In passato, determinare in modo preciso a quanto ammontavano i decessi provocati da un’epidemia, si è sempre rivelata un’impresa difficile.
I motivi sono intuibili.
Solo nella seconda metà del 900 i sistemi di rilevazione anagrafica, con il più esteso ausilio dell’informatica, hanno cominciato a diventare sistematici e aggiornati.
Inoltre, quando dal mero conteggio dei morti si passa ad un’analisi qualitativa, attribuendo ad ogni decesso una determinata causa sulla base di un giudizio di merito, inevitabilmente le cose si complicano ancor di più.
Conseguenza ne è stata che non solo per le calamità sanitarie o naturali, ma anche per gli eventi bellici, la conta dei lutti si è dovuta affidare a stime necessariamente approssimative.
Si potrebbe pensare che, nell’epoca dell’informatica distribuita e della comunicazione planetaria, un’informazione precisa e tempestiva sulla mortalità legata alla pandemia da covid 19 sia oggi disponibile.
Ebbene, Un recente articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature” lo smentisce.
Di nuovo, di potrebbe ritenere che ciò dipenda dal fatto che , anche nel secondo decennio del 2000, non tutte le nazioni, e in particolare per quelle economicamente sottosviluppate, possono permettersi rilevazioni statistiche rapide e complete sull’andamento demografico della propria popolazione. Inoltre alcuni stati, ad esempio quelli con governi totalitari, sono reticenti a rivelare questo andamento o semplicemente lo trascurano.
In realtà, l’articolo citato evidenzia un difetto endemico anche ai paesi con un sistema sanitario attrezzato e trasparente.
Il problema nasce dalla difficoltà di classificazione dei decessi. Il covid 19, com’è noto, incide soprattutto nella popolazione che ha malattie pregresse, cosicché non è agevole, o comunque non sempre immediato, stabilire se un deceduto ha avuto un fatale peggioramento a causa del virus, oppure versava in uno stato di salute già irrimediabilmente compromesso.
Un metodo, grezzo ma efficace, che consente avvicinarsi alla situazione reale, in realtà c’è.
Si tratta dell’analisi statistica dell’eccesso di mortalità globale.
Il criterio su cui si basa è molto semplice. Ogni anno muore un certo numero di persone, per cui è logico attendersi che quel numero di decessi tenda a mantenersi costante anche negli anni a venire, a meno che non si manifesti una nuova, non prevedibile, causa di mortalità. Una guerra, per esempio o, appunto, una pandemia.
Qualora dal confronto tra mortalità ante e post l’evento “catastrofico”, emergesse un surplus di decessi si può ragionevolmente considerarlo come effetto di tale evento.
I risultati di tale analisi non sono confortanti.
Secondo il modello sviluppato e applicato dalla rivista The Economist di Londra, come si vede nel grafico seguente, a gennaio 2022 tra i 5.5 milioni di morti per covid ufficialmente segnalati nel mondo e l’eccesso di mortalità per tutte le cause rilevato nel periodo pandemico c’è un’enorme discrepanza, oscillante tra i 6,5 e i 16, 5 milioni di vittime in più.
Questa differenza è un po’ meno larga, ma comunque imponente, secondo i calcoli effettuati dall’ IHME ( Institute for Health Metrics and Evaluation) di Seattle un organismo specializzato in statistiche epidemiologiche, che indica un surplus di morti tra i 3,5 e i 12,5 milioni.
La successiva tabella, sempre riportata nell’articolo di Nature, opera un raffronto tra stime basate sull’eccesso di mortalità riguardante altre gravi epidemie registratesi nell’ultimo secolo, tra cui quella, tristemente famosa, scatenata dall’influenza “spagnola”.
metrico | COVID-19 | Influenza 2009 (H1N1) | Influenza 1968 (H3N2) | Influenza 1957–59 (H2N2) | Influenza 1918–20 (H1N1) |
---|---|---|---|---|---|
Tasso di mortalità in eccesso pro capite (stima) | 0,15–0,28% | 0,005% | 0,03% | 0,04% | 1% |
Le morti in eccesso globali (stima) sono state adeguate alla popolazione del 2020 | 12 milioni-22 milioni | 0,4 milioni | 2,2 milioni | 3,1 milioni | 75 milioni |
Età media alla morte (anni; solo Stati Uniti ed Europa) | 73–79 | 37 | 62 | 65 | 27 |
Come si può notare la pandemia da covid d 19 è superata, per virulenza, proprio solo dalla “spagnola”. E’ ragionevole ritenere che in gran parte la maggior letalità fatta registrare da quest’ultima dipenda dal fatto che negli anni 20 del secolo scorso i presidi sanitari pubblici, per la maggior arretratezza della scienza medica, erano nettamente meno efficaci e diffusi di oggi.
L’articolo di Nature fornisce una tabella molto interessante ricavata dal World Mortality Dataset (WMD), che elabora in modo accurato i dati sulle vittime della pandemia e quelli sull’eccesso di mortalità provenienti da 117 paesi. I curatori di questo data base sono gli scienziati Ariel Karlinsky, economista dell’Università Ebraica di Gerusalemme in Israele, e Dmitry Kobak, statistico dell’Università di Tubinga, in Germania.
Come si vede si registra un gap tra decessi segnalati e surplus nella mortalità generale in tutte le nazioni prese in considerazione. L’Italia è uno dei casi meno critici, mentre balza agli occhi la rilevante sproporzione riguardante la Russia.
Due grafici segnalati da Nature sono particolarmente interessanti.
Il primo mostra ( vedi sotto) che una nazione molto popolosa come l’India, i cui dati ufficiali sui morti per covid si segnalano come molto contenuti nonostante un sistema sanitario non all’avanguardia – anche per la povertà diffusa – e scarse percentuali di vaccinati , risulti essere colpita da un rilevante eccesso della mortalità generale, spia di una molto maggior crudezza “di fatto” della pandemia.
Il secondo (vedi sotto) approfondisce il concetto.
E’ noto che, stando ai dati ufficiali, si verifica una sorta di paradosso, per cui le nazioni più ricche come quelle europee, tra l’altro con una elevatissima diffusione della vaccinazione, hanno tassi di contagio e di mortalità più alti della nazioni più povere.
Questa differenza di attenua significativamente se, invece di conteggiare le morti segnalate, si fa riferimento al parametro dell’eccesso di mortalità .
Ovvero i paesi in via di sviluppo o a basso grado di sviluppo hanno un numero reale di decessi per covid molto più elevato di quanto risulta dai dati ufficiali sulla pandemia. Evidentemente questi sottostimano in modo marcato l’impatto del contagio.
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