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Nella guerra tra Ucraina e Russia è tornata l’informazione sovietica: la nostra

La guerra in Ucraina, tra orrori veri e fake news che fanno salire ulteriormente la tensione. E la stampa italiana, che ricorda ormai molto quella sovietica.

Una carrellata di incredibili storie cui abbiamo assistito: dal bombardamento preso dai videogiochi ai guardiani dell’Isola dei Serpenti, tutti “sterminati” eppure tutti vivi. 

Ma in Italia siamo ormai abituati alla censura. Ricordate?

ucraina
La foto della bambina di Kiev con il fucile in mano e il lecca lecca divenne un simbolo della guerra: ma era stata scattata prima dell’invasione

La guerra si era aperta con i bombardamenti del videogioco War Thunder, trasmessi dal Tg2 come “una pioggia di missili” sull’Ucraina. Era appena iniziata l’invasione. E la fake news fu subito smascherata.

Successivamente, nella corsa tra vero e verosimile si è inserita la censura: l’Italia, come altri paesi occidentali, ha bloccato i media russi Sputnik e Russa Today, oscurandone siti e social. Come dire: di quel che accade, ci interessa una sola campana.

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UCRAINA

 

La censura ai tempi del Covid

Questo tipo di informazione sovietica l’avevamo già sperimentata con il Covid: dopo i richiami all’informazione dell’Agcom e l’accordo siglato dal ministro Roberto Speranza con i social network contro le “fake news”, chi nutriva dubbi sulla gestione della pandemia venne bollato dai media come “negazionista”, termine spregiativo usato per chi nega l’Olocausto.

E più tardi, chi nutriva dubbi sui vaccini proposti fu liquidato come “novax”, termine spregiativo usato per coloro che sono contro tutti i vaccini.

Chiusero le pagine social del libertario Leonardo Facco, censurarono il video del libro di Fabrizio Gatti sul Covid, solerti debunker marchiarono notizie sui social come false, manco fossero giudici. – SPECIALE CENSURA COVID

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Il finto forno crematorio mobile russo

 

La censura italiana ai tempi della guerra

Con la guerra il sistema è ormai oliato: chiunque fornisca dubbi sulle versioni ufficiali, viene definito “putiniano”. A farne le spese esperti di geopolitica controcorrente che provano a spiegare le origini del conflitto, come il professor Alessandro Orsini, peraltro uno che in precedenza aveva addirittura suddiviso i “novax” in categorie. Una nemesi terribile.

Perché nell’informazione sovietica la verità deve essere unica, anche se finta. Come quella sui 13 guardiani dell’Isola dei Serpenti: fu fatto sentire l’ultimo loro audio, quando risposero “andate a farvi fottere” all’armata russa che intimava di arrendersi. Poi tutti i tg e i quotidiani italiani aprirono con la notizia che erano stati sterminati.

Pagine di inchiostro sugli eroi ucraini, talk show sulla brutalità russa che, per carità, è vera. Solo che gli eroi erano tutti vivi. È emerso un mese e rotti dopo, quando c’è stato lo scambio di prigionieri e al capitano autore dell’insulto all’esercito di Putin, Roman Hrybov, è stata conferita una medaglia.

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La strage di Donetsk
La strage di Donetsk

Nel frattempo, però, si erano acuite le tensioni ed erano scattate sanzioni alla Russia. Poco oltre ci fu la strage di Donetsk, sparata a tutta pagina da alcuni quotidiani con una foto dell’eccidio che illustrava un crimine terribile. Vero. Peccato fosse stato commesso dagli ucraini e non dai russi, come denunciato proprio dall’autore di quella foto.

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Marianna Vishegirskaya, a sinistra, nell’ospedale di Mariupo. A destra nel video diffuso ora. Quella al centro, poi morta, non era lei

E come dimenticare Marianna Vishegirskaya, la donna incinta diventata il simbolo del bombardamento all’ospedale di Mariupol? I russi replicarono che si trattava di una nota fashion blogger e che gli ucraini avevano allestito una sceneggiata. Il giorno dopo, dalla parte opposta, sostennero che la donna era morta insieme al suo bambino.

Finché Marianna è riapparsa giorni e ulteriori sanzioni più tardi in un video, in cui ha spiegato che era davvero incinta, che davvero ha partorito a Mariupol, ma che non è stata lei, ovviamente, a morire, ma una ragazza che conosceva. Soprattutto, ha “assolto” i russi dall’attacco all’ospedale. E i media di Kiev, che non potevano accettare questa versione, hanno risposto allora che certamente Marianna è stata rapita e costretta a girare quel filmato, tesi subito accolta dalla stampa occidentale.

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Il New York Times e le foto satellitari di Bucha. Nelle foto manca la neve, presente a Bucha l’11 marzo

 

Quindi sono arrivati gli orrori di Bucha con i cadaveri per strada. Due inviati di razza, come Fausto Biloslavo e Toni Capuozzo, hanno raccomandato prudenza nel giudicare. Quest’ultimo, in particolare, non si capacitava del perché quei corpi fossero stati scoperti almeno due giorni dopo che i russi se n’erano andati benchè si trovassero sulla strada principale di un paese di dieci chilometri quadrati, con meno di 30 mila abitanti.

Non si dava spiegazioni del perché alcuni cadaveri indossassero la fascia bianca al braccio, simbolo dei sostenitori del Cremlino: possibile che i russi abbiano sparato sui propri seguaci? E quando sono arrivate le “provvidenziali” foto satellitari del New York Times che “documentavano” come quei cadaveri fossero sulla strada già dall’11 marzo, Capuozzo ha avuto l’ardire di chiedere come mai su quelle foto non apparisse la neve che l’11 marzo era caduta copiosa sulla città.

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Per lui, uno che le guerre le ha vissute sul campo in mezzo mondo, è arrivata una pioggia di insulti sui social, il disprezzo di sventurati colleghi e pure la richiesta della revoca del premio Ischia.

Ora, giova ricordarlo, è evidente che la Russia sia l’aggressore e l’Ucraina l’aggredita. Ma un conto è l’informazione, un altro la propaganda e la censura.

Mentre scriviamo si parla di orrori simili in altre città. E lo sdegno di tutto il mondo è stato provocato dalla notizia di mostruosi forni crematori mobili che l’esercito di Mosca avrebbe preparato appositamente e con tecnologia sofisticatissima per bruciare i corpi dei propri soldati e nascondere le perdite, così come documenta un recentissimo video del Telegraph.

Sugli orrori se ne potrà discutere (ma non accadrà). Quanto ai forni crematori mobili, ci è bastata una rapida ricerca su Youtube: si tratta in realtà di un video del 2013 dell’azienda edilizia Turmalin. Presentava i suoi camion per incenerire i rifiuti urbani.

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La guerra in Ucraina: testimonianze, video, podcast, approfondimenti – SPECIALE

 

 

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