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Strage di Erba, la ricostruzione grossolana del Corriere della Sera

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Il Corriere della Sera confuta la richiesta di revisione presentata dal pg Cuno Tarfusser sulla strage di Erba. Ma dimentica i fatti, con errori grossolani anche su verbali e sentenze. Ecco cosa scrive

strage di erba
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Il Corriere della Sera prova a confutare la richiesta di revisione presentata dal pg di Milano Cuno Tarfusser, facendo però parecchia confusione sui fatti, su ciò che riportano i verbali e le sentenze.

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Non volendo tediare il lettore, ci soffermeremo solo sul penultimo ultimo paragrafo dell’articolo, a firma Giusi Fasano, inerente la macchia di sangue repertata sulla macchina di Olindo Romano. Questo allo scopo di far capire perchè su questa storia si sia arrivati facilmente ad una sentenza di condanna anche a causa della disinformazione dei giornalisti.

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Leggiamo il paragrafo, poi lo analizzeremo:

LA MACCHIA DI SANGUE

Tutto sbagliato, secondo la difesa, riguardo a quel reperto. A cominciare dal verbale che ne dà conto, firmato non dalla persona che lo ha repertato. Sbagliate le modalità tecniche per repertarle, sbagliato considerarla così limpidamente pura e non frutto di un «contaminazione», cioè portata inavvertitamente sull’auto da qualcuno degli inquirenti che quella sera stava operando sulla scena del delitto. «La traccia era particolarmente nitida» scrive la Cassazione, «tanto da consentire di esaltare con puntualità il profilo genetico di Valeria Cherubini (…) Trattandosi di una traccia di alta qualità, si doveva escludere che potesse aver subito tanti passaggi e che fosse stata esposta a fattori degradanti». In quanto al verbale firmato da carabinieri diversi da chi fece il prelievo, «per quanto discutibile come prassi la corte territoriale ritenne che tale modus operandi fosse comprensibile in ragione della concitazione del momento».

I GROSSOLANI ERRORI DEL CORRIERE DELLA SERA

Per capire quanto siano grossolani gli errori del Corriere della Sera, partiamo dalle prime righe del paragrafo:

Tutto sbagliato, secondo la difesa, riguardo a quel reperto. A cominciare dal verbale che ne dà conto, firmato non dalla persona che lo ha repertato.

 

Purtroppo Giusi Fasano confonde ciò che accadde nel verbale di perquisizione sull’auto di Olindo, avvenuta la stessa notte della strage dell’11 dicembre, e quello di repertazione sull’auto, avvenuta il 26 dicembre (il verbale è del 28 dicembre). Si tratta di due cose completamente diverse.

Nel corso della perquisizione non fu fatta alcuna repertazione e la frase “cominciare dal verbale che ne dà conto, firmato non dalla persona che lo ha repertato” è così totalmente campata per aria.

La difesa, infatti, contestò il fatto che nel verbale di perquisizione della notte della strage vi erano i nomi di carabinieri che poco prima erano saliti nel palazzo della strage e che potevano così aver portato la macchia sull’auto, in particolare il carabiniere Rochira. In aula il comandante Gallorini disse invece che a fare la perquisizione fu il carabiniere Moschella, che a verbale però non c’era e che era l’unico a non essere salito sul luogo della strage.

Il carabiniere che fece invece la repertazione il 26 dicembre si chiama Carlo Fadda e la difesa non contestò affatto che fosse persona diversa da quella che aveva firmato il verbale.

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La confusione della giornalista è però totale, tanto che l’equivoco prosegue poco dopo:

In quanto al verbale firmato da carabinieri diversi da chi fece il prelievo, «per quanto discutibile come prassi la corte territoriale ritenne che tale modus operandi fosse comprensibile in ragione della concitazione del momento».

 

I giudici si riferiscono infatti al verbale di perquisizione della notte della strage dell’11 dicembre, non al verbale di repertazione del 26 dicembre.

Il punto chiave, che la giornalista ritiene invece sia già risolto sulla macchia di sangue, è invece il seguente:

«La traccia era particolarmente nitida» scrive la Cassazione, «tanto da consentire di esaltare con puntualità il profilo genetico di Valeria Cherubini (…) Trattandosi di una traccia di alta qualità, si doveva escludere che potesse aver subito tanti passaggi e che fosse stata esposta a fattori degradanti».

 

Ecco, il punto è il seguente: il professor Carlo Previderè, che analizzò la macchia, disse appunto che si trattava di una macchia di alta qualità, densa, originale.

Il carabiniere Fadda, che asserì di averla repertata il 26 dicembre (e che nulla c’entra con i verbali citati da Giusi Fasano sulla perquisizione dell’auto) parlò invece di una macchia lavata e degradata tanto da essere invisibile alla lampada Crimescope, che invece individua macchie di alta qualità, densa, originale.

Come fa la macchia ad essere allo stesso momento di alta qualità e originale e lavata e degradata al punto da essere invisibile al Crimescope?

È in questo contesto che si focalizzano le nuove prove. Ma certo, se si fa confusione su due verbali scritti a 15 giorni di distanza, è difficile arrivare al punto.

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Sul riconoscimento di Mario Frigerio vi rimando al podcast sul nostro canale, dove potrete ascoltare personalmente gli audio mai entrati a processo in cui il testimone non ricordava nulla nei giorni successivi al riconoscimento asseritamente avvenuto il 20 dicembre con il comandante dei carabinieri di Erba Luciano Gallorini. Per comodità, lo incorporo qui:

Nella versione aggiornata de Il grande abbaglio, troverete altri errori grossolani riportati dai cronisti nel raccontare la strage, con i link ai rispettivi articoli nella versione ebook. Altri li trovate qui:

Strage di Erba, gli audio mai entrati a processo a Le Iene e l’imbarazzante impreparazione dei giornalisti – GUARDA

Quarto Grado e la strage di Erba: le verità non raccontate in tv – GUARDA

L’erba del vicino – la risposta a Selvaggia Lucarelli di Edoardo Montolli, cronista di ”Oggi” che da anni segue il caso erba – DAGOSPIA

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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