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Nuovo servizio civile: benefit e otto mesi di durata

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Un esercito pacifico di 15mila giovani volontari che entro tre anni potrebbe crescere fino a 100mila unità. È l’ambizioso obiettivo che il premier Matteo Renzi si è posto per rivoluzionare un ambito strategico per la crescita sociale del Paese: il servizio civile nazionale, canale attraverso cui ogni anno migliaia tra enti pubblici, organizzazioni non governative e associazioni no profit formano ragazzi tra i 18 e 28 anni nei settori dell’assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all’estero.

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CITTADINI PER LO SVILUPPO SOCIALE- L’obiettivo con cui, nel 2001, fu istituito il servizio civile nazionale (sulla scia di quello “sostitutivo” del servizio militare, introdotto nel 1972) è creare cittadini attivi capaci di partecipare allo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese.

IL PROGETTO RENZI- Quasi quindici anni dopo, il progetto di Renzi mira ad accrescere il numero di volontari, riorganizzando, contestualmente, il terzo settore, ovvero la rete di enti, associazioni, imprese sociali che produce beni e servizi per la collettività. Perché, dice il premier, ciò significa valorizzare quell’«Italia generosa e laboriosa che tutti i giorni opera per migliorare la qualità della vita delle persone» e del Paese intero.

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IL NUOVO SERVIZIO CIVILE- A differenza del vecchio modello, il nuovo servizio civile, che viene definito “universale”, si articolerebbe in otto mesi (naturalmente non obbligatori) prorogabili di quattro: verrebbe così costituito un massiccio servizio di leva sociale con obiettivo la “difesa della patria”, così come previsto dall’articolo 52 della Costituzione. Un concetto apparentemente strano, ma in realtà conforme alle origini del servizio civile, introdotto per permettere agli obiettori di coscienza al servizio militare di adempiere in altro modo, non violento, al proprio “obbligo di difesa della patria”.

I BENEFIT PER I VOLONTARI- Per rendere ancora più appetibile la scelta di fare il servizio civile, il governo intende introdurre benefit per i volontari, quali crediti formativi universitari, tirocini universitari e professionali e il riconoscimento delle competenze acquisite durante l’espletamento del servizio. Altro obiettivo è facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro dei volontari, la realizzazione di tirocini o di corsi di formazione. Ma questi sono solo alcuni dei tratti che, a grandi linee, potrebbe acquisire la riforma del servizio civile, che sarà presentata in consiglio dei ministri il 27 giugno.

L’ARCI- «Sarebbe un passo molto importante, se fatto correttamente», spiega Licio Palazzini, presidente di Arci servizio civile, tra le più grosse associazioni no profit operanti in questo ambito. «I vantaggi del servizio civile riguardano i volontari, gli enti e la società intera, in modi e tempi diversi: i volontari perché imparano a leggere meglio il mondo in cui vivono e acquisiscono consapevolezza di sé; gli enti, perché l’ingresso dei volontari permette loro di acquisire strumenti e linfa nuova, che serve a stimolare e a far crescere l’organizzazione; la società intera, perché si arricchisce di giovani cittadini più consapevoli, più critici, più attivi nel mondo in cui vivono».

GLI OSTACOLI- Ma il servizio civile è un percorso non privo di ostacoli. Il primo e più grosso risiede «negli enti e nelle organizzazioni che, anziché accedere al circuito del servizio civile seguendo i principi virtuosi di formazione dei giovani e arricchimento della società, lo fanno solo per colmare, a carico dello Stato, la mancanza di personale», continua Palazzini. «Non ha senso usare i ragazzi in attività prettamente materiali (fotocopie, volantinaggio e così via, ndr) o in altre in cui il volontario non è più una persona da formare secondo determinate competenze, ma solo da sfruttare: ecco, questo è il fallimento del servizio civile».

COSA FARE- E allora, che cosa fare perché la bozza di riforma abbia successo? «Innanzitutto gli enti coinvolti devono essere controllati tutti e non parzialmente come avviene oggi», conclude Palazzini. «Poi bisogna evitare che il servizio civile si trasformi in un modo per sostenere l’occupazione: è vero che parte dei volontari trova lavoro negli enti in cui ha fatto il servizio, ma non può essere questo l’obiettivo. C’è il rischio che i giovani diventino “braccia” e non capitale umano. Quanto alle 100mila unità, credo sia un grande obiettivo: le risorse si possono trovare». Bisogna solo capire che la crescita di un Paese non è solo economica.

Stefano Lo Cicero Vaina per Vero

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