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Lo strano caso dei missili caduti sulla fattoria polacca

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Abbiamo rischiato la Terza guerra mondiale. Ma l’incidente dei missili in Polonia potrebbe solo averla rimandata. Indovinate chi ci voleva spingere al conflitto

Per una sinistra coincidenza del destino la Terza Guerra mondiale stava per cominciare così come iniziò la Seconda: allora fu l’invasione della Polonia da parte di Adolf Hitler. Stavolta due missili, forse russi, caduto su una fattoria polacca, ovvero in territorio della Nato.

Per i pochi che non lo sapessero, un attacco deliberato ad un Paese Nato, quale è la Polonia, può comportare la reazione dell’intera Alleanza, in base all’articolo 5 del Patto Atlantico. Ovvero, per noi, guerra alla Russia. Per essere più chiari: Terza guerra mondiale.

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Il che significherebbe bombe nucleari e fine della civiltà. Vale la pena ricostruire la cronologia dei fatti per capire come stiamo tutti quanti ballando sul filo del baratro in mano a incoscienti senza scrupoli. Il primo a dare la notizia dei missili russi caduti in terra polacca è il giornalista di Radio Zet Mariusz Gierszewski: sono precipitati nell’impronunciabile villaggio di Przewodow, a dieci chilometri dal confine, uccidendo due contadini.

Lo stesso cronista, tuttavia, citando fonti dei servizi segreti di Varsavia, ipotizza che si tratti missili abbattuti dalla contraerea ucraina, dato che nella giornata ne sono piovuti addirittura cento. Inoltre, i detriti sono compatibili con il sistema S300, usato da entrambi gli schieramenti.

Alla peggio, potrebbe trattarsi di un incidente, ma è già surreale pensare che dei missili russi, dalla precisione chirurgica, sbaglino tanto obiettivo da finire dieci chilometri più in là del confine.

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Di certo è da escludere da subito un attacco deliberato: solo un idiota potrebbe pensare che per dare il via alla Terza guerra mondiale il Cremlino decida di colpire una fattoria dove si essiccano i cereali. E infatti Mosca nega tutto.

Eppure, due ore dopo, la Polonia allerta l’esercito e la Nato va in fermento, convocando una riunione d’urgenza. Ma questo è il meno. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede un «immediato» vertice Nato: e non si sa a quale titolo lo faccia, dato che l’Ucraina non ne fa parte. Ma non solo. Dichiara il leader di Kiev: «Il terrore non si limita ai nostri confini nazionali. Missili russi hanno colpito la Polonia… lanciare missili al territorio Nato, questo è un attacco missilistico russo alla sicurezza collettiva. È un’escalation molto significativa. Dobbiamo agire».

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Il suo consigliere, Mykhailo Podolyak, si spinge oltre e si dice certo che i missili in Polonia non siano «un incidente, ma un ‘ciao’ deliberatamente pianificato dalla Russia, mascherato da “errore”. Ciò accade quando il male rimane impunito e i politici si impegnano nella “pacificazione” dell’aggressore».

Invece, guarda un po’, il giorno dopo proprio il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg deve ammettere: «L’incidente è stato probabilmente causato da un missile ucraino lanciato in difesa dai continui attacchi perpetrati dalla Russia». Certo, poi aggiunge che «Mosca è da considerarsi responsabile di questa brutale guerra di aggressione e Kiev ha il diritto di difendere la propria sovranità».

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Ma di sicuro ciò che ha scoperto Stoltenberg non potevano non saperlo già prima Zelensky e Podolyak, che hanno tuttavia spinto per portarci dritti dritti nella Terza guerra mondiale, mentendo sapendo di mentire.

Ora, giova ricordare che, cinque giorni prima dell’invasione, come ha rivelato il Wall Street Journal, il cancelliere tedesco Olaf Scholz propose a Zelensky di rinunciare pubblicamente ad entrare nella Nato proclamando la neutralità del proprio Paese, una mossa che avrebbe scongiurato il conflitto, dato che il patto sarebbe stato siglato anche da Joe Biden e Vladimir Putin. Zelensky rifiutò. Con quale coscienza si manda a morire il proprio popolo e si fa distruggere il proprio Paese solo per il capriccio di entrare nella Nato?

Non si sa. Ma i rapporti annuali di Amnesty su ciò che accadeva in Ucraina prima dell’invasione parlavano di crimini di guerra dei filorussi e degli stessi governanti di Kiev, in un Paese dove si contavano torture, sparizioni e impunità dei responsabili.

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Giova anche ricordare che, di fronte all’invasione, all’opinione pubblica italiana sulla guerra sono state offerte le voci di influencer e zerbini di Washington, ma che le voci di esperti veri internazionali di diplomazia, ovvero gli ambasciatori, sono state quasi del tutto ignorate. Una su tutte quella di Sergio Romano, già ambasciatore alla Nato e poi nella Mosca sovietica, che due giorni dopo l’invasione disse: «Io stesso sono sempre stato contrario all’idea di allargare la Nato all’Ucraina. E devo dire che il punto di vista del presidente russo è degno di considerazione».

E ancora, il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare: «L’Ucraina sicuramente dovrà avere uno status diverso dall’essere membro della Nato e forse anche dell’Europa. Qualcuno dovrà dire a Zelensky di essere più realista». E in effetti, alla fine, Washington glielo ha detto di trovare soluzioni «realistiche» al conflitto.

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Invece Zelensky ha detto di rivolere pure la Crimea, annessa al Cremlino dal 2014. E ha chiesto, per la pace, la riconsegna di tutti i territori e il risarcimento, come se la guerra l’avesse vinta. Poi ha approfittato di un incidente in terra polacca per spingerci tutti alla Terza guerra mondiale. D’altra parte Zelensky faceva il comico. E dicono che sia stato l’anarchico Michail Bakunin a profetizzare la celebre frase: «Una risata vi seppellirà». Ironia della sorte, Bakunin era russo.

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