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Jeffrey Dahmer, il rituale di morte e la confessione: “Li uccidevo così”

Prima di morire, Dahmer rilascia una lunga intervista confessione, nella quale cerca di spiegare le ragioni profonde del suo agire, rifiutando ogni colpevolizzazione dei genitori e della loro educazione

Colpevole di 17 omicidi compiuti con metodi particolarmente cruenti nel 1992 viene condannato all’ergastolo e due anni dopo è ucciso in carcere

(Seconda e ultima parte)

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(Vai alla prima parte della storia)

Milwaukee (Wisconsin, Usa) – Jeffrey Dahmer frequentava i bar per gay e il centro commerciale locale o camminava per le strade, in cerca di vittime che poi invitava nel suo appartamento per fare sesso o per bere guardando materiale pornografico; oppure, le attirava offrendo soldi per posare nudi per delle foto.

 

Durante questa ricerca di potenziali vittime – e come parte della sua fantasia di potenza – indossava lenti a contatto gialle, in modo che il colore dei suoi occhi corrispondesse a quello dell’imperatore Palpatine de “Il ritorno dello Jedi” e di James Venamun del film “L’esorcista III”.

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Tutte le vittime di Dahmer erano adolescenti o poco più grandi, la maggior parte bisessuali o omosessuali di origine africana o asiatica, con stili di vita ad alto rischio. Molti di loro avevano anche precedenti penali, spesso per reati gravi come incendio doloso, stupro, percosse e aggressioni. Dopo averli adescati – di solito il venerdì sera, per poter trascorrere il fine settimana con loro – li portava a casa e li drogava.

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Il macabro rituale di Dahmer

Li uccideva strangolandoli a mani nude o con un cinturino di pelle e quindi li smembrava nella vasca da bagno, documentando tutto con una Polaroid. Infine, rimuoveva gli organi dal torace della vittima (mangiandone il cuore e il fegato), appendeva i busti per consentire al sangue di defluire nella vasca da bagno, e rimuoveva la carne dal corpo con un coltello.

 

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In alcuni casi ammanetta le vittime per rivelargli le sue intenzioni prima che le droghe facciano completamente effetto. In ultimo, compiva atti sessuali con i cadaveri, e alla fine si sbarazzava della loro carne – accuratamente tolta dalle ossa – dissolvendola in sostanze chimiche al punto fino a renderla completamente liquefatti, tanto da poter essere versata in un gabinetto o in un lavandino.

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Alcune parti dei corpi, invece, li conservava nel suo appartamento, di solito le teste e i genitali, e a volte preservava persino i corpi interi, immersi in grandi tini pieni di sostanze chimiche. Avrebbe anche tentato di trasformare alcuni di loro (Konerak Sinthasomphone e Jeremiah Weinberger) in “zombi”, usando grandi siringhe per iniettare acido cloridrico o acqua bollente nei loro lobi temporali.

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I crani umani avevano su di lui un fascino particolare, tanto che spesso li bolliva fino a staccarne la carne, e li conservava con l’ausilio di un composto fatto di detersivo per bucato mescolato con acqua e candeggina, per poi dipingerli per farli sembrare di plastica.

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Convertito e pentito

Gli omicidi di Dahmer erano motivati dai gravi problemi di abbandono radicati nella sua paura del rifiuto e della perdita e nel suo bisogno di controllo. La sua prima vittima, il 18enne Steven Hicks, è esemplare in questo: è stato ucciso perché voleva andarsene, e Dahmer voleva impedirgli di abbandonarlo, non voleva rimanere solo, voleva un amico. Cannibalizzando le sue vittime diventavano parte di sé e così soddisfaceva il suo bisogno di potere.

 

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Fu arrestato dopo 17 delitti e condannato a scontare la pena nel Columbia Correctional Institute di Portage, dove si convertì al cristianesimo. Il 3 luglio 1994 il detenuto Osvaldo Durruthy, tentò di tagliargli la gola con un rasoio nascosto all’interno di uno spazzolino da denti, mentre Jeffrey partecipava a una funzione religiosa nella cappella del carcere; in seguito a ciò fu proposto a Dahmer il trasferimento in isolamento, ma lui rifiutò, dichiarandosi pronto a morire e ad accettare qualsiasi punizione che potesse dare giustizia agli orribili delitti da lui commessi.

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Il 28 novembre 1994 fu nuovamente aggredito da Christopher Scarver, un altro ergastolano affetto da schizofrenia, che lo colpì con un manubrio rubato dalla palestra del carcere. L’aggressione risulterà fatale per il mostro di Milwaukee, che morirà a causa del trauma cranico riportato durante il trasporto in ospedale, dove il suo cervello fu asportato per successivi studi scientifici.

Cesare Guccione per Cronaca Vera

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