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Wuhan, i 2 virus militari “genitori” del Covid e quello rimasto sette anni nel cassetto del laboratorio: il libro choc di Fabrizio Gatti

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Fabrizio Gatti, inviato dell’Espresso, racconta fatti inediti della pandemia, dai due virus militari ZC45 e ZXC21 ad un terzo virus molto simile a Sars-Cov-2, scoperto nel 2013 e registrato solo nel 2020. Perché?

 

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Il libro si chiama L’infinito errore, è edito da La nave di Teseo, e l’autore è l’inviato dell’Espresso Fabrizio Gatti. Un volume che prova a raccontare l’origine del Sars-Cov-2 a Wuhan e che molto si dilunga sulla situazione geopolitica prima della pandemia e sull’Istituto di Virologia della città.

Le anticipazioni le ha fornite Felice Manti su Il Giornale:

I «genitori» del Covid 19, o quantomeno i suoi parenti più stretti, sono due Coronavirus Sars-like dei pipistrelli conservati nei laboratori militari cinesi, nome in codice ZC45 e ZXC21. Lo scrive Fabrizio Gatti, inviato dell’Espresso e autore di L’infinito errore, edito da La nave di Teseo, in uscita oggi. Un libro choc che ricostruisce con carte e documenti gli ultimi 14 mesi tra Italia e Cina e lancia una luce inquietante sulla pandemia. Il Coronavirus dunque è nato in laboratorio, combinando virus di pipistrelli? Non ci sono le prove definitive, ma quello che documenta Gatti, carte alla mano, è incredibile. Mentre alcuni medici dell’Accademia delle scienze lavorano all’ormai famoso Istituto di virologia di Wuhan, tra il 2014 e il 2018 c’è un esperimento parallelo sui coronavirus da parte di una equipe di scienziati militari. Che porta a isolare due virus molto simili al Covid-19.

Scrive infatti Gatti: «Quando il 5 gennaio 2020 Zhang Yongzhen ed Edward Holmes depositano per la prima volta al mondo la sequenza genetica contenuta nel filamento di Rna del virus che sta facendo ammalare gli abitanti di Wuhan, tracciano l’albero filogenetico e scoprono che WHCV, come chiamano il nuovo coronavirus umano, ha due parenti molto stretti tra i coronavirus Sars-like. Sono i virus ZC45 e ZXC21». Qualche giorno dopo, il 27 gennaio, un altro scienziato, Shi Zhengli «sostiene di aver scoperto un nuovo coronavirus dei pipistrelli evolutivamente più vicino al virus umano che si sta diffondendo a Wuhan». Viene chiamato RaTG13. «Lo stesso giorno la professoressa dell’Istituto di virologia di Wuhan deposita il genoma del coronavirus umano isolato da cinque pazienti. Oltre a RaTG13, i due parenti più stretti sono sempre ZC45 e ZXC21».

IL MISTERO DI RATG13

Fermiamoci un attimo su RaTG13, perché la sua storia è inquietante almeno quanto quella dei due virus militari. Scrive Gatti a proposito della scoperta fatta da Shi Zhengli:

La professoressa Shi sostiene che il coronavirus umano di riferimento, da lei isolato da uno dei pazienti dell’ospedale Jinyintan e denominato WIV04, ha un parente ancor più vicino tra i coronavirus animali. Li unisce un’identità complessiva del 96,2 per cento lungo tutto il genoma.

Il nuovo fratello si chiama RaTG13. Ra indica l’origine nei pipistrelli Rhinolophus affinis. Dal nome scompare la sigla Sars. Il numero rivela invece l’anno del campionamento. L’articolo su

“Nature” non specifica il giorno. Lo riporta comunque la banca dati GenBank: il virus sarebbe stato estratto da un tampone fecale raccolto il 24 luglio 2013. Quel mercoledì i cacciatori di reperti dell’Istituto di virologia di Wuhan sono al lavoro nella provincia di Yunnan, nella miniera abbandonata della contea di Mojiang dove, nel 2012, tre operai su sei muoiono per unamisteriosa polmonite. È l’indagine pubblicata nel 2016 dalla professoressa Shi con un gruppo di scienziati soltanto cinesi.

Ma in quell’articolo, del coronavirus RaTG13 non c’è traccia.

GenBank riporta infatti altre due date fondamentali. Il 27 gennaio 2020, un mese e qualche giorno dopo l’inizio dell’epidemia a Wuhan, RaTG13 viene inserito per la prima volta nella banca dati internazionale. E l’11 febbraio 2020 Shi Zhengli in persona compila la scheda con il giorno della raccolta del campione, ma omettendo il luogo. Che sia lei la compilatrice lo dimostra il nome di chi fa l’accesso al sistema. Prima del 2020, quindi, sia il coronavirus, sia la data di raccolta sono sconosciuti.

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La domanda che l’autore si pone è legittima:
Se l’ultimo coronavirus scoperto da Shi Zhengli infesta i pipistrelli della miniera, perché l’epidemia scoppia a milleottocento chilometri di distanza in una metropoli senza pipistrelli? Ma soprattutto: dal 24 luglio 2013 al 27 gennaio 2020, qual è la misteriosa storia di RaTG13 e del campione di escrementi che lo nasconde?

