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Triangolo delle Bermude: un mistero angoscioso, ma affascinante

Mistero, fascino, leggenda … Spesso le storie, quelle strane, hanno a che fare con luoghi. Luoghi misteriosi, non ben identificati, che però sono divenuti mito…. Una di queste storie, forse la più affascinante, riguarda un’area dell’oceano Atlantico non distante dalla costa statunitense, nel triangolo delle Bermude 

 

Per indicarla sulla carta geografica non basta un dito, ce ne vogliono tre, tanti quanti sono i suoi vertici disposti a triangolo: Penisola della Florida ad ovest, arcipelago delle Bermuda a nord e isola di Porto Rico a sud. 1.100.000 km² di Oceano Atlantico fatti di sola acqua e qualche isoletta sparsa nell’angolo ovest.
Insomma, un posto in mezzo al nulla.
Un triangolo così si può tracciare dovunque: nell’Atlantico, nell’Oceano Indiano, anche nel Mediterraneo.  Prendi tre punti e ritagli un pezzo di mare vuoto… Ma il nostro è particolare, è un triangolo maledetto più semplicemente noto come “triangolo delle Bermude”.

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Come nacque la leggenda del triangolo delle Bermude

A chiamarlo così, o meglio “quasi” così, è stato per primo, nel 1952, lo scrittore George X. Sand su una rivista americana, Faith, specializzata in U.F.O. , antiche leggende o fenomeni paranormali. Una di quelle pubblicazioni che, subito dopo la guerra, sono nate e si sono sviluppate, come la letteratura di fantascienza, sotto l’influsso  del progresso scientifico e della paura di una catastrofe nucleare causata dalla guerra fredda.

In quel periodo Faith si occupava, tra l’altro, del mito di Atlantide  e delle apparizioni di fantasmi in una casa di Amityville vicino a Long Island, New York, argomento che darà vita a una fortunata  serie di film dell’orrore.

Sand punta l’attenzione su un pezzo di oceano Atlantico dove si sono registrati strani fenomeni.
L’aspetto più inquietante è che non si tratta di un luogo remoto ma sta proprio lì, alle porte degli Stati Uniti, davanti alla costa della Florida. Poiché lo delimita un triangolo, il tratto di mare viene chiamato dai lettori della rivista “the triangle”.
Cosa succede in quel remoto spicchio d’acqua salata?
Fatti anomali, veramente inspiegabili.  La storia della  “Squadriglia 19” è quella che colpisce di più.

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Il volo 19 è un’operazione di addestramento condotta nel dicembre del 1945 da cinque aerosiluranti Grumman TBF Avenger della Marina degli Stati Uniti. La guerra non c’è più ma gli eserciti non si fermano e la “U.S. Navy” vuole provare l’efficacia dei nuovi velivoli, che devono scovare le navi nemiche e colpirle con un siluro.

La missione prevede un giro di ricognizione nel mare davanti alla Florida con simulato avvistamento e bombardamento di imbarcazioni ostili e ritorno alla base. L’obiettivo è addestrare le capacità dei piloti ad orientarsi sul mare aperto senza punti di riferimento, calcolando il carburante necessario per volare fino all’obiettivo e poi rientrare.
La squadriglia del volo 19 si alza da Fort Lauderdale alle 14:10 circa. A fare da comandante osservatore è il tenente Charles Carroll Taylor, un pilota esperto, con 2500 ore di volo al suo attivo.

Tutto a posto

Iniziano i controlli di routine: check a posto, serbatoi pieni, tempo buono, si parte. Il finto bombardamento avviene attorno alle 15. Tutto regolare, volo di ritorno… ma qualcosa non va.
L’istruttore di un altro volo di formazione in cielo nelle vicinanze registra uno scambio di messaggi tra gli aerei del volo 19. Qualcuno dice: “non so dove siamo, ci dobbiamo essere persi dopo l’ultima virata.

