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Legend di Brian Egeland : la sindrome di Corleone

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Probabilmente molti si aspetteranno che, parlando di questo film, tessa soprattutto gli elogi di Tom Hardy, eccellente attore inglese che vi si esalta interpretando il ruolo di entrambi i gemelli Ronald e Reginald Kray, gangster londinesi degli anni 60. In effetti, la performance di Hardy è notevole, al livello delle migliori  doppie interpretazioni nella storia del cinema, tra le quali non esito a inserire, a costo di suscitare ironie, quella di Paolo Villaggio in Fracchia la belva umana. Benché Hardy sia aiutato dal trucco digitale nelle scene in cui Ronald e Reginald compaiono assieme (addirittura in una vengono alle mani!) la caratterizzazione dei due personaggi è così ben curata che il dubbio della stessa identità non sfiora mai lo spettatore.
In verità, la visione di Legend mi ha fatto riandare alla triologia di Goodfather di Francis Ford Coppola. Intendiamoci: il film di Egeland, pur di ottima fattura, non raggiunge le vette dei capolavori assoluti regalatici dal regista italo americano con il Padrino 1, 2 e 3 (sì, checché se ne dica anche questultimo lo è al pari degli altri due).
Il film di Egeland (noto soprattutto come sceneggiatore: sua la magistrale sceneggiatura, premiata con lOscar, di L.A. Confidential) può essere ascritto allo stesso genere, la gangster story dalla parte dei gangster, de il Padrino, e produce un fenomeno su cui merita di soffermarsi, una variante della “sindrome di Stoccolma” ( il meccanismo psicologico che porta gli ostaggi a parteggiare per i sequestratori) che potremmo definire, in onore al ciclo coppoliano, “sindrome di Corleone”.
Ebbene, quando si guarda un film che descrive con crudezza il mondo della malavita dalla prospettiva dei suoi appartenenti si finisce per affezionarsi ai protagonisti, malgrado la loro negatività.
Così i gemelli Kray, uno prepotente e avido, l’altro psicopatico e crudele, assurgono, alla fine, davvero a leggenda, come recita il titolo, e poco importa che siano stati i boss dominanti della mala londinese all’epoca della beat generation. La loro perversione criminale, fatta di spregiudicato uso della violenza, dell’intimidazione e della corruzione, sfuma in secondo piano, facendo emergere i lati buoni delle loro figure, in particolare l’orgoglio delle proprie radici proletarie, la volontà di riscatto sociale, e il profondo affetto che li lega.

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Rino Casazza

Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato un numero imprecisabile di racconti e 15 romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi in cui rivivono come protagonisti, in coppia, alcuni dei grandi detective della letteratura poliziesca. Il più recente è "Sherlock Holmes tra ladri e reverendi", uscito in edicola nella collana “I gialli di Crimen” e in ebook per Algama. In collaborazione con Daniele Cambiaso, ha pubblicato Nora una donna, Eclissi edizioni, 2015, La logica del burattinaio, Edizioni della Goccia, 2016, L’angelo di Caporetto, 2017, uscito in allegato al Giornale nella collana "Romanzi storici", e il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018. Nel settembre 2021, è uscito "Apparizioni pericolose", edizioni Golem. In collaborazione con Fiorella Borin ha pubblicato tre racconti tra il noir e il giallo: Onore al Dio Sobek, Algama 2020, Il cuore della dark lady, 2020, e lo Smembratore dell'Adda, 2021, entrambi per Delos Digital Ne Il serial killer sbagliato, Algama, 2020 ha riproposto, con una soluzione alternativa a quella storica, il caso del "Mostro di Sarzana, mentre nel fantathriller Al tempo del Mostro, Algama 2020, ha raccontato quello del "Mostro di Firenze". A novembre 2020, è uscito, per Algama, il thriller Quelle notti sadiche.

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