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Delitto di Serena Mollicone: ecco perchè la porta non è il mezzo lesivo

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Serena Mollicone muore fra l’1 e il 2 giugno 2001. Nel 2008 gli inquirenti si accorgono che una porta della caserma dei Carabinieri di Arce ha un danno come in figura: forma vagamente rettangolare, larga cm 8,5, alta cm 9; lesione inferiore cm 150 da terra, lesione centrale cm 154, lesione superiore cm 159.

serena mollicone

Qualcuno ipotizza che la rottura della porta sia stata causata dalla testa di Serena sbattuta proprio contro la porta e che per tale motivo la ragazza ha una ferita all’arcata sopraccigliare sinistra. Tutte le iniziative vengono così direzionate a dimostrare che la porta è il mezzo lesivo. Il Pm incarica l’anatoma patologa Cristina Cattaneo di verificare l’esattezza dell’ipotesi. La Cattaneo conclude che la porta è il mezzo lesivo e che il danno è stato provocato proprio dall’urto del capo di Serena con la porta stessa, ecco la risposta “…la frattura, vale a dire a 1.54 m in media dalla sua base (da terra) coincide con l’altezza approssimativa di Serena Mollicone, vale a dire 1.55 m circa (come da verbale autoptico). Se immaginiamo una forte spinta del corpo, o della testa in particolare, che spinge quest’ultima, nella sua parte sinistra, contro la porta, possiamo ragionevolmente concludere che l’impatto della testa con la porta avverrà all’incirca a quest’altezza, che grossolanamente coincide con l’altezza della lesione nella porta.”.

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Allora il Pm affida a tre esperti dei Ris l’incarico di verificare se i 23 frammenti lignei rinvenuti sui due nastri (circa 7 metri) che avvolgevano il capo e il collo di Serena fossero stati “esplosi” dalla porta al momento dell’impatto: la risposta, purtroppo per la scienza e la verità, è positiva… ma doppiamente fallace come vedremo in seguito.

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Comunque nulla di quanto concluso dai consulenti del Pm è vero: lo dimostrammo al processo di primo grado e le nostre osservazioni e deduzioni vennero accettate in toto dalla Corte, tanto che la porta non venne ritenuta il mezzo lesivo, vediamole.

Confutazione alle conclusioni della Cattaneo. Serena era alta cm 155 ed aveva la ferita sul sopracciglio sinistro all’altezza di cm 144 da terra, quindi se fosse stata spinta contro la porta avrebbe provocata la lesione centrale sulla porta non a cm 154 da terra, ma a cm 142, 140 o 138, anche perché non poteva avere i piedi uniti e le gambe tese. Sulla porta mancavano altre tracce d’urto che dovevano esserci se Serena fosse stata sbattuta contro, quali la spalla sinistra, le mani a difesa, il Dna. Inoltre, poiché la direzione d’urto che aveva provocato il buco era orizzontale, era impossibile che Serena fosse stata sollevata da terra e sbattuta: ciò non corrispondeva ai parametri d’energia necessari ed alle direzioni delle forze. Nemmeno esisteva la corrispondeva di altezza fra la zona della testa che presentava il complesso lesivo con la frattura sulla porta. Nulla quadrava.

Confutazione alle conclusioni dei Ris. I tre CTPM avevano effettuato il Transfer Test, facendo cadere per 5 volte su una porta gemella a quella incriminata una testa in vetroresina con una parrucca, e ogni volta tramite un nastro adesivo adesivo largo cm 5 e lungo cm 20 repertavano i frammenti lignei proiettati dalla porta sui capelli. I risultati furono 21, 22, 29, 33 e 38 frammenti rinvenuti: una media di 28,6. Pensarono: “Nel caso reale ne abbiamo trovati 23, e qui la media è di 28,6 ci siamo: la porta è l’arma del delitto”.

serena mollicone

Doppio errore: i 23 frammenti del caso reale erano disposti sui due nastri lunghi circa 7 metri e non su 20 cm, quindi la media aritmetica e la distribuzione del caso reale su 20 cm non era di 23 frammenti su 20 cm, ma di 0,66 frammenti… sempre su 20 cm di nastro; II) il nastro sopra la busta che stringeva il collo di Serena MAI è venuto in contatto con la porta, quindi i frammenti lignei che conteneva provengono da un oggetto diverso dalla porta, ed essendo uguali per composizione a quelli rinvenuti sul capelli, anche questi non provengono dalla porta.

Discorso chiuso: la porta non è l’arma del delitto o mezzo lesivo!

Carmelo Lavorino

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Carmelo Lavorino

Carmelo Lavorino, criminologo investigativo e criminalista, profiler ed analista della scena del crimine, è fondatore e direttore del CESCRIN (Centro Studi Investigazione Criminale) e della rivista DetectiveCrime. Già docente universitario in "Tirocinio sopralluogo e scena del crimine" e in “Protezione delle istituzioni, persone ed eventi” presso l'Università di L'Aquila al Corso di Laurea Scienze dell'Investigazione. E' relatore presso Master Universitari e di alto livello. Si è interessato di oltre 200 casi d'omicidio, fra cui i delitti del Mostro di Firenze e del processo a Pietro Pacciani, di Via Poma vittima Simonetta Cesaroni, del serial killer Donato Bilancia, di Cogne vittima Samuele Lorenzi, di Arce (sia per la difesa di Carmine Belli, sia per la difesa della famiglia Mottola), del piccolo Tommaso Onofri, di morti equivoche e di omicidi camuffati da suicidi come le morti di Viviana Parisi e Gioele Mondello (Giallo di Caronia), di Glenda Alberti, di Claudia Agostini, di Marcella Leonardi, di Rodolfo Manno, del brig. Salvatore Incorvaia, di cold cases, rapine e violenze sessuali. È specializzato in investigazione criminale, esame ed analisi della scena del crimine e del modus operandi del soggetto ignoto autore del crimine, organizzazione e coordinamento di Pools tecnici e investigativi, management dell'investigazione criminale, BPA (Bloodstain Pattern Analysis – Analisi dello schema di formazione delle macchie di sangue), analisi criminali sistemiche. E' creatore del Metodo MOCCI (Modello Operativo Criminalistico Criminologico Investigativo) e dell'ACCISF (Analisi Criminalistica Criminologica Investigativa Sistemica Forense).

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