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Totò e il primo film a colori del cinema italiano

Le recensioni dei grandi film di Cronaca Vera

In Totò a colori, Totò sforna una serie interminabile e irresistibile di mimiche entrate nella storia, da quella in cui si finge un burattino alla memorabile scena del viaggio in treno in compagnia dell’onorevole Trombetta

 

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Antonio Scannagatti, musicista abitualmente squattrinato, abita con la famiglia della sorella Rosita Pisano nel paesino di Caianello e sogna con ambizione una chiamata da Milano – dagli editori musicali Tiscordi – che gli garantisca gloria, successo, fama, trionfi e consensi da parte del pubblico. Antonio, infatti, è sicuro, anzi convinto di essere un genio assoluto della musica.

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In attesa della fama, il sindaco del paese tenta di convincerlo a dirigere la banda locale – a causa dell’improvvisa inabilità del titolare del podio – nel giorno della festa per il ritorno a casa del gangster italoamericano Joe Pellecchia, originario per l’appunto di quel territorio. Scannagatti, inizialmente restio, finisce con l’accettare quando il nipote del primo cittadino – mentendo – gli promette una propria raccomandazione presso l’editore Tiscordi, spacciando la sua fidanzata americana Poppy per sua segretaria. La giornata di festa si rivela però u vero fallimento: il malavitoso Pellecchia vorrebbe parlare dal balcone del municipio, ma il maestro Scannagatti glielo impedisce, facendo suonare in continuazione la banda, finché l’infame italoamericano si infuria e se ne va via. Antonio Scannagatti va comunque a incassare il premio e per farlo deve raggiungere il nipote del sindaco e la sua compagna che nel frattempo hanno lasciato Caianello e sono a Capri, ospiti di una bizzarra compagnia di personaggi.

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Sempre in fuga

Una volta lì, a causa di un equivoco, il maestro è convinto di essere riuscito a ottenere un appuntamento con l’editore musicale dei suoi sogni e così riparte in fretta e furia dall’isola per tornare a Napoli e prendere un treno per Milano. Salito a bordo del convoglio, si trova a condividere la cabina del vagone letto con un politico, l’onorevole Cosimo Trombetta, con cui finisce con l’avere un alterco, dopo averlo esasperato con dei giochi di parole con il suo cognome. Cala poi la notte, durante la quale i due vengono alleggeriti dei portafogli da un’affascinante ladra che ha chiesto loro ospitalità con uno stratagemma. Alla scoperta del furto, un furibondo Scannagatti incolpa l’onorevole, il quale viene così prontamente arrestato dai ferrovieri.

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Giunto infine a Milano, Scannagatti per un pelo manca di incontrare Tiscordi in persona; questo a causa di un equivoco, in quanto scambiato per un infermiere in grado di fare iniezioni indolori all’editore, che ha già licenziato numerose infermiere. L’equivoco sfocia in un litigio tra i due, che costringe alla fuga lo sventurato musicista. E le disavventure non sono ancora finite: per eventi avversi, Scannagatti viene intercettato dal cognato siciliano, cui ha rubato i soldi per il viaggio a Milano, il quale minaccia di ucciderlo. Per placare il congiunto, il maestro finge di aver ottenuto un contratto dal discografico Tiscordi e lo porta su un palcoscenico… di un teatro di burattini. Per un po’ Scannagatti riesce a ingannarlo fingendosi una marionetta ed esibendosi in un balletto, ma alla fine il cognato lo riconosce e lo incalza con il coltello.

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Lieto fine… o quasi

Di punto in bianco, Tiscordi legge per caso uno spartito di Scannagatti, trovandolo molto apprezzabile. Scannagatti torna così trionfante a Caianello, dove i compaesani lo at tendono per rendergli omaggio e ri conoscenza con una targa intitolata a suo nome. Se non che, a scoprire l’effige durante la cerimonia ufficiale è stato chiamato proprio l’onorevole Trombetta, il quale appena riconosce il festeggiato va su tutte le furie e si lancia all’inseguimento di Scannagatti, che per sfuggirgli scappa per le vie del paese con tutta la banda al seguito.

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Con questo film il colore approda sul grande schermo attraverso una tecnica tutta italiana, ovvero il “Ferraniacolor”, che necessitava l’utilizzo di una pellicola la quale esigeva però l’impiego di luci molto forti, tanto che – a un certo punto – la parrucca di Totò si mise a fumare, tale era il caldo nel bel mezzo di una scena, e addirittura Totò svenne. La pellicola ebbe un successo imprevedibile, registrando il record assoluto di incassi per un film italiano, ma come accadeva spesso nella carriera del comico napoletano, la critica non diede giudizi positivi.

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