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DELITTO VARANI E PENA DI MORTE/ Il lungo giorno di Rita nel West

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Ci risiamo.
Inevitabili, dopo la notizia dell’omicidio di Luca Varani per mano di due universitari strafatti, le solite violenti proteste riguardo alla semplice detenzione per i due assassini. Gli italiani, per loro stessa natura, oltre che allenatori di calcio, cantanti, amministratori e cuochi provetti, sono anche straordinari giudici.
Capitanati stavolta da un’agguerrita Rita Dalla Chiesa (sì, proprio lei, quella stessa Rita che presentava Forum e che forse, visto il cognome che si porta dietro, dovrebbe considerare meglio il proprio valore mediatico) sono partiti in marcia i soldati armati fino ai denti con un obiettivo comune: vogliamo giustizia!
E come la vogliamo?
Insomma, diciamocelo chiaro: le leggi ci sono e, con qualche virtuosa interpretazione necessaria, possono risolvere ogni questione dal punto di vista giuridico. Cosa c’è che non funziona, allora?
La certezza della pena, direbbe qualcuno.
Non esattamente. Manca un cappio a cui appendere ladri, assassini, stupratori e razziatori.
Quindi eccoci qui, circondati dalle fiaccole e dai forconi, ad assistere all’ennesima campagna a favore della pena di morte.
Ora, è evidente che la rabbia nei confronti di Foffo e Prato, i due giovanissimi killer, sia tanta. Sono quelle situazioni che, di getto, ti portano ad agitare il pugno gridando vendetta.
Per fortuna, però, non siamo nel Far West. Rita Dalla Chiesa non è Clint Eastwood e Renzi il governatore mandriano. Siamo in un paese civile, nel limite del possibile.
E’ da un pezzo che una fazione politica in particolare cresce sull’entusiasmo del motto “se qualcuno prova ad entrarmi in casa lo ammazzo”.
Quindi, mettiamo caso, dovesse essere legalizzata la “difesa della proprietà privata” attraverso un’arma da fuoco, che quindi si considerasse legittimo anche un omicidio perpetrato in situazioni che lo rendessero “legalmente necessario”. Mettiamo caso, aggiungo, che ogni omicidio (se ritenuto non necessario, ovvio) dovesse essere pagato con la pena di morte.
Mettiamo caso che le attenuanti, in queste situazioni, ovviamente non debbano né possano esistere.
Benvenuti a Gotham City, ragazzi.
Siamo italiani e conosciamo benissimo i nostri pregi e difetti. Una cosa che sappiamo fare bene è aggirare le leggi, anzi, rispettarle a modo nostro riuscendo quasi sempre ad uscirne con la coscienza quasi immacolata.
Siamo capaci di farla pagare al nostro vicino che ci frega il parcheggio, al pizzaiolo che per l’ennesima volta ci ha dato il resto sbagliato, al datore di lavoro insensibile, al vigile che ci ha affibbiato una multa ingiusta. Non saremmo capaci di far credere che un nostro lontano conoscente (con cui abbiamo litigato ferocemente taaaanto tempo fa) si possa essere nottetempo insinuato in casa nostra per fregarci l’argenteria costringendoci così a farlo fuori con un colpo a bruciapelo alla nuca?
Ma queste cose non succedono dalle nostre parti, vero?
Dalle nostre parti si uccide solo se si è degli strafatti ragazzini viziati ed è per loro che si deve appendere il cappio, non per chi riesce a stare nei confini della legge.
Sapete che vi dico? Stronzate.
Nel mio paese ideale le armi dovrebbero essere in mano solo alle forze dell’ordine, purché in grado di usarle senza abusarne. Le pene dovrebbero essere commisurate ai crimini e scontate fino alla fine, salvo casi eccezionali. La pena di morte dovrebbe essere vista come uno strumento medievale, da museo. E non c’entra nulla il padreterno o la solita litania del “solo Dio può decidere della vita di un essere umano”. Non è questione di religione o, peggio, di fazioni politiche che ripescano ancora da sottoterra primordiali istinti fascisti.
E’ questione di cultura, di sviluppo, di “intellighenzia”, come ha detto lo sceriffo Rita.

Alex Rebatto

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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