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Astrazeneca, la morte di Camilla Canepa e le tangenti liguri

Astrazeneca, com’è noto, ha ritirato dal mercato il suo vaccino contro il Covid. Ufficialmente – dopo aver distribuito in tre anni oltre tre miliardi di dosi – perchè non c’è più domanda di fronte ai nuovi vaccini mirati. Ma a nessuno sfugge che in Gran Bretagna sia stata attivata una class action da parte chi ha sofferto di coaguli di sangue, tanto che l’azienda farmaceutica ha recentemente ammesso in tribunale che in «rarissimi casi» il suo prodotto può causare trombosi.

I giornali italiani l’hanno presa per una notizia clamorosa. E sono subito corsi ai ripari, rassicurando la popolazione sull’estrema rarità dell’evento e su quante vite abbia salvato il vaccino negli anni.

In realtà la notizia è tutt’altro che clamorosa. Ma non stupisce questo atteggiamento da parte della stampa.

Negli anni bui della pandemia, quando i virologi imperversavano in tv tacciando chi aveva dubbi sulla sicurezza dei vaccini di essere un novax e l’Italia diventava il primo Paese occidentale a rendere obbligatoria l’inoculazione dopo note patrie del diritto come Turkmenistan, Tagikistan e Micronesia, anche l’informazione si adeguò, smettendo di informarsi prima di informare.

Eppure, sui trombi causati dal vaccino di Astrazeneca, non c’era certo bisogno delle ammissioni in tribunale dei vertici aziendali: si sapeva tutto fin dall’inizio. E non da studi complottisti sul grafene, no. Dai documenti ufficiali che, scaricati dal sito del Governo italiano, sono tuttora disponibili su questo sito.

Come qualcuno ricorderà, il vaccino di Astrazeneca era stato sospeso in Italia nel marzo 2021 dopo la registrazione di alcuni decessi di giovani in tutta Europa, per poi ripresentarsi con il nome di Vaxzevria.

Di certo il suo consenso informato, ossia quello che il cittadino deve firmare prima di vaccinarsi – l’unico documenti che conti – cambiò. Nel primo consenso, ad esempio, era previsto un punto 10 che recitava: «Non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza». Poi, il punto 10 sparì, anche se la «lunga distanza» non c’era ancora stata.

Anche il foglietto illustrativo di Vaxzevria cambiò più volte, dietro richiesta dell’Ema, l’Agenzia Europea del Farmaco.

In quello dell’1 aprile 2021, era già riportato l’effetto raro di «una combinazione di trombosi e trombocitopenia». In particolare «in donne di età inferiore a 55 anni… Alcuni casi hanno avuto esito fatale».

Nel consenso informato del 12 aprile 2021 si avvertiva sull’effetto dei coaguli di sangue che si verificava «principalmente in donne sotto i 60 anni di età. In alcuni casi questa condizione ha provocato morte».

E il 26 maggio 2021 l’Aifa pubblicava un documento denominato “Complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti-COVID-19 con Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19, AstraZeneca) o con COVID-19 Vaccine Janssen (Ad.26. COV2.S, Johnson & Johnson)” in cui erano segnalati diversi casi di trombosi in soggetti vaccinati con Astrazeneca. Altro che «rarissimi» eventi.

Nessun giornale, o quasi, pubblicava niente, per non essere trattato da novax e deriso in tv.

Ma tutti – politici, medici, Comitato Tecnico Scientifico – sapevano, o erano tenuti a saperlo, perchè era scritto nero su bianco nei documenti governativi.

Senonchè, il giorno prima del rapporto Aifa, 25 maggio, si era vaccinata con Vaxzevria anche la 18enne Camilla Canepa, che aveva aderito agli Open Day della Regione Liguria. Morì il 10 giugno. Fu allora che assistemmo al vergognoso scaricabarile istituzionale, dove tutti sembrarono sorpresi: Comitato Tecnico Scientifico, ministero della Salute, Regione Liguria.

