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Olindo Romano: “Puntarono su di noi perché eravamo i più fragili”

Prosegue la lunga intervista di Cronaca Vera a Olindo Romano, condannato all’ergastolo insieme alla moglie Rosa Bazzi per la strage di Erba. Ecco alcuni stralci tratti dal numero in edicolaolindo romano

Olindo Romano e Rosa Bazzi, sempre e comunque insieme. Nel numero in edicola di Cronaca Vera il netturbino condannato per la strage di Erba racconta il rapporto con la moglie e torna a rievocare la sera della strage e ciò che successe nel mese successivo. Dopo che la richiesta di revisione presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser è giunta a Brescia, Olindo è tornato a sperare che venga riconosciuta l’innocenza sua e della moglie, così come raccontato nel libro Il grande abbaglio, di Edoardo Montolli e Felice Manti, e nell’omonimo podcast dei due giornalisti sul canale Youtube di @frontedelblog  e su tutte le piattaforme streaming per audio, in cui vengono svelate le nuove prove della difesa.

olindo romano

Ecco alcuni stralci del suo lungo sfogo con il nostro settimanale, su cui vengono pubblicate anche diverse foto inedite dell’album di famiglia dei coniugi.

(VAI ALLA PRIMA PARTE DELL’INTERVISTA)

(VAI ALLA TERZA PARTE DELL’INTERVISTA)

strage di erba
Da Cronaca Vera, tra i primi giornali a nutrire dubbi sulla colpevolezza di Olindo Romano e Rosa Bazzi

Quella notte, prima che arrivassero i carabinieri, eri davvero riuscito a dormire?

«Considera che ogni giorno mi alzavo alle cinque del mattino, quindi non avevo problemi a prendere sonno. E poi perchè non avrei dovuto dormire se ero stanco? Ci avevano fatto andare a casa dicendo che per noi era tutto a posto. Se ci avessero detto che nella nostra casa non potevamo stare tranquilli, allora non sarei riuscito ad addormentarmi».

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In quel mese tutte le tv e tutti i giornali vi indicavano come sospetti, fuori dalla tua porta era un assedio. Come ti sentivi? Avevi paura che per sbaglio potessero prendersela con voi? E perchè non hai voluto prendere un avvocato?

«Proprio non avremmo immaginato di essere portati in carcere. Tutti eravamo vicini di Raffaella. Pensavo anzi che ci portavano via da lì per proteggerci dai giornalisti, che addirittura ci entravano in casa».

E al lavoro, cosa ti dicevano i tuoi colleghi?

«Quando i tg ipotizzavano che ero io il vicino sospettato, ricordo che mi avevano detto che avevo “fatto 13” perché poi mi avrebbero risarcito il danno».

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Perchè pensi che gli inquirenti abbiano deciso di puntare tutto su te e Rosa?

«Ora penso che eravamo le persone giuste e i più fragili per chiudere il caso».

Il grande abbaglio, controinchiesta sulla strage di Erba (versione aggiornata) – GUARDA

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