L’istruttore cerca di mettersi in contatto con la squadriglia 19 per vedere se può essere d’aiuto. Risponde il tenente Taylor, che dice di avere tutte e due le bussole dell’aereo non funzionanti e  di star cercando di trovare Fort Lauderdale. Pensa di essere in vista della Florida ma non sa a che altitudine.
Viene avvertita la base, che cerca di mettersi in contatto con Taylor ma non ci riesce.

Stralci

Si registrano soltanto pezzi di conversazione tra piloti e si capisce che si sono persi. Poi il tempo peggiora ma soprattutto il livello di benzina si abbassa sempre di più.
“Dobbiamo resistere fino all’atterraggio” dice Taylor ai suoi “ Quando il primo aereo scende sotto i 3,8 galloni andremo giù tutti assieme.”

Poi, più niente.
Il volo 19 scompare nel nulla da qualche parte a nord ovest delle Bahamas, in pieno “triangolo”.
Cinque aeri con 14 uomini di equipaggio di cui non si ha più traccia.

Voli scomparsi

Dove sono finiti?
Per cercarli si alza in volo un idrovolante da ricognizione BPM Mariner. Arrivato in zona all’improvviso esplode in volo, e scompare.
Nel suo articolo,  Sand parla di altri voli che scompaiono improvvisamente.

Un DC 9 in servizio sulla rotta Portorico-Miami nella notte del 28 dicembre del 1948 con a bordo tre membri di equipaggio e 29 passeggeri, si dissolve nel nulla dopo che il pilota ha detto di essere a 50 miglia a sud di Miami.
Un aereo passeggeri, lo star Tiger, di spola tra l’arcipelago delle Azzorre e quello delle Bermuda, scompare il 30 gennaio del 1948.

Un anno dopo, nel gennaio del 1949, stessa sorte tocca a un aereo della medesima compagnia, lo Star Ariel, , mentre vola tra Kingston in Giamaica e le isole Bermuda.
C’è poi la Sondra, una nave da carico da 300 tonnellate che trasporta disinfestanti e pesticidi da Miami al Venezuela. L’imbarcazione, coi suoi 12 uomini dell’equipaggio, svanisce nel settembre del 1950, sempre in quel tratto di mare, “the triangle”.

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Per una decina di anni l’argomento sembra cadere nel dimenticatoio, finché nel 1962 uno scrittore, Allen W. Eckert, in un libro di misteri riprende la storia del volo 19, riportando l’inedito dettaglio di un pezzo di dialogo tra il tenente Taylor e i suoi piloti. “Il mare è strano” dicono “qui tutto è diventato strano.”

Eckert aggiunge tutte le altre scomparse di aerei e di navi. Sono così tante, che Twitter non chiama più solamente “il triangolo”, quel tratto di mare, ma “il triangolo della morte”.
Da lì in poi molti autori hanno scritto delle scomparse misteriose nel “triangolo della morte”.

Lo scrittore

E’ lo scrittore statunitense Vincent Gaddis, collocando esattamente la zona “sensibile” attorno alle Bermuda, ad attribuirgli il nome diventato proverbiale di “triangolo delle Bermude”.
Successivamente, nel 1974, Charles Berlitz, famoso scrittore di cose misteriose, contribuisce a far diventare planetaria la fama di questo luogo enigmatico ed inquietante col suo best sellers da 5 milioni di copie intitolato, appunto, “Bermuda Triangle”.

Ma cosa succede davvero nel triangolo delle Bermuda?
Le spiegazioni date nel corso degli anni sono diverse, alcune naturali e altre soprannaturali.

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Secondo taluni le profondità marine del “triangolo” celerebbero i resti della leggendaria isola di Atlantide, sprofondata con la sua civiltà straordinaria nella notte dei tempi. Sarebbe la presenza dell’isola a creare strani incidenti.
Secondo altri da qualche parte nel “triangolo” si sarebbe insediata una base extraterrestre, che abbatterebbe o catturerebbe tutto quanto passa lì accanto.

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Venendo alle spiegazioni razionali, c’è chi chiama in causa un problema magnetico che farebbe impazzire bussole e strumenti, provocando i naufragi. Anche la corrente del Golfo, che passa proprio in quella zona, potrebbe creare problemi.

