Delittisocietà

La scrittrice Monica Zornetta: “Ludwig? Non potevano essere solo Abel e Furlan”

Secondo i medici potrebbe non riprendersi Wolfgang Abel, 62 anni, condannato insieme a Marco Furlan per i delitti di Ludwig, e andato in coma dopo una rovinosa caduta. A Cronaca Vera parla la scrittrice Monica Zornetta, che lo intervistò per il suo libro sulla vicenda, ancora oggi piena di punti bui

 

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VERONA – Quando il terrore finì, si contarono dieci morti e nunerosi feriti firmati Ludwig. Rivendicati da deliranti volantini neonazisti: per sette anni, dal 1977 al 1984, il panico venne seminato nel nord Italia, in Germania, nei Paesi Bassi. Poi, alla discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere, dove hanno appiccato il fuoco, vennero arrestati due giovani della Verona bene: Marco Furlan, 24 anni, figlio di un primario e laureando in fisica.

E Wolfgang Abel, 25, laureato in matematica. Sarebbero stati loro a voler “purificare” il mondo da prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, discoteche, cinema a luci rosse e preti “peccaminosi”. Quel che sembrava opera di un movimento estremista di destra si rivelava essere l’opera di un’insolita coppia di serial killer.

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Così ha concluso la giustizia italiana, che ha condannato entrambi solo a partire dai delitti dal 1982 in avanti, per un totale di 27 anni di reclusione, senza l’aggravante della premeditazione perché a tutti e due fu riconosciuta la seminfermità mentale. Furlan uscì dal carcere nel 2010, dopo aver preso una seconda laurea in ingegneria informatica.

Abel è fuori definitivamente dal 2016. Ma il 10 settembre 2021, dopo una rovinosa caduta in casa, è andato in coma e secondo i medici, come ha riportato il Corriere della Sera «non si riprenderà». Così il quotidiano ha riportato le parole al telefono della collaboratrice domestica che ne assiste la madre ad Arbizzano. Abel si era sempre protestato innocente e da quando era tornato libero, si occupava sostanzialmente del suo orto. Non si è mai risvegliato.

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LA SCRITTRICE

Ma le cose andarono veramente come stabilirono i tribunali? La scrittrice Monica Zornetta ha incontrato Abel più volte per scrivere il suo libro “Ludwig, Storie di fuoco, sangue e follia”, edito da Baldini + Castoldi.

Che impressione ne hai avuto?

«La mia considerazione è cambiata nel tempo. All’inizio ero convinta che Abel fosse il leader tra i due, poi ho compreso che non era così. Ma sono sicura che i colpevoli di tutti quei delitti non siano solo loro due. Ludwig non sono solo Abel e Furlan».

Furono inchiodati da una perizia grafologica.

«Sì, ma non tutti i delitti sono stati compiuti da Abel e Furlan. Erano certamente presenti al Melamara, perché furono arrestati là. Ma più volte si è parlato della presenza di altri personaggi veronesi, che avrebbero fatto sopralluoghi prima di un crimine di Ludwig. Quindi non è detto che taluni crimini li abbiano compiuti loro. Di certo Ludwig non si poteva ridurre a due persone».

Quali sono le azioni che secondo la tua inchiesta giornalistica hanno compiuto con altri complici?

«Vicenza, Monte Berico, l’omicidio dei due frati». Si trattava di padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, assassinati a martellate il 20 luglio 1982. «Non era umanamente possibile che Abel e Furlan li avessero colpiti e fossero scappati senza un’auto. Ho visto quei posti. Poi, ci sono casi che non hanno trovato risposte. Tipo l’omicidio di Claudio Costa, attribuito a Ludwig ma per il quale Abel e Furlan non sono stati condannati. Vennero ancora viste più persone a Milano, per l’incendio del cinema Eros».

Morirono in sei.

«Un tassista vide passeggiare due persone subito dopo l’incendio della discoteca Liverpool di Monaco di Baviera che però non corrispondevano affatto a Abel e Furlan, o almeno ad Abel». Un morto e sette feriti. Ma non basta.

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«Gli stessi volantini furono scritti da mani diverse. Chi li aveva in casa poteva essere semplicemente il custode di volantini scritti da altri di un’organizzazione, perché io sono convinta che ci fosse un’organizzazione. Ho come l’impressione che si sia voluto chiudere in fretta il caso Ludwig, mettendo al centro della vicenda Abel».

Perché allora i due non hanno parlato?

«La mia idea è che fosse un gruppo. Molto probabilmente i sodali erano uniti tra di loro da una sorta di patto di sangue. Ad Abel, che anche con me ha sempre sostenuto di essere completamente innocente anche se io non lo penso, l’ho detto: perché dopo tutti questi anni non parli? Perché lui nella parte che ha scritto nel mio libro parla di un ambiente, si riferisce a degli ambienti variegati, dice, al cui interno c’era sia il professore che il sempliciotto. Ha dato anche delle indicazioni. Io un’idea me la sono fatta su alcune persone della società civile legate all’estrema destra. Ludwig aveva come stella polare il nazismo, non il fascismo, con tutti i culti che si portava dietro. Scrivere il libro è stata una discesa all’inferno».

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Con qualche lettera anonima: «E hanno anche cercato di entrarmi nei social quando sono tornata ad occuparmi del perimetro di Ludwig. Ero partita dall’ipotesi che Abel e Furlan fossero due serial killer, invece ho finito con il convincermi che si trattasse di altro, legato alla politica e all’ideologia, con l’eliminazione organizzata di soggetti considerati inferiori. D’altra parte ora gli inquirenti sono convinti che due due soggetti che gravitavano in Ludwig e comunque nella Verona di estrema destra di quel tempo siano coinvolti nella strage di piazza della Loggia a Brescia».

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