“Quando il sipario calerà
io me ne andrò
ed ogni luce svanirà
io me ne andrò
tu piangerai
lei riderà
certo qualcuno mi odierà
ma lo spettacolo è finito
e me ne andrò
e me ne andrò”
Da Quando il sipario calerà
Sono le quattro e mezzo di mattina e purtroppo non sono un critico musicale.
La notizia della morte di Enzo Jannacci è sulle homepage di tutti quotidiani.
Ora arriveranno le giuste celebrazioni, utili alla storia della musica, certo.
Ma per chiunque sia cresciuto alla periferia di Milano, con un poster consumato di Gianni Rivera dietro la sponda del letto, Jannacci rappresenta qualcosa in più del cantautore. Rappresenta l’infanzia.
Il narratore di un collage di vite perse, ciniche, sfortunate, di quello all’angolo della via, del tizio che c’era dal barbiere, del tuo migliore amico finito in qualche casino tragico, comico. Grottesco. Immagini più che titoli. Immagini di un tempo tornate d’un tratto di piena attualità.
Perché Milano è grande, ma in periferia è più grande. E lui sembrava conoscerla tutta.
Pardon, è caduto giù l’Armando – e Gaber alla chitarra
Vincenzina davanti alla fabbrica
Lassà sta’, chè l’è roba de barbun
Tu ti liberi di fuori, sì ma dentro son dolori
Diventan tristi se noi piangiam
Il primo furto non si scorda mai – nella versione aquila imperiale o tangentopoli, fate voi
Ah fumi le Marlboro ma è l’ultima eh? Va beh allora ciapp istess
Se me lo dicevi prima, ti operavo io
E c’è sempre lì quello che parte, ma dove arriva se parte?
Quelli che vanno avanti per vedere come finisce
e vedere di nascosto l’effetto che fa
Sono decine i fotogrammi della città, che io dico Milano, ma qualcuno può pensare Palermo, o New York.
C’è un libro del 1994, “No tu no” edito da Bompiani, che raccoglie i racconti e gli aneddoti surreali che Jannacci scrisse vent’anni prima con Beppe Viola ne “L’incompiuter”.
Aneddoti e racconti ampliati e rivisti, come faceva spesso con le sue canzoni.
Troverete anche il testo di Parlare col liquido, per chi non la conosce, la sintesi perfetta di surrealismo, pessimismo e poesia che Jannacci trasudava in ogni composizione, anche la più divertente. Ecco, forse più che leggere mille righe su storia, meriti e premi, vale la pena ascoltarsi questa. Che non è proprio una canzone: è un romanzo completo di minuti cinque.
L’audio è da youtube.