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Com’è morto davvero Mauro Pamiro?

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Il giudice non archivia l’indagine sulla morte di Mauro Pamiro, il musicista-insegnante trovato sfracellato in fondo ad un cantiere e ordina altri sei mesi di approfondimenti. Unica indagata è la moglie Debora Stella. Troppi i misteri sulla fine del compagno, che per la Procura si sarebbe tolto la vita in maniera davvero insolita

 

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Il servizio che Cronaca Vera dedica a Mauro Pamiro

 

CREMA – Che la fine di Mauro Pamiro fosse tutt’altro che chiara ve lo avevamo scritto la scorsa estate. Troppi punti bui per un presunto suicidio che ci sembrava impossibile, sia per le condizioni di salute dell’insegnante e musicista, sia per le modalità con cui sarebbe avvenuto a giudizio della Procura.

Ora il gip di Cremona, Giulia Masci, ha deciso di non chiudere affatto il caso e di ridare le carte agli inquirenti affinchè approfondiscano per altri sei mesi ciò che sarebbe accaduto la notte tra il 28 e il  29 giugno 2020.

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Mauro Pamiro e la moglie Deborah Stella

 

I MISTERI

Mauro viene trovato la mattina del 29 in fondo al cantiere di via Don Mazzolari, a 200 metri da casa. Secondo gli inquirenti vi sarebbe arrivato di notte scalzo, senza soldi nè cellulare. E vi sarebbe anche un video a documentarlo. Mauro si sarebbe quindi arrampicato sull’impalcatura e da lì si sarebbe gettato o al limite sarebbe caduto: i segni delle ferite sarebbero compatibili con la precipitazione. Possibile? E perché?

Il padre Franco, ingegnere in pensione, non ci crede e si affida all’avvocato Gian Luigi Tizzoni, già legale della famiglia di Chiara Poggi nel processo contro Alberto Stasi per il delitto di Garlasco. Unica indagata è la moglie Debora Stella. La donna racconta che il marito è uscito di casa verso mezzanotte per una passeggiata. E che, non avendolo ritrovato al risveglio non ha dato subito l’allarme pensando che fosse andato in Liguria a trovare la madre.

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In questa ricostruzione una cosa non torna più di tutte, secondo Franco, che fornisce i documenti sulla malattia del figlio: distrofia muscolare di Becker, una malattia degenerativa progressiva e invalidante che gli causava forti dolori. Come avrebbe potuto arrampicarsi fin lassù?

Per la Procura non ci sono però elementi che facciano pensare ad un suicidio: l’insegnante, che sarebbe stato sotto effetto della cannabis, sarebbe salito sul tetto della palazzina in costruzione e si sarebbe lanciato con una rincorsa impattando, nella caduta, su un frammento di tegola insanguinato trovato accanto al cadavere. Ma è anche l’unica traccia di sangue che si trova lì intorno. I legali di Franco insistono.

Secondo l’avvocato Antonino Andronico: «Trentasei ore dopo la scomparsa, la moglie ha fatto dichiarazioni autoindizianti, serve un approfondimento». L’abitazione era stata trovata a soqquadro.

E Tizzoni illustra la tesi della parte civile: «Pamiro non è morto nel cantiere: il corpo è stato portato lì. Lo dicono le risultanze scientifiche e la logica. Anche se si fosse lanciato, non si sarebbe venuto a trovare in quella posizione, con la testa dalla parte dell’edificio. Un video mostra due persone, un uomo e una donna, alle 2.21 della notte fra sabato e domenica, che gesticolano indicando il cantiere e che si dileguano all’arrivo di un’auto infilandosi in una stretta via pedonale che porta al cartiere».

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ALTRI SEI MESI

Il gip vuole ora vederci chiaro. Nelle quattro pagine con cui rigetta la richiesta di archiviazione chiedendo altri sei mesi di indagine ritiene “opportuno” acquisire il video girato dalla polizia in casa, quando gli agenti si presentarono dalla moglie Debora, trovata in stato confusionale tanto da essere ricoverata in psichiatria.

Dovranno essere analizzati anche i tabulati telefonici dell’utenza issa e del telefonino della donna. E accertamenti sono chiesti proprio sul frammento di tegola «al fine di accertare ovvero escludere» la presenza di impronte papillari o Dna appartenenti a terze persone.

L’avvocato Andronico, parla al Corriere della Sera della perizia di parte effettuata dal generale Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma: «Il generale Garofano, nostro consulente, aveva evidenziato l’impossibilità che la tegola fosse il punto di contatto con la fronte di Pamiro, trovandosi piatta a terra, a lato del cadavere. Per essere un suicidio, la tegola doveva essere piantata verticalmente a mo’ di spuntone. La forma suggerisce che qualcuno l’abbia utilizzata a mo’ di martello per dargli un colpo in fronte».

La villetta in cui il musicista viveva con Debora e la sua auto saranno trattate con il luminol, che svela tracce di sangue anche dopo numerose e accurate pulizie. Franco Pamiro accoglie soddisfatto il no all’archiviazione e dice al Giorno: «Come si fa a dire che mio figlio è caduto prono e si è poi girato supino? Sulla schiena non ci sono segni, che sono invece presenti nella parte anteriore. Come si fa a sostenere che si è buttato dal tetto, con i problemi di movimento che aveva? È una ricostruzione surreale».

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Cronaca Vera

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