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GUIDA PRATICA ALLA PATERNITÀ

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Dieci punti necessari da conoscere per capire ed affrontare il nostro nemico numero uno. La miglior guida per non trovarsi impreparati alla paternità.

Mark Hines of Kailua plays with his son Ka'io Hines, 1, during sunrise at Kailua Beach in Kailua, Hawaii, October 19, 2003 in Kailua on the island of Oahu. Hines, a teacher in Honolulu said he wanted to let his wife sleep while his younger son woke up at before dawn. Hines recently moved to Kailua from Honolulu and this was his first sunrise since his family moved to their new home within walking distance to the ocean. NO RIGHTS CLEARANCES OR PERMISSIONS ARE REQUIRED FOR THIS IMAGE REUTERS/Lucy Pemoni LP/GAC - RTR598R

Punto uno.
Vostro figlio vi ripudia come genitore, mentore, educatore, essere umano e funzionario dei pannolini.
Ve ne renderete conto un paio di giorni dopo la sua nascita quando vi trasformerete in un incendio e lui in un estintore. Quando lo avrete sospeso tra le mani, con lo sguardo atterrito e la camicia fresca di tintoria gocciolante, lui smetterà per un secondo di piangere a dirotto.
Vi fisserà per qualche istante negli occhi e farà una smorfia divertita, come una specie di minaccia.
“Mi hai desiderato, vero? Fammi capire sul serio QUANTO mi hai desiderato.”

Punto due.
Persino un ragazzino di dieci anni saprebbe come mettere un pannolino ad un neonato. Voi, da ingegneri aerospaziali, vi trasformerete in marionette senza fili, incapaci, inebetiti e sofferenti.
Il bambino, una manciata di giorni appena, si muoverà come un gatto in una scatola. I maledetti adesivi da fissare al centro vi sfuggiranno dalle mani, il sudore v’imperlerà la fronte ed un pianto incontrollabile vi entrerà nelle orecchie.
Poi, quando finalmente avrete smesso di piangere, riuscirete a trovare il sistema perfetto.

Punto tre.
Nei primi mesi, il piccolo figlio del demonio, non farà altro che piangere, cercare cibo, riempire pannolini, lamentarsi e dormire a intervalli di dieci minuti.
Voi approfitterete di quei dieci minuti, ogni volta, convinti che possano essere quelli giusti. Quelli che vi permetteranno di recuperare le forze.
Il piccolo infame lo sa che aspettate solo quello. Lo sa benissimo…
Infatti fingerà di dormire e aspetterà che chiudiate gli occhi prima di caricare la gola a pallettoni calibro 44.

Punto quattro.
Imparerete a mangiare a tempo di record. Dimenticherete il telegiornale e le notizie del giorno, la vostra serie TV preferita, la vostra squadra del cuore e quello straordinario romanzo giallo sul comodino rimasto senza colpevoli alla penultima pagina.
La vostra testa verrà sommersa da coccodrilli che non fanno alcun verso, gatti nauseanti, bassotti indagatori, emuli di Tarzan, tribù di neri e elefanti sospesi.
Dimenticherete le canzoni di De Andre’ e Bob Dylan, i film di Spielberg e Hitchcock, le maratone de Il Signore degli anelli.
Vostro malgrado vi appassionerete ad una bambina e ad un orso e, dopo qualche ora, smetterete di attendere un omicidio che possa vivacizzarne le gesta.

Punto cinque.
I denti del demone col ciuccio si faranno vivi all’improvviso e vi regaleranno indimenticabili notti di veglia e ninnananne, di sbadigli sul posto di lavoro e urla che vi penetreranno nel cranio come chiodi arrugginiti implacabili. Il dolore passerà nell’arco di dodici ore e, dopo l’inferno subito, il vostro piccolo apriscatole nuovo di zecca vi guarderà con superiorità come a volervi dire:
“Tu non hai neppure idea di cosa sia il dolore.”
Poi vi rigurgiterà sulla spalla, per sottolineare il concetto.

Punto sei.
Il bavoso affamato di attenzioni avrà bisogno che lo educhiate nel migliore dei modi. Di volta in volta cercherà gli oggetti più pericolosi in vostro possesso e li userà affinché voi possiate saltare giù dalla poltrona con un tuffo da primo premio per rimuoverlo dalle sue sudate manine.
Dopo che gli avrete sequestrato una baionetta della seconda guerra mondiale carica e pronta all’uso, il piccolo guerrafondaio, vi guarderà fisso per qualche interminabile secondo.
Non piangerà. Non vi supplicherà. Resterà seduto sul tappeto a gambe incrociate e vi fisserà, semplicemente.
Poi annuirà appena, impercettibilmente.
Quello sarà un buon momento per fare un inventario di tutte le armi potenzialmente letali presenti nell’appartamento e disfarsene immediatamente.

Punto sette.
Dovunque porterete lo scansafatiche congenito lui vi riserverà occhiate deluse.
Al ristorante, al Luna Park, ad una fiera, a Gardaland, ad un concerto, in piscina, a Disneyland, ad un museo egizio. Lui avrà sempre la stessa, medesima, infastidita espressione.
Non ha bisogno di parlare.
Voi lo sapete e lui lo sa.
Basta una semplice parola: gonfiabili.
Potrete così strappare i biglietti in tribuna vip per Bruce Springsteen e ritrovarvi davanti ad un castello gommoso ricolmo di diavoli urlanti e saltellanti.

Punto otto.
I vicini busseranno alla vostra porta con la stessa frequenza dei testimoni di Geova la domenica mattina. All’inizio vi faranno notare con un sorriso comprensivo che “forse il piccolo sta giocando un po’ troppo rumorosamente” poi, di volta in volta, si faranno sempre meno concilianti.
Passeranno dai consigli per aiutarlo a dormire a una terapia medica calmante.
Infine si presenteranno a dozzine, brandendo delle torce accese, e v’inviteranno a traslocare nel più breve tempo possibile.

Punto nove.
Il giovane Attila farà amicizia con dei bambini altrettanto disgraziati. Cercherà prima di imitarli, poi di scambiarvi ciucci e giocattoli. Poi proverà a morderli, a spogliarli, a strappare loro gli arti e ad ucciderli. La maestra dell’asilo vi dirà che vostro figlio è leggermente irrequieto e voi resterete perplessi, col il piccolo Hannibal in braccio, a guardare l’ambulanza con la maestra a bordo partire a sirene spiegate verso l’ospedale più vicino.
Vostro figlio, a quel punto, vi batterà una mano sulla spalla come a farvi coraggio.
Lo sa che è dura ma, in fondo, conta su di voi.

Punto dieci.
Quando una sera tornerete a casa stanchi dal lavoro e crollerete sul divano con un bicchiere in mano ed un profumino di arrosto nelle narici, vi accorgerete di un innaturale silenzio. Andrete da vostra moglie a chiederle spiegazioni e lei si limiterà a dire che il piccolo “sta dormendo”.
Voi vi stiracchierete, poserete il maledetto bicchiere, vi toglierete le scarpe a raggiungerete la camera di vostro figlio.
Lo troverete addormentato, lo guarderete per qualche secondo e vi stupirete di nuovo di quanto vi somigli quel meraviglioso tormento.
Poi vi volterete e v’incamminerete verso l’uscita. Sarà a quel punto, con la mano sulla maniglia della porta, che sentirete alle vostre spalle “papà”.
E voltandovi lo scoprirete in piedi che vi sorride allungando le braccia per potervi stringere.
Solo a quel punto sarete Amici.

Alex Rebatto

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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