Il ministro Roberto Speranza, come se quella morte fosse un fulmine a ciel sereno, si decise finalmente a dire: «Abbiamo un messaggio chiaro su Astrazeneca, cioè evitare l’uso sotto i 60 anni».

Il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico Franco Locatelli annunciò che «essendo mutato lo scenario epidemiologico il rapporto tra benefici ed eventuali rischi di trombosi» Astrazeneca veniva indicato solo sopra i 60 anni.

E il governatore della Liguria Giovanni Toti, che aveva promosso l’Open Day per i giovani con Astrazeneca, se la prese con il Comitato Tecnico Scientifico, pubblicandone il parere fornitogli prima della campagna: «“Il CTS non rileva motivi ostativi a che vengano organizzate dalle differenti realtà regionali iniziative, quali i vaccination day, mirate a offrire, in seguito ad adesione/richiesta volontaria, i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni”. Ora ci aspettiamo un parere finalmente chiaro, definitivo e inequivocabile».

Ogni commento appare superfluo.

Restano due domande: quante possibilità avrebbe avuto Camilla di morire di Covid se non si fosse vaccinata? E si sarebbe vaccinata conoscendo i reali rischi?

Alla prima domanda si può rispondere con il report dell’Istituto Superiore di Sanità del 28 aprile 2021: a tale data, su 118.592 decessi in Italia, quelli nella fascia d’età 10-19 anni erano 14, la gran parte dei quali con una o più patologie croniche. Praticamente una soglia molto vicina allo zero.

Alla seconda domanda la risposta è che probabilmente, conoscendo i reali rischi, forse sia lei che molti altri dei giovani che parteciparono agli Open Day ci avrebbero quantomeno riflettuto sopra prima di vaccinarsi con Vaxzevria.

Ma certo, è impossibile rifletterci su quando su giornali e social impera la censura sugli effetti collaterali previsti dagli stessi produttori dei vaccini; quando i cronisti si fanno soppiantare dai cosiddetti debunker, che vedono complottisti ovunque. E quando i politici si limitano a strombazzare l’allarme dei virologi dei salotti televisivi, pronti pure a denigrare e irridere chi parla dei rischi già acclarati dai documenti ufficiali.

Oggi, dalle intercettazioni della Tangentopoli genovese, sappiamo però qualcosa di più. Ovvero che i dati dei contagi da Covid in Liguria furono all’epoca addirittura truccati al rialzo. E non una, ma ben due volte. Scrive il Corriere della Sera:

Squilla il telefono e spunta la voce di Maurizio Caviglia, segretario generale della Camera di commercio di Genova. I due discutono di dosi, di consegne e si lamentano del fatto che non arrivano. Non sanno di essere intercettati. A un certo punto Cozzani se ne esce così: «Il problema qual è stato… che io avevo già truccato, lui li ha presi, li ha riaumentati… quando me li ha rimandati. Ho guardato e gli ho scritto: “Ma c… Presidente, ma sono fuori…”. Ha detto: “Ma no, li ho un po’ aumentati”. “Ma l’avevo già fatto io” gli ho detto. “C… dimmelo che l’hai già fatto te…”».

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Era il 24 marzo 2021, in Regione avevano deciso di aumentare il numero dei contagi, alzando ulteriormente la soglia d’allarme per spingere alla vaccinazione e ottenere più dosi.

Giovanni Toti ne chiedeva 100 mila a settimana.

A maggio fece scattare gli Open Day con Astrazeneca.

Il 3 giugno annunciava trionfante l’imminente avvio della vaccinazione per gli adolescenti. E gongolava: «Come è già accaduto durante gli Open Day per gli over 18, presi d’assalto dai nostri ragazzi, siamo sicuri che anche in questo caso i giovani e giovanissimi daranno un segnale forte e inequivocabile della loro voglia di tornare il prima possibile alla normalità».

Lo settimana successiva Camilla Canepa moriva.

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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