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Star Wars mi ha risvegliato qualcosa ma non la Forza

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Star Wars Locandina

Ho amato Star Wars, ma Il risveglio della Forza è una sciocchezza colossale. Non mi basta rivedere qualche vecchia gloria, una manciata di astronavi e un paio di spade laser per iniziare a inneggiare al capolavoro e, sopratutto, non sono sufficienti per passare sopra alle troppe “leggerezze” che fanno della pellicola un polpettone nostalgico con più buchi di una forma di groviera.

Hanno sprecato un’occasione ricalcando una trama già vista, farcita con una salsa di personaggi inconsistenti.

Arrivati a questo punto, è d’obbligo avvisare della presenza di alcuni spoiler nell’articolo.

Poco prima di Natale sono andato a vedere il nuovo capitolo di una saga che ha sempre esercitato un fascino sulle mie preferenze. Intendiamoci, la prima trilogia non era esente da difetti ma, nonostante i limiti, è riuscita a guadagnarsi un posto di tutto rispetto nell’immaginario collettivo.

Dopo trentotto anni dall’esordio, inframezzata da una parentesi prequel, sembra che nella “galassia lontana lontana” la storia stia per interrompere il loop in cui era incappata e sia pronta a gettare le basi per un futuro.

Purtroppo, non è andata così. Per non sbagliare a Hollywood hanno schiacciato il tasto rewind.

In merito all’episodio sette non ho intenzione di vivisezionare ogni singolo fotogramma per cercare tutti i difetti possibili, credo che un tale lavoro sia già stato fatto da Seth Abramson nell’articolo “40 imperdonabili errori nella trama di Star Wars, il risveglio della forza”, apparso su l’Huffington Post.

Non sono tutti così imperdonabili, su alcuni si può anche chiudere un occhio senza che l’economia dell’universo muti di una virgola, ma altri bisogna essere ciechi per ignorarli o troppo estremisti per rispondere con “sì, però l’episodio sette rispetta lo spirito della prima trilogia”.

Il film è fatto bene e ci mancherebbe, con tutti i soldi che hanno speso e le energie che hanno sprecato per confezionarlo, non potevano permettersi un lavoro dozzinale anche dal punto di vista tecnico.

La mia intenzione è di concentrarmi solo su alcuni aspetti e cercare di capire se alcune scelte abbiano davvero un senso oppure siano state messe un po’ “a pera”.

Partiamo dalla grossa novità. No, non è il restyling degli Stormtroopers o la parabola quadrata del Millennium Falcon, ma l’aver scelto una donna come protagonista. Rey (Daisy Ridley) è la nuova speranza per le sorti della galassia e, a quanto pare, si sono decisi ad affidare a una donna un ruolo principale.

Personalmente non mi da fastidio, non è che solo gli uomini possono salvare il mondo. Ad esempio, Kill Bill ha come protagonista una donna, ma a nessuno è mai venuto in mente di insistere su questo dettaglio per celebrare o affossare il lavoro di Quentin Tarantino.

Sorvolo sulla possibilità che si possa trattare di una scelta alle “quote rosa”, non posso sapere se la produzione ha scelto un’attrice solo per schivare eventuali critiche di maschilismo o perché erano davvero convinti che Rey potesse essere Jedi tanto quanto un uomo.

Allora, possiamo dire che Il risveglio della Forza non è l’ennesimo film maschilista? Diamo un’occhiata alle altre donne in scena e cerchiamo di arrivare a una conclusione più o meno ponderata.

Iniziamo con Capitan Phasma (interpretato da Gwendoline Christie). Per valorizzarla l’hanno rinchiusa sotto una bella armatura scintillante, con tanto di raffinato mantello, per differenziarla dagli altri soldati. Ma non è solo una questione d’estetica, oltre la corazza c’è di più. Infatti le hanno dato un carattere sadomaso; provoca Finn ma quando quest’ultimo le ordina di fare qualcosa, esegue senza nemmeno opporsi.

Direi che sembra una bella bambolina con cui giocare, niente di più.

Proviamo con Maz Kanata (interpretato da Lupita Nyong’o), la piratessa schierata dalla parte dei ribelli. Allora, niente bomba sexy aggressiva passiva, ma uno scricciolo verde con una saggezza millenaria e due occhi grandi con cui vede nell’anima delle persone, che la collocano nel ceppo dei familiari di E.T.

