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LA STRANA STORIA DELLE BARE ANIMATE

 

Quanti di voi da ragazzini giocavano a sfidarsi con gli amici per la prova di coraggio? Crescendo questo non accade più, ma se vi dicessero che da qualche parte c’è un posto dove le bare si muovono da sole? Ci credereste? Rifareste la “prova di coraggio?”

 

In un vecchio cimitero delle Barbados, nel sud dei Caraibi, c’è un sepolcro, a prima vista abbastanza insignificante, salvo che per gli strani fenomeni che vi si sono verificati.

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Questa storia comincia nel diciottesimo secolo con la morte di Thomasina Goddard. Costei fu sepolta in una bara di legno posta nella cripta in questione. L’entrata fu sigillata con una lastra di marmo e dopo circa un anno la proprietà del sepolcro passò alla famiglia Chase.

Ben presto la cripta fu riaperta per accogliere il corpo della piccola Mary Ann Chase, di appena due anni, deposta in una cassa piombata. Appena un mese dopo, morì anche Dorcas, sorella maggiore di Mary Ann. Anche lei fu calata nella cripta in un’identica bara. Si diceva che la prima figlia era deceduta in seguito ai maltrattamenti del padre, il patriarca colonnello Thomas Chase, famigerato aguzzino che vessava gli schiavi e maltrattava anche i propri parenti. La primogenita si sarebbe tolta la vita perché incapace di superare il lutto, ma anche per sottrarsi alle angherie paterne.

Niente di troppo strano, senonché il  mese successivo anche Thomas Chase raggiunse le figlie, chiuso in una bara di legno. Quando il sepolcro venne riaperto i presenti rimasero inorriditi. Le casse delle bimbe giacevano in piedi nell’angolo opposto a quello dove erano state appoggiate.

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Turbati, i becchini sistemarono di nuovo le bare l’una accanto all’altra. Si cercarono segni di scasso o manomissione, senza esito. Vennero incolpati gli schiavi delle piantagioni e i servi della famiglia Chase, che sarebbero stati mossi dal desiderio di vendetta per i crudeli maltrattamenti subiti dal colonnello, anche se non c’era ragione perché  si sfogassero sui defunti.

La cosa, per il momento, si chiuse lì.

Il sepolcro rimase sigillato per altri quattro anni, fino al 1816. quando fu riaperto per ospitare un parente della famiglia: Samuel Brewster Ames Jr., neonato di undici mesi. Ancora una volta i partecipanti alle esequie si trovarono di fronte a una macabra visione: le bare erano sistemate a casaccio all’interno della tomba, come se una gigantesca mano le avesse colpite in un impeto di rabbia. Rimesse a posto le casse, la lastra di marmo tornò a sigillare l’entrata della cripta.

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Un mese più tardi si decise di spostare la bara di un altro parente dal cimitero di San Philips alla tomba di famiglia. La notizia radunò una folla di curiosi per assistere all’apertura della lastra di marmo, le cui aspettative non andarono deluse: le bare erano state spostate con tanta violenza che quella di Thomasina si era sfasciata e la cassa di Thomas Chase stava ritta contro la parete. Il reverendo che presiedeva l’inumazione ordinò che si ispezionasse a fondo l’intero sepolcro alla ricerca di pertugi naturali o passaggi segreti, ma la struttura risultò essere un unico blocco di pietra compatta.

I resti della cassa di Thomasina furono accomodati il più decorosamente possibile tra la bara di Samuel e il muro; le altre bare ricollocate ai loro posti e la porta sigillata con uno spesso strato di malta.

Passarono tre anni prima che la cripta venisse riaperta per seppellire un’altra parente. Siccome la tomba dei Chase era ormai diventata una macabra attrazione nazionale, al funerale si presentò il nuovo governatore delle Barbados, più un nugolo di curiosi. Tutti attesero con il fiato sospeso l’apertura della tomba, rabbrividendo nel constatare che il sonno dei suoi occupanti era stato di nuovo disturbato. Ogni centimetro del pavimento fu di nuovo perlustrato, così i muri e il soffitto.

Niente crepe, niente passaggi segreti, botole o quant’altro. Una stanza di roccia intatta.

A quel punto si volle tentare un esperimento, spargendo della fine sabbia bianca sul pavimento. Cosa succedeva all’interno del sepolcro quando la porta veniva chiusa e il buio tornava ad essere padrone assoluto? Questa e altre terribili domande tormentavano gli abitanti dell’isola che, sebbene spaventati,  aspettavano con una sorta di fervore morboso il prossimo funerale.

Nel 1820 il governatore, scosso dalla vicenda,  si attivò concretamente per risolvere l’enigma. Radunò un gruppo di uomini affidabili, tra cui il reverendo Orderson e i membri ancora in vita della famiglia Chase. La notizia della loro impresa si diffuse rapida e spinse centinaia di persone ad accorrere sul posto. Dapprima il sepolcro fu controllato esternamente, confermando che la struttura era solida come sempre e il sigillo di malta della porta intatto.

