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Mauro Pamiro, un giallo chiuso tra mille misteri e una tragedia

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La morte di Mauro Pamiro si è chiuso con l’archiviazione e il suicidio successivo della mamma. Ma il padre non si arrende.

L’approfondimento del caso su Cronaca Vera

Mauro Pamiro

CREMA- Quando il gip ha archiviato il caso sulla morte del figlio Mauro Pamiro, la mamma Marialuisa Belloni, 72 anni, non ha più retto. Ha atteso che l’ex marito, l’ingegner Franco Pamiro, 82 anni, andasse in trasmissione a Telelombardia a parlare del caso. E si è impiccata in casa sua. L’uomo si è sfogato con il Corriere della Sera: «Aveva le chiavi di casa mia. Ci siamo separati nel 2000, ma la morte di Mauro ci ha, ovviamente, uniti. È arrivata in casa mia alle 16.35, io sono rincasato alle 19.15 e l’ho trovata morta».

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Ha detto che ormai pesava 40 chili e che non voleva uccidersi per non dare l’impressione che in famiglia la depressione fosse genetica: «Dopo il decreto di archiviazione, non c’era più questo scopo a trattenerla, non trovava più lo scopo di esistere e lo ha fatto». Ma lui non crede alla morte accidentale di Mauro: «Nostro figlio è stato ucciso e poi portato nel cantiere. Io avrò un incontro con i legali il 3 novembre prossimo. Vedremo il da farsi, se vi sia una possibilità di andare avanti, però se le persone con cui dobbiamo interloquire sono sempre le stesse, le speranze sono zero». E aggiunge: «La verità è nelle carte e nelle fotografie. Mauro aveva una ferita alla testa. Lo hanno ucciso. Nell’abitazione coniugale era passato un tornado, ogni mobile ed ogni cosa erano stati spostati».

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IL CASO DI MAURO PAMIRO

L’inchiesta sulla morte di Mauro è stata archiviata alla seconda richiesta della Procura. Tutto accade la notte tra il 28 e il 29 giugno 2020. Il suo cadavere viene trovato la mattina del 29 in fondo al cantiere di via Don Mazzolari, a 200 metri da casa. Secondo gli inquirenti vi sarebbe arrivato di notte scalzo, senza soldi nè cellulare. Vi sarebbe anche un video a documentarlo. Mauro si sarebbe quindi arrampicato sull’impalcatura e da lì si sarebbe gettato o al limite sarebbe caduto: i segni delle ferite sarebbero compatibili con la precipitazione. Possibile? E perché? Viene indagata la moglie, Debora Stella, la quale racconta che il marito è uscito di casa verso mezzanotte per una passeggiata. E che, non avendolo ritrovato al risveglio non ha dato subito l’allarme pensando che fosse andato in Liguria a trovare la madre.

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Solo che Mauro soffriva della distrofia muscolare di Becker, una malattia degenerativa progressiva e invalidante che gli causava forti dolori. Come avrebbe potuto arrampicarsi fin lassù, si chiede il padre? Per la Procura non ci sono però elementi che facciano pensare ad un suicidio: l’insegnante, che sarebbe stato sotto effetto della cannabis, sarebbe salito sul tetto della palazzina in costruzione e si sarebbe lanciato con una rincorsa impattando, nella caduta, su un frammento di tegola insanguinato trovato accanto al cadavere. Ma è anche l’unica traccia di sangue che si trova lì intorno. I legali di Franco insistono e si oppongono alla richiesta di archiviazione.

L’avvocato Gian Luigi Tizzoni, già legale della famiglia di Chiara Poggi nel processo contro Alberto Stasi per il delitto di Garlasco, illustra la sua tesi: «Pamiro non è morto nel cantiere: il corpo è stato portato lì. Lo dicono le risultanze scientifiche e la logica. Anche se si fosse lanciato, non si sarebbe venuto a trovare in quella posizione, con la testa dalla parte dell’edificio. Un video mostra due persone, un uomo e una donna, alle 2.21 della notte fra sabato e domenica, che gesticolano indicando il cantiere e che si dileguano all’arrivo di un’auto infilandosi in una stretta via pedonale che porta al cartiere».

L’ARCHIVIAZIONE

Ma il gip ha chiuso il caso scrivendo che Mauro «era sotto l’effetto di cannabis, sostanza che aveva assunto poche ore prima del decesso e che assumeva in modo regolare negli ultimi sei mesi di vita. L’accertata alterazione psicofisica legata all’assunzione della cannabis consente di ipotizzare più che un intento suicida, un errore di valutazione». La perizia medico legale le ferite sono compatibili con una caduta. La polizia scientifica ha passato con il luminol al setaccio la sua casa e la sua auto, senza trovare tracce ematiche. Sicchè il giudice rileva che vi è «assoluta mancanza di elementi a carico dell’indagata» che confortino la tesi «secondo cui la moglie avrebbe aggredito il marito o che tra i due vi sia stata una colluttazione» o che vi sia stato «il coinvolgimento di terze persone che abbiano poi trasportato con un mezzo non meglio identificato, il corpo nel cantiere». Mauro scrisse poi su Whatsapp ad un amico il giorno prima di morire: «Ho capito che cosa devo fare, spero» e «Ci vediamo nell’altro mondo».

E ora l’avvocato di Debora, Mario Palmieri, dice: «Il provvedimento pone la pietra tombale su una ingiusta persecuzione cui è stata sottoposta la signora Stella in questi tre anni. Ringrazio la Procura di Cremona e il gip che hanno gestito tutto il procedimento con grandissimo scrupolo e con grande professionalità». Marialuisa, però, non ha retto.

 

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