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Giampaolo Amato e il giallo dello smartwatch

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Giampaolo Amato, noto medico di Bologna e già medico della Virtus Pallacanestro, è accusato della morte della moglie, inizialmente apparsa naturale, e sospettato anche del delitto della suocera

Disse agli inquirenti che dormiva quando la suocera morì: ma il suo orologio digitale lo smentirebbe. Tutti gli elementi del giallo nell’approfondimento di Cronaca Vera

Giampaolo Amato

BOLOGNA- Si aggrava la posizione di Giampaolo Amato, 64 anni, uno dei medici più noti della città, anche per aver lavorato dal 2013 al 2020 per la Virtus Pallacanestro. L’uomo è in carcere con l’accusa di aver ucciso la moglie Isabella Linsalata, trovata morta a 62 anni il 31 ottobre 2021 nel suo appartamento in via Bianconi. Ma anche di aver ammazzato la suocera Giulia Tateo, deceduta 22 giorni prima della figlia.

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Gli inquirenti sono convinti che lo stimato professionista, specializzato in oftalmologia e in medicina dello sport con un dottorato in scienze neurologiche, avvelenò entrambe con benziodiazepine e un anestetico ospedaliero. E ora avrebbero trovato un incredibile e insperato riscontro nella tecnologia: ovvero nello smartwatch del medico.

Giampaolo Amato

 

IL CASO DI GIAMPAOLO AMATO

Giampaolo ha sempre negato di aver mai usato quei farmaci, ovvero il Sevoflurano e il Midazolam, trovati in dosi eccessive nella salma di Isabella. Così disse anche al pm Domenico Ambrosino il 22 settembre 2022: «Non uso questi farmaci, non so usare questi farmaci, non è di mia competenza usare questi farmaci, non prendo farmaci dall’ospedale perché sarebbe un reato, oltretutto non ne ho bisogno». Ma ora che la Procura ha chiuso le indagini su di lui, emergono nuovi, clamorosi elementi a carico dell’uomo.

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Anzitutto, stando all’analisi dei suoi smartphone e pc, Giampaolo avrebbe fatto ricerche online proprio sull’utilizzo delle due sostanze. Però c’è dell’altro. Ovvero lo smartwatch, l’orologio digitale che portava sempre al polso. Nella notte tra l’8 e il 9 ottobre 2021, quando la suocera morì, i tracciamenti del dispositivo elettronico smentirebbero la sua versione dei fatti: Giulia si spense infatti nel sonno mentre la figlia, che abitava nell’appartamento adiacente, si trovava fuori città.

Giampaolo Amato

Il genero disse invece di essere rimasto in casa quella notte, nello studio al piano di sotto nel quale si era trasferito dopo essersi separato: tuttavia il suo smartwatch segnerebbe un cambio di altitudine in quelle ore, come se l’uomo fosse salito al piano superiore, dove la suocera dormiva. Anche nell’anziana furono trovate le medesime sostanze che causarono la morte della figlia. Ma per la difesa vi sarebbe una spiegazione eloquente: sarebbero stati utilizzati per un’operazione avvenuta otto mesi prima e il suo decesso sarebbe avvenuto per una cardiopatia naturale. E i legali del medico sono convinti anche di poter smontare pezzo per pezzo le accuse di aver ucciso la moglie.

Giampaolo Amato

IL MOVENTE

Di certo fu proprio lui a chiamare il 118 dicendo di avere trovato Isabella priva di sensi nel letto. E ci vollero quasi due anni prima che l’inchiesta ipotizzasse l’omicidio proprio per via dei farmaci rinvenuti nel corpo di Isabella. In aiuto degli inquirenti giunse la sorella di Isabella, Anna Maria, che aveva conservato per tre anni una bottiglia di vino nella quale c’erano tracce delle stesse benzodiazepine trovate poi nel corpo della vittima.

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Era il 19 maggio 2019. «Sembrava che fosse un po’ ubriaca e rimbambita» riferì la donna, ricordando che Isabella le aveva parlato di un vino amarissimo, ragione per la quale aveva recuperato la bottiglia dal bidone del vetro tenendola con sè, fino al sequestro degli inquirenti, che l’analizzarono con esito positivo. Pure due amiche ne avevano raccolto le confidenze e i sospetti che il marito la stesse avvelenando. Prove raccolte, scrisse il gip «a futura memoria».

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Ma perché il medico si sarebbe dovuto trasformare in assassino? Per la Procura il fatto si lega alla relazione extraconiungale che aveva con una giovane. E il gip ipotizzò anche motivi economici: l’eventuale separazione avrebbe potuto dargli problemi dato che Isabella disponeva di un «apprezzabile patrimonio immobiliare». L’amante lo aveva però lasciato e in una conversazione intercettata diceva ad un’amica: «Ma secondo te, ci dobbiamo veramente iniziare a pensare, questo qua fuori di testa può aver fatto qualcosa quella sera?».

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E ancora: «Questo riesce ad essere un pazzo furioso, ma davvero noi siamo convinti che lui… non si sia fatto venire un momento di delirio, perchè  io in quel periodo non gli rispondevo più al telefono, non ci sentivamo più: ero dura di nuovo…». Agli atti ci sono anche le conversazioni con i figli, che lo incalzavano e gli chiedevano lumi sulla sera in cui era morta la mamma. Ma ovviamente, la questione smartwatch rappresenta il vero colpo di scena dell’indagine: sarà forse decisivo, in un senso o nell’altro, per l’andamento del processo.

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