I tempi sono cambiati. Le maschere cinematografiche degli anni ’70 sono scomparse per sempre. Cosa resta della grande commedia italiana? Esiste qualcuno che possa ereditare lo scettro di Re della risata?
Avete presente quando al lago si lancia un sasso piatto e questi rimbalza sul pelo dell’acqua per quattro o cinque volte prima di sprofondare perso per sempre?
Bè, ho appena finito di leggere l’autobiografia di Jerry Cala’ e, all’ultima pagina, mi sono sentito come il quinto di quei rimbalzi.
Sono nato alla fine degli anni ’70 e, diciamocelo chiaro, la grande commedia italiana l’ho appena sfiorata. Insomma, la canzone stava già sfumando quando mi trovai a sentirla per la prima volta.
Ne ho parlato spesso con mia moglie, di sette anni più giovane di me:
“Cazzo, ma ti rendi conto? Nostro figlio, probabilmente, non sentirà mai parlare di Montesano, di Tomas Milian, di Bud Spencer e Terence Hill. Dio mio! Bud Spencer e Terence Hill!”
“Ma che vuol dire?” risponde generalmente lei per l’ennesima volta “Ogni epoca ha i suoi miti. Ci sarà qualcun altro che rappresenterà la commedia e farà ridere tanto quanto hanno fatto quegli altri ai tuoi tempi.”
Di solito a quel “ai tuoi tempi” m’incupisco e fisso il vuoto per venti minuti abbondanti.
Eppure mi viene in mente lo Zelig, con i suoi tormentoni (Chi è Tatiana?!) ed i suoi comici tutti così precisi, preparati, opachi.
Mi mancano le scazzottate, l’espressione di sufficienza di Celentano, le sfighe di Villaggio, la stupidità di Abatantuono, le frasi senza senso di Pozzetto, l’innocenza di Montesano, l’accento di Banfi e la giovinezza di Christian De Sica.
E, sforzando ancor di più la memoria, mi mancano le smorfie di Totò, il piglio del suo socio, il sorriso di Manfredi, quello di Fernandel, le sfuriate di Fabrizi, la versatilità di Sordi e la semplicità di Macario.
Chi è Tatiana?!
Sarà che i tempi sono cambiati, che la gente fa la coda per tali Benji e Fede, che gli YouTubers dal nulla diventano star del cinema. Però, vittima dei “miei tempi”, mi ritrovo sempre più impotente a subire a malincuore il cambiamento.
Nel libro di Cala’ ho trovato il fascino degli anni ’70 e ’80. I Gatti di Vicolo Miracoli che incassano trecentomila lire a serata che, dopo un passaggio in Tv, diventano dodici milioni. I produttori cinematografici che distruggono amicizie decennali, le reti locali, i club di periferia.
Non so, forse sono davvero io che sono invecchiato ma, ora, mi rivolgo ai miei coetanei:
Guardatevi attorno, vedete un erede di Terence Hill? Vedete uno showman che valga un’unghia di Celentano? Riuscite a ricordare una risata più fragorosa di quando avete visto Villaggio con la testa nella pentola e una patata in bocca?
“Fantozzi, è lei?”
Va bene, ve lo concedo, Checco Zalone è in gamba. Fa ridere. La comicità del suo personaggio è costruita sulla sua geniale ignoranza e innegabilmente funziona.
Ma ricordate le commedie corali alla Grand Hotel Excelsior o I Grandi Magazzini? Quale comico attuale sarebbe in grado di ritagliarsi un ruolo indimenticabile come quello interpretato dai suoi predecessori?
E’ qua la differenza: nell’identificazione di una personalità.
Negli anni ’70 e ‘80 c’erano dei gruppi di comici, dai Giancattivi a Cochi & Renato, con all’interno delle particolari individualità, tipo Nuti o Pozzetto. I produttori cinematografici facevano una scelta e firmavano assegni. In questo modo ci siamo trovati con un’indimenticabile eccellenza.
Ehi, alle spalle ci siamo lasciati Cochi Ponzoni e Alessandro Benvenuti, mica roba da poco.
Oggi basta un Frank Matano che fa gli scherzi telefonici su YouTube o Paolo Ruffini che doppia in maniera goliardica i kolossal americani per avere due nuove star.
Ma usciamo dalla commedia. Parliamo del genere “impegnato”.
Vi snocciolo così, alla rinfusa, una manciata di nomi del passato:
Mastroianni, Vittorio De Sica, Gassman, Anna Magnani…
E che dire di Troisi? O di Tognazzi?
O del primo Benigni?
Riuscite davvero a trovarvi un qualsiasi erede?
Sarò davvero invecchiato, amici, ma penso che questo paese debba alzarsi in piedi e reinventarsi da capo. E non mi riferisco esclusivamente al mondo dello spettacolo.
Del resto non vedo neppure nessun erede di Berlinguer.
E per mio figlio, forse, questa è la prospettiva peggiore.
Alex Rebatto
2084 di Alex Rebatto per Algama Editore