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Don Camillo, Peppone e i fuorilegge

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Don Camillo e Peppone mentre mangiano durante una puntata della serie tv ambientata a Brescello in provincia di Reggio Emilia

 

C’era una volta, nella bassa, un paesino dove il sole batteva sulla testa della gente e ne confondeva le idee. Questo era il paese nel quale un combattivo prete di nome Don Camillo affrontava il sindaco comunista Giuseppe Bottazzi, per tutti Peppone. Un’amicizia lunga una vita, fin dai tempi della guerra, che si costruiva sulla celata stima reciproca. Giovannino Guareschi, padre delle loro innocenti gesta, si era immaginato un paese candido, un angolo di paradiso dove le miserie degli uomini si scontravano con la bontà e la saggezza finendo necessariamente sconfitte.
Di anni ne sono passati tanti, persino troppi, e ora quel paesino della bassa torna a far discutere.
Il bianco e nero del Mondo piccolo ha assunto colori diversi, persino più cupi.
Peppone, nel suo ufficio all’interno del municipio a pochi passi dalla chiesetta del paese, non siede più. E’ morto, forse per la vecchiaia e forse per quel suo maledetto bisogno di sfidare a cazzotti chiunque non la pensasse come lui.
Al suo posto le generazioni si sono susseguite implacabili, rimanendo loro malgrado imprigionate tra le tele della moda, del successo, del business. L’officina è ormai un magazzino vuoto con l’insegna Vendesi appiccicata alla porta di legno secco. La Madonnina del Borghetto è stata portata sulla strada, fuori dal paese, ad attirare i curiosi. La sua casa, dal balcone della quale tanti anni prima aveva mostrato il figlio appena nato ai compagni, ora è abitata da una certa famiglia del meridione arrivata nei primi anni ottanta.
E il parroco? Quel Don Camillo che faceva volare i tavoli sulla testa di chi lo prendeva in giro, che si era finto comunista per potersi aggregare alla comitiva in visita in Russia, che si era fatto rubare tutti i polli, che fine ha fatto?
Anche lui è scomparso, amici. E con lui il Brusco, lo Smilzo, la povera signora Cristina, il piccolo Lenin, il Nero e tutti gli altri.
Hanno lasciato Brescello alla sua vita. L’hanno abbandonata.
Negli anni la musica si è fatta triste. Il paese ha cercato di conservare una facciata di cellulosa per spennare turisti dalla buona memoria. I sindaci e i parroci hanno cambiato volto, si sono rincorsi sulle poltrone e hanno finito per essere fagocitati dal sistema.
Povero Peppone…
Se solo avesse saputo che quel suo così bel paese sarebbe finito nelle mani delle cosche calabresi, forse, se ne sarebbe guardato bene dal togliere il disturbo.
Posso persino vederlo mentre chiama i suoi, in una segretissima riunione notturna, giù in sede.
“Non possiamo permetterlo!” sbotterebbe con una manata sul tavolo “Dobbiamo impedirglielo!”
E alle sue spalle, davanti agli occhi spalancati dei compagni, la porta di aprirebbe con uno schianto.
“E glielo impediremo!” direbbe il nuovo arrivato sistemandosi il berretto nero in testa.
Peppone si volterebbe (riuscite a vederlo?) e sorriderebbe a Don Camillo.
Poi si alzerebbe, gli stringerebbe la mano e ordinerebbe allo Smilzo di versare il lambrusco.
“Ho un piano” direbbe infine tirando fuori dal taschino della camicia due sigari.
E tutto sarebbe bello, laggiù nella bassa.

Alex Rebatto

2084 di Alex Rebatto per Algama Editore

 

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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