaio del mondo. All’ex comico resta ancora qualcosa da svendere, tutto a danno dei propri connazionali, com’era evidente fin dall’inizio. E come spiegato invano da innumerevoli diplomatici volutamente ignorati.

Edoardo Montolli

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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