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Davide Pavan, investito e ucciso: la famiglia della vittima costretta a pagare la pulizia della strada

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Davide Pavan fu investito e ucciso da un poliziotto ubriaco, che uscì subito dai domiciliari e che ha patteggiato una pena a 3 anni e 6 mesi. Non perderà il lavoro. Alla famiglia della vittima invece è arrivata una fattura da 183 euro per ripulire il sangue del figlio dalla strada

Un fatto che lascia senza parole. L’avvocato Domenico Musicco, presidente dell’associazione delle vittime: «Non capisco come chi abbia disposto questo non provi vergogna. Ma purtroppo succede spesso»

DAVIDE PAVAN

TREVISO – Era l’8 maggio del 2022. Davide Pavan, 17 anni, stava tornando a Morgano da Castagnole dopo aver riaccompagnato a casa la fidanzata. Fu travolto e ucciso da un automobilitsta ubriaco, con un tasso alcolemico quasi tre volte superiore al limite, che aveva invaso la corsia opposta. Un caso sorprendente: si trattava di Samuel Seno, 28 anni, agente di polizia in forza all’Ufficio Stranieri della questura di Treviso, campione di rugby reduce da un «terzo tempo» con i compagni di squadra.

Accusato di omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza, fu mandato ai domiciliari e rimesso subito dopo in libertà. Fu la seconda, tragica sorpresa per la famiglia della vittima, studente con voti brillanti che frequentava il quarto anno tecnico indirizzo Automazioni all’Itis Max Planck di Treviso. Si limitarono a commentare: «Cosa ci fa fuori uno così? Avrebbero dovuto tenerlo dentro».

Solo lo zio paterno Alessio, disse qualcosa di più al Corriere della Sera: «Cosa mi ricordo di lui? Il sorriso quando era più piccolo. Con l’età ci si allontana un po’: certo, Davide era sempre presente, un saluto alla mattina quando lo incrociavo per andare a scuola, poi alla sera. Ma quando era più giovane era una presenza costante, sempre solare, allegro, mai una volta con il “muso”. Non posso credere che l’uomo che lo ha investito sia già fuori, non si può correre in quella maniera su una strada che attraversa un centro abitato. Fosse andato più piano forse Davide si sarebbe salvato».

Ora si scopre che alla famiglia è giunta l’ennesima beffa. Una cosa che pare addirittura incommentabile: è stata costretta a pagare quasi 200 euro per ripulire la strada del sangue del figlio.

IL CASO DI DAVIDE PAVAN: UNA VERGOGNA DI STATO

È la mamma Barbara Vedelago a rivelarlo al quotidiano di via Solferino: una fattura per “bonifica dell’area con smaltimento dei rifiuti e assorbente per sversamento liquidi” da 183 euro: «La cifra ci è stata chiesta per la pulizia del luogo dell’incidente, per togliere i rottami e spargere della segatura sul sangue di Davide e sui liquidi del motore rimasti sull’asfalto». Nel frattempo il poliziotto ha patteggiato 3 anni e 6 mesi e sembra che possa anche evitare il licenziamento.

La donna dice: «So bene che, se anche quel poliziotto fosse andato in prigione, io non avrei riavuto mio figlio, ma penso che la legge, pur con l’introduzione del reato di omicidio stradale, sia ancora troppo morbida con chi causa un incidente. Ma è l’intero sistema che non va, e la fattura per la bonifica è solo uno dei tanti episodi. In questi sedici mesi io, mio marito e il fratellino di Davide ci siamo sentiti abbandonati, come se il nostro dolore non contasse».

Non bastasse «ci è arrivata una raccomandata per avvisarci che il rottame dello scooter era stato dissequestrato e che dovevamo andare subito a ritirarlo, altrimenti avremmo dovuto pagare una penale per ogni giorno di ritardo. E poi c’è il caso della fidanzatina, che quel giorno Davide aveva appena riaccompagnato a casa. Era stata la prima ad accorrere sul luogo dell’incidente: con una app di geolocalizzazione sul telefonino, aveva notato che mio figlio era fermo ormai da dieci minuti e quindi si è fatta accompagnare dai genitori per capire cosa stesse succedendo. Quando sono arrivata era distesa sopra di lui, lo abbracciava come volesse riscaldarlo con il suo corpo. È stato tremendo e ancora oggi quella ragazza deve fare i conti con ciò che ha vissuto quel giorno. Eppure il giudice le ha negato la possibilità di costituirsi parte civile: la legge non lo prevede, perché non erano sposati e lei non è una parente. Il loro era un amore giovanile, lo so, ma chi può dire che non sarebbe durato per tutta la vita?» L’agente, in una lettera, ha chiesto scusa alla famiglia, ma questo non ha dato sollievo alla donna: «È un dramma che sconquassa ogni cosa, perfino le normali dinamiche che si creano all’interno di una famiglia».

L’AVVOCATO DELLE VITTIME

Cronaca Vera ha chiesto un parere all’avvocato Domenico Musicco, presidente di Avisl Onlus, associazione delle vittime di incidenti stradali e promotore della legge sull’omicidio stradale: «La testimonianza della madre di Davide è molto toccante. Succede di rado che il responsabile chieda scusa, ma evidentemente si tratta di una perdita inconsolabile che non può in alcun modo alleviarsi. Quanto alla fattura di 183 euro, purtroppo non è la prima volta che capita un fatto pazzesco come questo, ovvero che le amministrazioni o il gestore della strada chieda i soldi per la pulizia della strada.

domenico musicco
L’avvocato Domenico Musicco

Ma, a parte l’insensibilità assoluta dell’impiegato o del dirigente che dispone una cosa del genere senza vergognarsi, dovrebbe essere il colpevole a dover pagare i danni e la pulizia della strada. Però avviene. Anche la frase della mamma sul fatto che siano sentiti abbandonati è vera, perchè per le vittime non ci sono supporti nè psicologici, nè legali, nè sostegni da parte dello Stato. Mentre i responsabili, se finiscono in carcere, hanno lo psicologo o l’assistente sociale che aiutano a superare il trauma per quanto ovviamente inferiore a quello dei famigliari della vittima. È una cosa su cui bisognerebbe riflettere. Invece si pensa che con i soldi dell’assicurazione possano risolvere tutti i problemi della tragedia.

È infine vero che la legge sull’omicidio stradale, come denunciamo da tempo, non funziona bene: 3 anni e 6 mesi sono veramente pochi per un fatto del genere, che non comporterà nemmeno la perdita del posto di lavoro. Viene svilita la portata della legge con un’applicazione piuttosto sciatta a favore dell’imputato. E questo non va bene: perché abbiamo promosso la legge proprio per dare un senso di giustizia alle vittime. Così come abbiamo chiesto più prevenzione e controlli. In questo caso il responsabile è proprio un poliziotto, che per professione conosce la legge e dovrebbe essere colui che si occupa di prevenzione e controlli. La polizia si sarebbe dovuta mostrare per tale ragione più severa e lui doveva essere più consapevole di altri delle conseguenze del suo gesto».

 

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