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E torniamo a quanto all’analisi del Giornale del libro:

Per capire come sia possibile bisogna andare indietro nel tempo, tra il 2015 e il 2017. «Per due anni gli scienziati della Terza Università medica militare di Chongqing, megalopoli con oltre trenta milioni di abitanti, e del Comando dell’Istituto di ricerca in medicina di Nanchino frequentano le aree infestate dai pipistrelli nel distretto di Dinghai e nella contea di Daishan, intorno alla città-arcipelago di Zhoushan. Vi lavorano per mesi, ai confini settentrionali della provincia di Zhejiang, da cui proviene gran parte della comunità cinese in Europa e in Italia. Una regione costiera non lontana da Shanghai». Tra loro c’è Wang Changjun e l’americano Bachar Hassan della Stony Brook University, vicino a New York. Campionano 334 pipistrelli della specie Rhinolophus sinicus alla ricerca di coronavirus. Il risultato è molto simile a quello estratto da pipistrelli «a Hong Kong, Guangdong e Hainan in Cina, così come con quelli trovati in Spagna».

Una forbice tra il 94 e il 100 per cento. «I ricercatori spiegano quindi di essere riusciti a riconoscere e decifrare il filamento di Rna completo di due nuovi coronavirus Sars-like mai scoperti prima – scrive Gatti – Li chiamano SL-CoV ZXC21, prelevato da un pipistrello catturato nel luglio 2015, e SL-CoV ZC45, ricavato da un esemplare preso nelle reti nel febbraio 2017. I due nuovi coronavirus dei pipistrelli condividono tra loro un’identità del 97 per cento. Il gruppo guidato da Wang Changjun, che lavora sia per la Terza Università medica militare sia per il Comando dell’Istituto di ricerca in medicina di Nanchino, e da Youjun Feng, giovane professore della Scuola di medicina dell’Università di Hangzhou nello Zhejiang, si spinge oltre. Prima prova a far replicare e a isolare il virus da una coltivazione di cellule renali di una scimmia ma fallisce. Allora, al chiuso di un laboratorio di livello Bsl-3, gli autori di questo studio militare infettano alcune comunità di cuccioli di ratti nati da tre giorni».

Quando Wang Changjun e gli altri scienziati del gruppo devono concludere gli studi scrivono di aver scoperto che «i coronavirus Sars-like derivati dai pipistrelli possono replicarsi con successo nei ratti da latte» e hanno il potenziale «per contagiare specie diverse». Insomma, commenta Gatti, la scoperta degli scienziati militari, «forse meno abili a maneggiare coronavirus rispetto a quelli di Wuhan», è importantissima: i virus SL-CoV ZXC21 e SL-CoV ZC45, di cui i pipistrelli sono portatori sani, possono immediatamente diffondere la loro infezione ai ratti senza necessità di adattamenti o mutazioni. È un nuovo salto di specie provocato non dalla casualità dell’evoluzione naturale ma dalla competizione fra scienziati». C’è dunque un esperimento militare sfuggito di mano dietro la pandemia che ha cambiato le nostre vite?

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L’ISTITUTO DI VIROLOGIA DI WUHAN

Non lo sappiamo. Uscita di scena la bufala sul mercato di animali vivi, spacciata per buona da fior fior di scienziati e che ho avuto modo di documentare come falsa nel libro Wuhan, Gatti fa qui a pezzi l’immagine dell’Istituto di Virologia di Wuhan, che avrebbe messo nel proprio comitato scientifico scienziati di fama, i quali, però, non ne sapevano nulla. E dove l’incuria e la mancanza di sicurezza, e non solo, sarebbero all’ordine del giorno. Una pagina dopo l’altra, un episodio inquietante dopo l’altro, Gatti conclude così sul misterioso Istituto:

Comitati scientifici e di valutazione inesistenti. Ricercatori municipali armati di fuochi d’artificio, ma senza protezioni personali. Pochi finanziamenti. Addestramento insufficiente. Scarsa manutenzione. Impianti colabrodo. E ora perfino i rifiuti contaminati scaricati in fognatura e gli animali degli esperimenti rivenduti al mercato nero, con il pericolo che trasmettano infezioni.
Davvero dovremmo credere, come insiste a fare l’Oms, che in un posto del genere  – e vi raccomandiamo di leggere davvero tutto il libro di Gatti per rendervene conto – non sia stato possibile un incidente? Davvero non dovremmo dubitare delle verità ufficiali e della pagliacciata del pangolino al mercato di Huanan?

Manuel Montero

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Manuel Montero

Manuel Montero scrive da vent’anni per diversi settimanali nazionali. Ha pubblicato nel 2019, per Algama, Fenomeni Paranormali Italiani, in cui ha raccontato storie di cronaca, fatti ed eventi apparentemente incredibili, raccolti in prima persona negli anni sulla Penisola. In allegato a Il Giornale (e in ebook per Algama) sono invece usciti i volumi Telefilm Maledetti, dove l’autore narra la triste fine di alcuni dei più amati protagonisti di telefilm degli anni Settanta e Ottanta. E Wuhan - Virus, esperimenti e traffici oscuri nella città dei misteri.

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