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A giudizio di altri autori, come Larry Crush, potrebbe non essere niente di tutto questo. Innanzitutto, molti degli episodi citati da Berlitz potrebbero in realtà non essere mai davvero accaduti, o comunque non riferiti correttamente.

Secondo il Governo e la Marina degli Stati Uniti aiuterebbe a risolvere il mistero la semplice statistica. Il triangolo maledetto è un ampio pezzo di mare molto trafficato Prendendone uno delle stesse dimensioni e con le medesime caratteristiche, in qualsiasi altra parte del mondo, ci si troverebbe di fronte ad altrettanti incidenti, forse anche di più…

Ma oramai il “triangolo della Bermude” è destinato a restare un mito anche se, ad anzi forse perché, non ha spiegazione.

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Rino Casazza intervista Paola Mizar Paini

 

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Rino Casazza intervista, per Fronte del Blog, Paola Mizar Paini, scrittrice pavese di storie poliziesche (“Angeli Innocenti” e “La casa delle ombre”, Frilli Editore; “Emily, storie dal passato”) calate in atmosfere inquietanti di stampo gotico. Paola ci svela i misteri soprannaturali e le leggende legati ad una presunta “casa maledetta”, delle sue parti, Villa Cerri, su cui si sono molto dilungati anche i giornali. Di questi angosciosi segreti Paola sarebbe stata anche direttamente testimone. Niente di più facile, visto che la sua stessa nascita – come racconta – è avvenuta in circostanze che sconfinano nell’esoterico…

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Paola Mizar Paini

La biografia di una persona, proprio per sua natura può essere meno fedele alla realtà e presentarsi dunque più o meno romanzata e, perciò sono in dubbio se raccontare di una vita ricca e avventurosa o limitarmi a raccontare qualche dettaglio insignificante, come ad esempio il fatto che a Marcignago, il 28 novembre, (l’anno nemmeno sotto tortura) quando nacqui, non emisi nemmeno un vagito… forse per non disturbare visto che la mia mamma fece molta fatica a partorirmi. Respiravo così piano, ma così piano che la levatrice (a quei tempi si partoriva in casa) pensò fossi morta. Ma morta morta! Così mi misero in un angolo del letto, avvolta in un lenzuolino e per un po' si dimenticarono di me. Come si accorsero dell’errore? Ebbene, ci sarebbe un proseguo, ma quella è un’altra storia. Mi definisco una vecchia ragazza perché non ho mai smesso di scoprire cose nuove, soprattutto su me stessa. Sono mamma di tre figli: due maschi e una femmina e ho tre nipoti. Vivo ad Alagna, in provincia di Pavia e lavoro come assistente al traffico per Milanoserravalle. E questo è tutto quello che riguarda la mia interessantissima vita privata. Sono da sempre lettrice per bisogno, e scrittrice…per caso grazie all’incontro fortuito con Carlo Frilli, il mio editore, che non smetterò mai di ringraziare per aver creduto in me come autrice. Con la casa Editrice F.lli Frilli Editori ho pubblicato nel 2017 il noir: Angeli Innocenti. Nel 2018 il noir: La Casa delle ombre, premiato con la “menzione speciale” al premio nazionale “La Provincia in Giallo”. Nel 2018 un’antologia di racconti dal titolo: Dieci storie a mezzanotte. Nel 2020 ho scritto a quattro mani, con l’autore Pieremilio Castoldi, il thriller: Emily.Cronache dal passato, e molti dei miei racconti sono stati inseriti in varie antologie. Mi appassiona tutto ciò che è misterioso, adottando nuovi punti di vista su fatti che accadono intorno a noi a cui non riusciamo a trovare una spiegazione. Tengo a precisare che sono concreta e obbiettiva, ma una cosa non esclude l’altra. Amo molto visitare luoghi abbandonati, i cosidetti “paesi fantasma” e adoro le leggende perché contengono spesso l’origine di una vicenda, o più spesso la separazione tra fantasia, un rifugio indispensabile e perfetto per sopravvivere, e realtà, minacciosa e intrusiva. Miti, leggende, fiabe. Come poter sopravvivere senza esse?

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