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Kabir Bedi ricorda il figlio suicida: “Il mio dolore più grande”

Il figlio di Kabir Bedi, affetto da schizofrenia, si tolse la vita a soli 25 anni, nel 1997. Kabir lo vive come un proprio fallimento, ma si regge ad una speranza: “Sono convinto che esiste un mondo in cui i nostri spiriti possano andare, non sono sicuro che restino così o si reincarnino. Mio figlio è sempre dentro il mio cuore, lo ricordo ogni giorno”

 

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Kabir Bedi e il figlio Siddarth il giorno della laurea alla Carnegie Mellon University. Sfoglia l’album privato…

 

Kabir Bedi commuove l’Italia nel ricordare la sua grande tragedia privata: il suicidio del figlio Siddarth, affetto da schizofrenia, a soli 25 anni. Una vicenda che vive come un fallimento personale, ma resta aggrappato ad una speranza: “Sono convinto che esiste un mondo in cui i nostri spiriti possano andare, non sono sicuro che restino così o si reincarnino. Mio figlio è sempre dentro il mio cuore, lo ricordo ogni giorno”.

IL SUICIDIO DEL FIGLIO DI KABIR BEDI

Siddarth, nato dalla relazione dell’attore con la ballerina Protima Bedi (da cui ebbe anche la figlia Pooja) si tolse la vita nel 1997, a soli 25 anni, dopo che gli era stata diagnosticata la schizofrenia.

Uno studente modello, laureatosi alla Carnegie Mellon University, che l’ex Sandokan, commosso, racconta commosso al Grande Fratello Vip: “Era molto sensibile, era un genio di 25 anni perchè aveva una grande capacità mentale. Sentiva di non avere più significato, per lui la vita non significava nulla, non sentiva più il sapore del cibo e in un momento di lucidità mi aveva detto che voleva togliersi la vita”.

IL MIO FALLIMENTO

Il suo rammarico è di non essere riuscito a fermarlo: “È terribile, perdere un figlio è il più grande dolore che. Ho provato a prevenire questo suicidio, ma ho fallito. Non sono riuscito a convincerlo a continuare a vivere”. Siddarth lasciò ai genitori un biglietto: “Non sentitevi in colpa è il mio modo di riprendere il controllo”.

E oggi Kabir riflette: “Sento spesso persone che si prendono cura di familiari affetti da schizofrenia, soffrono di più perché vedono le persone che amano cambiare in maniera molto tragica. Noi vogliamo provare a sistemare la situazione, ma è molto difficile. Giovani di 25 anni, uomini molto intelligenti, improvvisamente perdono la lucidità. E quando perdono questa lucidità non accettano di avere un problema”.

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LA SPERANZA

L’ex Sandokan si aggrappa però ad una speranza, legato ad un episodio che gli accadde nel 1979 in un hotel di Gerusalemme, mentre girava il film Ashanti: “Ero nella mia stanza, dormivo e sognavo di camminare in posto che aveva un cielo rosso, la terra era viola. Improvvisamente mi sono svegliato e ho visto due forme sopra me come fazzoletti trasparenti che ballavano su di me. Io non avevo paura ho chiesto loro se era tutto ok, loro hanno continuato a danzare in un’altra stanza, sono spariti dietro le tende, io aperto queste tende e ho visto Gerusalemme come forse l’ha vista Gesù. Non c’era modernità, la nebbia l’aveva coperta, sopra la nebbia si vedevano solo le cupole. Erano le 5 del mattino era una visione magine e queste forme mi hanno portato lì per farmei vedere questa città con una grande forza spirituale. Sono convinto che esiste un mondo in cui i nostri spiriti possano andare, non sono sicuro che restino così o si reincarnino. Mio figlio è sempre dentro il mio cuore, lo ricordo ogni giorno”.

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