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Pandemia di ambientalismo

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Sicuri, sicuri che l’allarme surriscaldamento globale, sui cambiamenti climatici e sull’ambiente sia dovuto al bene che ci vogliono i governanti?

 

In Norvegia l’auto elettrica ha conosciuto un vero e proprio boom: il 70% delle macchine immatricolate va a corrente. Nell’unico Paese in cui la mortalità zero da incidenti stradali è stata raggiunta, sono sempre più avanti. Peccato che l’elettrico abbia provocato un buco nelle casse statali di quasi due miliardi di euro, per il crollo delle accise e per iva e tasse defalcate dall’Ev. Niente pedaggi, né introiti per parcheggi. Gli incentivi stanno insomma devastando l’erario.

Sono gli effetti collaterali della pandemia di ambientalismo che coinvolge tutte le istituzioni del mondo, in preda al fervore sui cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento. Noti sono gli impegni sulle riduzioni di emissioni di metano alla Cop26 di Glasgow, con il piccolo dettaglio che la Cina non aderirà proprio subito. Con quali effetti? Vediamoli. La China Baowu, il più grande produttore di acciaio nel mondo, rilascia nell’atmosfera più anidride carbonica dell’intero Pakistan. La China Petroleum & Chemical avrebbe contribuito al riscaldamento globale più di Canada e Spagna insieme. La Cina di fatto, da sola, produce più emissioni di Giappone, Russia, India e Stati Uniti messi insieme. Quindi, ogni sforzo appare inutile.

A meno che tutto ciò non serva semplicemente ad una programmata riconversione industriale dell’Occidente. Ma ci devono davvero allarmare i cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale? Il 26 novembre 2014 il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia ne parlò al Senato: «Il clima della Terra è sempre cambiato. Oggi noi pensiamo – in un certo senso, probabilmente, in maniera falsa – che se non facciamo nulla e se teniamo la CO2 sotto controllo, il clima della Terra resterebbe invariato. Questo non è assolutamente vero. Vorrei ricordare che durante l’ultimo milione di anni la Terra era dominata da periodi di glaciazione in cui la temperatura era di meno 10 gradi, tranne brevissimi periodi in cui c’ è stata la temperatura che è quella di oggi. L’ ultimo è stato 10.000 anni fa, quando è cominciato il cambiamento climatico che conosciamo con l’agricoltura, lo sviluppo, che è la base di tutta la nostra civilizzazione di oggi. Negli ultimi 2.000 anni, ad esempio, la temperatura della Terra è cambiata profondamente. Ai tempi dei Romani, ad esempio, Annibale ha attraversato le Alpi con gli elefanti per venire in Italia. Oggi non ci potrebbe venire, perché la temperatura della Terra è inferiore a quella che era ai tempi dei Romani. Quindi, oggi gli elefanti non potrebbero attraversare la zona dove sono passati. C’è stato un periodo, nel Medioevo, in cui si è verificata una piccola glaciazione… Se restiamo nel periodo degli ultimi 100 anni, ci sono stati dei cambiamenti climatici sostanziali, che sono avvenuti ben prima dell’effetto antropogenico, dell’effetto serra e così via. Per esempio, negli anni Quaranta c’è stato un cambiamento sostanziale. Poi c’è stato un cambiamento di temperatura che si collega all’uomo (non dimentichiamo che quando sono nato io, la popolazione della Terra era 3,7 volte inferiore a quella di oggi e che il consumo energetico primario è aumentato 11 volte). Questi cambiamenti hanno avuto effetti molto strani e contraddittori sul comportamento del pianeta. Vorrei ricordare che dal 2000 al 2014 la temperatura della Terra non è aumentata: essa è diminuita di 0,2 gradi e noi non abbiamo osservato negli ultimi 15 anni alcun cambiamento climatico di una certa dimensione».

Sorpresi? Certo Rubbia non è Greta Thunberg, la cui cultura sterminata fa da portabandiera alle nuove tecnologie che devono soppiantare le precedenti. Tecnologie pulite. Peccato che per farle funzionare, dai pc agli smartphone alle auto elettriche, serva il cobalto, estratto da migliaia di bambini in miniera, i quali non fanno spesso una bella fine, come denunciano invano le Ong. Perché c’è sempre l’altra faccia della medaglia. E dietro ogni istanza di cambiamento non ci sono benefattori, ma potentati economici. Non ci credete?

Questo è uno dei tanti “ultimatum” sul clima, datato 1989, e lanciato dal Worldwatch Institute: «Entro dieci anni si dovrà porre rimedio alle modificazioni del clima, al buco nello strato dell’ zono, al degrado del suolo e alla crescita della popolazione. Altrimenti il nostro pianeta entrerà in balia di mutamenti irreversibili» scriveva Repubblica.

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Siamo ancora qui. Ma possiamo andare anche leggermente più indietro nel tempo: «Secondo un rapporto al Dipartimento del Commercio di Consulafft, a Bergen, in Norvegia, l’Oceano Artico si sta riscaldando, gli iceberg stanno diventando sempre più scarsi e in alcuni punti le foche trovano l’acqua troppo calda. I rapporti di pescatori, cacciatori di foche ed esploratori indicano tutti un cambiamento radicale delle condizioni climatiche e delle temperature finora mai viste nella zona artica. Le spedizioni  esplorative riportano che quasi nessun ghiaccio è stato incontrato a nord fino a 81 gradi. I sondaggi a una profondità di 3.100 metri hanno mostrato che la corrente del golfo è ancora molto calda. Grandi masse di ghiaccio sono state sostituite da morene di terra e sassi, continua il rapporto, mentre in molti punti ghiacciai ben noti sono del tutto scomparsi. Pochissime foche e nessun pesce bianco si trovano nell’Artico orientale, mentre vasti banchi di aringhe e sperlani che non si sono mai avventurati prima così a nord, si incontrano nelle vecchie zone di pesca delle foche». L’articolo, catastrofista, è del Washington Post. La data? Due novembre 1922.

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