L’ultima parte dell’intervista esclusiva di Cronaca Vera a Olindo Romano, in cui il netturbino ripercorre i momenti cruciali della sua condanna per la strage di ErbaLe foto viste durante gli interrogatori. Le invenzioni e le parole allo psichiatra: la verità di OlindoEcco alcuni stralci dell’articolo in edicola
A Brescia è giunta la richiesta di revisione da parte del tutore di Olindo Romano, l’avvocato Diego Soddu, che si affianca a quella già presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser. Manca ancora la richiesta di revisione della difesa dei due coniugi, che si annuncia carica di ulteriori nuove prove. Se ne parlerà probabilmente il 4 settembre nello speciale Inside de Le Iene, a cura di Antonino Monteleone e Francesco Priano.
Intanto Olindo Romano risponde alle nostre domande, nella terza e ultima parte dell’intervista esclusiva. Il netturbino spera che le nuove prove possano scagionare lui e la moglie, così come raccontato nel libro Il grande abbaglio, di Edoardo Montolli e Felice Manti, e nell’omonimo podcast dei due giornalisti sul canale Youtube di @frontedelblog e su tutte le piattaforme streaming per audio, in cui vengono svelate le nuove prove della difesa.
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(Vai alla seconda parte dell’intervista)
Nella sentenza di Como sulla strage di Erba, si faceva presente come Olindo Romano sospettasse di essere intercettato, tanto da aver smontato un citofono per cercare le microspie. In realtà, in un’intercettazione mai entrata a processo, Olindo spiegava ad una vicina che il citofono era rotto. E che lo avevano riparato i carabinieri. Allo spazzino abbiamo chiesto cosa accadde in quei giorni e subito dopo, quando li arrestarono.
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Ti ricordi come andò la storia del citofono rotto in casa tua e chi lo riparò?
«Mi ricordo che non funzionava bene e lo riparò un carabiniere dopo che gli avevamo detto che non andava».
Tu pensavi di essere intercettato a casa e in macchina?
«Proprio no».
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Quando ti dissero che Frigerio ti aveva riconosciuto e che sull’auto c’era una traccia di sangue, tu cos’hai pensato?
«Quando mi dissero che Frigerio mi aveva riconosciuto era nella fase del “lavaggio del cervello” della confessione. Non ci potevo credere, ma mi convincevano che tanto non avrei potuto difendermi e che per salvare almeno Rosa dovevo fare la confessione. Non ho mai pensato che Frigerio ce l’avesse con me. Anche a lui “lavaggio del cervello”»
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Durante le confessioni ti hanno fatto vedere le foto della strage.
«Erano tante foto, all’occorrenza ricordo che in base all’argomento trattato c’era la foto di riferimento che ci veniva avvicinata. Molte le abbiamo viste. Anche tra una confessione e l’altra».
Quando raccontavi come avevi colpito una vittima, come ti veniva in mente cosa dire?
«Più o meno si sapeva che erano state accoltellate e colpite con un oggetto. Non ho raccontato nulla di eccezionale».
Come ti è venuta in mente la storia del tappeto per cambiarvi?
«Era la più ovvia da dire. Lo avevo già detto ai carabinieri già prima e non avevano detto nulla. Quindi ho pensato che ci poteva stare».
E come ti è venuto il mente il luogo da dire su dove avevi buttato i vestiti?
«Dove avevo buttato i vestiti nei cassonetti era il posto più credibile perché lavorando come netturbino sapevo i posti dove si potevano buttare tra lì e Como».
Quando ti sei trovato di fronte lo psichiatra Massimo Picozzi, non avevi paura che si accorgesse che tu eri innocente e che il tuo piano di finire in ospedale psichiatrico sarebbe fallito?
«Sinceramente pensavo che se ne sarebbe accorto».