Gli uomini, in silenzio, iniziarono il lavoro. Mentre spaccavano il sigillo e aprivano la porta, un suono stridulo uscì dalla tomba. Fu agghiacciante scoprire che quel rumore era prodotto dalla bara di Dorcas Chase, appoggiata in piedi contro la porta stessa, mentre la piccola bara di Mary Ann stava ridosso della parete sinistra… Qualcosa l’aveva sbattuta contro di essa con violenza, danneggiandola notevolmente. Anche le altre bare avevano ricevuto più o meno lo stesso trattamento. Sulla sabbia che ricopriva il pavimento non c’erano impronte o tracce che potessero spiegare il fenomeno.

La famiglia Chase aveva visto abbastanza. Il sepolcro fu sgombrato e i suoi occupanti sepolti singolarmente in altre parti del cimitero.

Si cercò di dare molte spiegazioni, ma nessuna convincente:  infiltrazioni d’acqua che avrebbero allagato la camera e mosso le bare, scosse sismiche, particolari campi magnetici… Ma allora perché le altre cripte del cimitero non hanno mai presentato lo stesso fenomeno?

Oggi la tomba è vuota e tranquilla,  sta lì con la sua porta che si affaccia su un mistero mai svelato. A guardare le foto sorge il malsano desiderio di entrare, ma forse è meglio non metter piede nella dimora di feretri inquieti.

 

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Ecco, questa è la stranissima vicenda che costrinse una famiglia ad abbandonare un sepolcro nel quale succedevano cose davvero inspiegabili. Una bella prova di coraggio scendere quei gradini per entrare nella tomba e attendere nel buio, no? Potreste scoprire la verità su cosa faceva muovere quelle bare…ma forse, è meglio non sapere.

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Paola Mizar Paini

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Rino Casazza intervista Paola Mizar Paini

Rino Casazza intervista, per Fronte del Blog, Paola Mizar Paini, scrittrice pavese di storie poliziesche (“Angeli Innocenti” e “La casa delle ombre”, Frilli Editore; “Emily, storie dal passato”) calate in atmosfere inquietanti di stampo gotico. Paola ci svela i misteri soprannaturali e le leggende legati ad una presunta “casa maledetta”, delle sue parti, Villa Cerri, su cui si sono molto dilungati anche i giornali. Di questi angosciosi segreti Paola sarebbe stata anche direttamente testimone. Niente di più facile, visto che la sua stessa nascita – come racconta – è avvenuta in circostanze che sconfinano nell’esoterico…

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Paola Mizar Paini

La biografia di una persona, proprio per sua natura può essere meno fedele alla realtà e presentarsi dunque più o meno romanzata e, perciò sono in dubbio se raccontare di una vita ricca e avventurosa o limitarmi a raccontare qualche dettaglio insignificante, come ad esempio il fatto che a Marcignago, il 28 novembre, (l’anno nemmeno sotto tortura) quando nacqui, non emisi nemmeno un vagito… forse per non disturbare visto che la mia mamma fece molta fatica a partorirmi. Respiravo così piano, ma così piano che la levatrice (a quei tempi si partoriva in casa) pensò fossi morta. Ma morta morta! Così mi misero in un angolo del letto, avvolta in un lenzuolino e per un po' si dimenticarono di me. Come si accorsero dell’errore? Ebbene, ci sarebbe un proseguo, ma quella è un’altra storia. Mi definisco una vecchia ragazza perché non ho mai smesso di scoprire cose nuove, soprattutto su me stessa. Sono mamma di tre figli: due maschi e una femmina e ho tre nipoti. Vivo ad Alagna, in provincia di Pavia e lavoro come assistente al traffico per Milanoserravalle. E questo è tutto quello che riguarda la mia interessantissima vita privata. Sono da sempre lettrice per bisogno, e scrittrice…per caso grazie all’incontro fortuito con Carlo Frilli, il mio editore, che non smetterò mai di ringraziare per aver creduto in me come autrice. Con la casa Editrice F.lli Frilli Editori ho pubblicato nel 2017 il noir: Angeli Innocenti. Nel 2018 il noir: La Casa delle ombre, premiato con la “menzione speciale” al premio nazionale “La Provincia in Giallo”. Nel 2018 un’antologia di racconti dal titolo: Dieci storie a mezzanotte. Nel 2020 ho scritto a quattro mani, con l’autore Pieremilio Castoldi, il thriller: Emily.Cronache dal passato, e molti dei miei racconti sono stati inseriti in varie antologie. Mi appassiona tutto ciò che è misterioso, adottando nuovi punti di vista su fatti che accadono intorno a noi a cui non riusciamo a trovare una spiegazione. Tengo a precisare che sono concreta e obbiettiva, ma una cosa non esclude l’altra. Amo molto visitare luoghi abbandonati, i cosidetti “paesi fantasma” e adoro le leggende perché contengono spesso l’origine di una vicenda, o più spesso la separazione tra fantasia, un rifugio indispensabile e perfetto per sopravvivere, e realtà, minacciosa e intrusiva. Miti, leggende, fiabe. Come poter sopravvivere senza esse?

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