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Italia, conto alla rovescia verso il baratro

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Il baratro dell’Italia si fa sempre più vicino. Secondo l’Eurostat ormai il 63% delle famiglie fa fatica ad arrivare a fine mese, contro una media europea del 45,4%. E le aziende non se la passano meglio. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, dice che «l’aumento dei tassi e le guerre stanno portando a una contrazione del commercio internazionale». Le imprese hanno difficoltà perfino a chiedere finanziamenti: «Tutto questo comporta una minore propensione agli investimenti. Siamo preoccupati perché noi dobbiamo investire per agganciare le transizioni green e digitale».

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Come vi abbiamo raccontato in tempo reale, poi, le contromisure all’emergenza lockdown si sono mostrate sempre demenziali. Ai tempi del Covid sbandierarono il rafforzamento della Sanità. Il risultato è che oggi il Servizio Sanitario Nazionale è praticamente assente: ci sono oltre 22 milioni di italiani bloccati in lista d’attesa e quattro su dieci si affidano al privato, cosa che molto va a incidere sul bilancio famigliare.

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Mentre due e mezzo, riporta l’Istat, hanno addirittura rinunciato alle cure. I chirurghi se ne vanno all’estero o dove sono pagati decentemente. Su 724 posti di specializzazione messi a bando dalle università, ne sono stati infatti assegnati appena 319. Dice a Repubblica Marco Scatizzi, presidente dell’associazione dei chirurghi ospedalieri: «Se non si interviene dobbiamo prepararci ai titoli di coda della sanità pubblica».

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L’Europa continua intanto a prenderci serenamente a sberle. Nell’ultimo rapporto di Confartigianato presentato alla settimana per lʼEnergia e la sostenibilità, emerge come gli italiani inquinino meno, ma paghino molto di più rispetto agli altri Paesi del Continente: nell’ordine di 13 miliardi. Un’imposta che costa in media 260 euro a cittadino. L’agenzia S&P ha confermato il rating del Paese a BBB, precisando però che da noi «la crescita economica rallenterà nel 2023 e nel 2024» a causa «dell’aumento dei risparmi del settore privato, dell’inasprimento delle condizioni creditizie, del rallentamento della produzione e dell’indebolimento del commercio globale».

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Appena sotto di noi c’è la Grecia, con un rating di BBB-. Fu salvata dalla bancarotta con 280 miliardi di prestiti. Per risalire la china, scrive La Stampa, Atene «ha introdotto misure per stimolare l’economia, ha combattuto il nero e i pagamenti illeciti, ha migliorato il suo sistema fiscale. Il sistema giudiziario è diventato più efficiente di un tempo, le procedure di insolvenza adesso sono più veloci, il sistema scolastico è migliorato». E «in poco più di un decennio il rapporto debito/Pil è calato dal 212% del 2020 all’attuale 166%. La riduzione è stata favorita anche da un’economia che è in crescita» anche grazie alla stabilità politica. E, aggiunge il quotidiano, la situazione «Adesso sta tornando la normalità».

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Come no, per i conti dell’Ue sicuramente. Ma nel dato Eurostat citato all’inizio, i greci sono all’ultimo posto: ovvero, se da noi è il 63% a non tirare la fine del mese, in Grecia il dato sale all’89,6%. Li raggiungeremo comunque presto: forse già mentre scriviamo, l’esecutivo potrebbe aver deciso di ratificare il Mes, il fondo salva Stati. Dopo aver tanto sbraitato, il governo avrebbe infatti deciso di firmare, ma all’italiana: ossia, scrive ancora il quotidiano di Torino «far votare a maggioranza la riforma, integrando il testo con una clausola in cui verrà scritto che l’Italia non accederà mai al fondo».

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Almeno fino al prossimo premier, che potrà cambiare le carte in tavola. Perchè, naturalmente, quando sarà chiaro che non saremo in grado di restituire i 122 miliardi di prestiti del Pnrr, tanto applauditi dai media nazionali, non avremo altra soluzione che farci commissariare dal Mes. Ma davvero il nostro debito è colpa degli italiani?

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Su Youtube gira un vecchio video di Massimo D’Alema, in cui l’ex premier ricorda quanto già raccontato parzialmente a Panorama nel settembre 2001: nel 1996, da segretario del maggior partito del governo Prodi, fu invitato negli Usa ed entrò nella sala operativa di Merrill Lynch: «Mi portarono al desk Italia. E c’erano tre ragazzi che compravano o vendevano Bot». Nel filmato dell’Accademia Pareto, l’interlocutore gli chiede: «E quindi decidevano lo spread dell’Italia, in buona parte?»

Risposta: «Sì, decidevano se noi avremmo avuto i soldi per fare le scuole o gli ospedali. Avevano la Reuters: se usciva una dichiarazione storta di qualche uomo politico, vendevano. Se no compravano. Avevano anche una grande libertà di decisione. Ho avuto come l’impressione che quei tre contassero più del Parlamento». Poi, vai a pensare ai complottisti…

IL VIDEO INTEGRALE DI MASSIMO D’ALEMA:

 

 

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