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Voglio andare a vivere in Norvegia

Le differenze tra Italia e Norvegia, dove i politici – incredibile a dirsi – fanno l’interesse del loro Paese, anche a scapito nostro

 

Diciamo la verità: chi di noi, ogni mattina al bar, non si accapiglia su “premierato sì” e “premierato no” come soluzione ai problemi del Paese? Chi di noi ogni notte non prende sonno struggendosi sul fatto che il cancro della Penisola sia la famiglia patriarcale? Eppure, per i media e la politica sarebbero questi i lunari argomenti che preoccupano gli italiani nonostante Eurostat stimi che il 63% della popolazione non arrivi a fine mese, ci siano 6 milioni di poveri accertati e 16 milioni di persone siano inseguiti dalle fauci del fisco, che esige in maniera sempre più vorace di spolpare ciò che resta dei nostri guadagni.

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Chi può se ne va. Tipo gli infermieri: sono già 30 mila quelli fuggiti all’estero. Qui li attendeva un contratto nazionale da 1922 euro lordi, anni luce lontani dal netto per i motivi di cui sopra. In Norvegia, invece, Giulia Cellini, 32 anni da Ferrara, ne prende 3380 netti (straordinari e notti escluse), bonus estivo di 250 euro a settimana, affitto e bollette tutto pagato dall’agenzia che l’ha assunta a tempo indeterminato, esattamente come i viaggi per tornare in Italia quando vuole. La sua invidiabilissima storia l’ha raccontata al Corriere della Sera, così come ha fatto Michele Calvisi, 28 anni, che da infermiere in Italia di euro ne prendeva 1600 e che lì ne percepisce 3 mila, sempre con alloggio gratuito, bollette pagate, auto in uso e rimborso del carburante. Tornare? «Non ci penso nemmeno».

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D’altra parte, in Norvegia – incredibile a dirsi – i politici fanno l’interesse del loro Paese e tendono ad arricchirlo. Un suo ex ministro, l’economista Jens Stoltenberg, è a capo della Nato, che una sanzione dietro l’altra ha portato allo stop della fornitura russa di gas russo all’Europa. Il premio Pulitzer Seymour Hersh accusò Oslo di essere stata complice degli Stati Uniti del sabotaggio del gasdotto Nord Stream. Ma vai a credere a un premio Pulitzer: l’hanno fatto passare per un complottista.

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Di fatto, da allora, la Norvegia, che non fa parte dell’Ue (e già la dice lunga su come se la passino quelli che hanno rinunciato all’Europa unita) è diventata il principale fornitore di gas dell’Unione e già un anno fa aveva aumentato l’esportazione del 300%. L’Italia, invece, dopo aver rotto i ponti con Putin, strapaga il gas liquido che adesso prende dagli Usa e ha stretto accordi per la principale fornitura con l’Algeria, che però è in fittissimi rapporti commerciali proprio con la Russia, tanto che la sua azienda statale del gas Sonatrach è partner della moscovita Gazprom nello sviluppo del nuovo giacimento petrolifero nella regione di El Assel.

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Praticamente, grazie ai nostri astuti politici, il Belpaese ha fatto solo un giro di boa, da cui è uscita spendendo molto più di prima. I risultati li abbiamo visti nelle bollette degli scorsi mesi. Per non farsi mancare niente il governo toglie adesso pure il regime di tutela dei prezzi a milioni di famiglie e per apprezzarne i risultati dovremo attendere la prossima crisi energetica, quando andremo in banca a chiedere finanziamenti per pagare luce e gas.

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La motivazione? La solita: «Ce lo chiedeva l’Europa». O meglio: lo hanno fatto per ottenere la quarta rata del Pnrr. Giorgia Meloni lo ha detto con entusiasmo: «L’Italia sarà anche l’unico Stato membro dell’Unione europea ad aver ricevuto il pagamento della quarta rata». Già. Peccato che non aggiunga che l’Italia è però anche l’unico Stato membro ad aver chiesto nel Pnrr la stratosferica cifra 122 miliardi di prestito, che il secondo Stato che ha chiesto di più è la Romania con 15 miliardi e che nessun’altra grande democrazia occidentale ha chiesto un solo euro di prestito.

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Peccato anche che Giorgia Meloni non ricordi come il Pnrr sia stato attivato in risposta alla crisi dovuta ai danni da Covid, in un’Italia la cui sanità si trovò clamorosamente impreparata e senza nemmeno un piano pandemico. Bene: su oltre 190 miliardi che arriveranno nelle casse dell’erario dal Pnrr (compresi i 122 di prestiti che non saremo mai in grado di restituire), alla sanità priva di decine di migliaia di medici e infermieri, con milioni di italiani oggi senza medico di base, andranno l’8% delle risorse. Inutile commentare: per campare, toccherà imparare il norvegese.

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