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Gaza, legittima difesa o massacro indiscriminato?

A Gaza va in scena per la prima volta una guerra che i giornalisti stranieri non possono raccontare, perchè è stato vietato loro l’ingresso. Devono fidarsi

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Da cinquanta giorni l’esercito di Netanyahu bombarda Gaza. Non entreremo nel merito dell’eterna rivalità tra israeliani e palestinesi. Di certo, qualsiasi ragione abbiano a Tel Aviv per gli attacchi terroristici del 7 ottobre, nella Striscia sta accadendo qualcosa di estremamente diverso da una guerra. In un mese, in un fazzoletto di terra che è più o meno un quinto della provincia di Milano, sono stati uccisi ben oltre 10 mila persone, più del 70% dei quali bambini e donne.

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Civili dunque: una cifra spaventosa se si pensa che corrispondono allo stesso numero di civili uccisi in Ucraina in quasi due anni, costati a Putin l’incriminazione alla Corte Penale Internazionale. I più distratti diranno che questi sono i numeri forniti da Hamas. In realtà, non solo il portavoce del Pentagono Pat Ryder ha confermato che i civili uccisi a Gaza sono migliaia, ma Barbara Leaf, diplomatica per il Medio Oriente degli Stati Uniti (ovvero l’alleato più fedele di Israele), ha ammesso che le vittime sono probabilmente di più di quelle comunicate da Hamas.

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Ora, sarà anche vero che distinguere un civile da un terrorista nella Striscia non sia facile, ma è impossibile non distinguerlo da donne e bambini. E il fatto che l’area dal 2007 sia sotto la dittatura di Hamas non consente di sterminarne la popolazione, che va casomai liberata. Ma il fatto sconvolgente è che Israele fa quello che vuole. Alle critiche dell’Onu ha risposto che l’Onu «è complice» e che il suo segretario generale si deve «vergognare» e «dimettere». Agli appelli dell’Ue ha replicato: «Da dove viene questo coraggio di predicarci la moralità in mezzo ai combattimenti?»

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E agli Usa ha parlato chiaramente Netanyahu: «Nessuna pressione internazionale ci fermerà» spiegando anche che un domani «l’Anp non governerà a Gaza». Ma c’è ancora un fatto più sinistro: dal 7 ottobre Israele ha bloccato l’accesso nella Striscia, cosa mai consentita a nessuno, a tutti i giornalisti del mondo. Restano solo quelli palestinesi. E ne sono stati ammazzati oltre 40, come mai in nessun altro conflitto. I quattro corrispondenti delle testate più autorevoli del pianeta, ovvero Reuters, Ap, Cnn New York Times sono stati messi sotto accusa sostenendo che sapessero dell’attacco del 7 ottobre.

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Sicchè del conflitto ci raccontano e ci fanno vedere ora solo quello che Netanyahu vuole: se Medici Senza Frontiere denuncia il bombardamento degli ospedali, l’assenza di acqua, corrente e gas, Israele ci dice che proprio lì sotto ci sono le basi di Hamas. Tanto nessun cronista indipendente può verificare. Se vengono denunciate stragi nelle scuole o assalti alle ambulanze, Israele smentisce e nessuno può documentarlo. Alla fine della guerra avremo così una sola, impunita, versione dei fatti.

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John Kirby, portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa, ha provato a smarcarsi dicendo che «non sosteniamo attacchi agli ospedali. Gli ospedali e pazienti devono essere protetti. Le azioni di Hamas non diminuiscono la responsabilità di Israele nella protezione dei civili». Ma tali affermazioni arrivano solo dopo che 400 dirigenti dell’amministrazione Biden appartenenti a 40 agenzie governative hanno contestato alla Casa Bianca il sostegno indiscriminato a Israele, sollecitandolo a chiedere un immediato cessate il fuoco e l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza.

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Altri mille dipendenti del Dipartimento di Stato, compresi elementi dell’FBI, hanno approvato un documento con le medesime istanze firmato dall’Usaid, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, ma proteggendosi nell’anonimato per «la nostra sicurezza personale e il rischio di perdere potenzialmente il nostro lavoro». Il che la dice lunga sulla longa manus di Netanyahu nella stanza dei bottoni di Washington. Resta un mito da sfatare: questa non è una guerra di laici democratici contro fanatici religiosi.

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Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera, è stato nei territori occupati in Cisgiordania, da dove gli oltranzisti vorrebbero deportare tutti gli arabi. Uno di loro, Aharon Yokel, si è giustificato così: «La Bibbia spiega chiaramente che questa è la patria degli ebrei. Anche loro citano il Corano per ribadire che questa è terra islamica. E dunque il compromesso è impossibile».

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