Nonostante la buona presenza scenica e il ruolo che ricopre nelle vicende, ha un gran personalità e lo si capisce dalla sua capacità di domare un wookie come Chewbacca e definirlo il suo ragazzo. Per certi versi, la donna tra i due sembra essere il gigante peloso. Si avvicina a qualche stereotipo maschilista? Sembra una donna/mantide religiosa un po’ troppo famelica e capace di sbranare il proprio compagno.

Capito perché Chew resta a guardia fuori e non entra nemmeno per un saluto.

Rimane solo la Principessa Leyla, confidiamo in lei come hanno già fatto Yoda e Obi-Wan Kenobi. Nel ’77 le principesse fiere e indomabili erano una rarità e la nostra era davvero unica. Nonostante l’abitino bianco da cerimonia o anche in versione micro bikini metallico, di lei si notava sempre e comunque l’indole ribelle e la determinazione. In questo nuovo capitolo cos’è diventata? Sono passati molti anni, l’attrice Carrie Fisher ha avuto alcuni momenti difficili nel corso della sua esistenza, quindi qualcosa è cambiato, ma avrà il suo riscatto? Gli anni l’hanno spezzata. Del carisma non c’è traccia, sembra che per tutto il tempo sia rimasta in disparte ad aspettare quel mascalzone rubacuori di Han Solo. Cosa ha fatto? Ha sospirato senza curarsi della costruzione di un’altra, l’ennesima, Morte Nera pompata da tecnologia letale e testosterone del Primo Ordine? No, non è andata così. Ha perso suo figlio, affidandolo alle cure di suo fratello e non è corsa a riprenderselo come farebbe, più o meno, ogni madre dell’universo… si è limitata ad aspettare Han Solo.

Niente da dire, una sceneggiatura tutta al maschile ha nuovamente relegato la femminilità al solito ruolo di bella presenza.

A proposito degli uomini. Han Solo è Han Solo, al di là della tautologia, Harrison Ford ha dato l’ultimo fiato al contrabbandiere senza togliere o aggiungere nulla. Quando il personaggio deve uscire dai panni dello scavezzacollo e provare a fare qualcosa di più serio, tipo essere un padre, finisce male.

Luke non pervenuto, ma nella sua assenza è rimasto coerente. Per l’occasione è ancora interpretato da Mark Hamill. Quando c’è stato bisogno di lui, non ha superato nessuna delle prove per diventare Jedi (va bene che è stata una full immersion breve e intensa, ma poteva fare qualcosa di più, in fondo era figlio di Darth Vader, uno che ti strozza con un’interurbana), alla prima uscita ci ha rimesso una mano e nel momento in cui avrebbe dovuto mettere fine all’Impero ha aspettato che fosse il padre a chiudere la faccenda. Nel nuovo capitolo dimostra più saggezza o capacità? Quando le cose sono andate a rotoli, cosa ha fatto? È andato a nascondersi su qualche pianeta sperduto e, nella fretta di andare a ricercare le origini, si è dimenticato anche dell’amico fidato R2-D2.

Le new entry maschili. Calerei un velo pietoso. Finn (interpretato da John Boyega) inizialmente è un elemento delle truppe d’assalto, poi un disertore e infine si qualifica come addetto alle pulizie. Viene da pensare che all’accademia militare tra l’addestramento per lo spazzolone e quello della nobile arte della scherma non ci sia una grossa differenza. Oppure vuole solo addolcire la sua militanza forzata nelle truppe dei cattivi?

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Com’è come non è, fa la figura di quello che non sa dov’è e non ha nemmeno tanto chiaro cosa deve fare, se non correre dietro a Rey.

E qui ci devo aggiungere del mio per cercare di capire qualcosa. Potrebbe essere una spia programmata per esserlo senza saperlo, ecco spiegato perché Kylo Ren non lo uccide con un paio si schiaffi e Capitan Phasma esegue i suoi ordini senza battere ciglio. Oppure è uno Jedi? Riesce a condizionare Capitan Phasma e limita la percezione della Forza che scorre in lui a un occhio di lince come Kylo Ren. Sarà quello che sarà, ma nell’episodio sette non ci sono indizi chiari e precisi e se per giustificare un personaggio lo spettatore deve iniziare a speculare, è chiaro che qualcosa della sceneggiatura non funziona.

Vedremo quale “clamoroso” colpo di scena ci aspetta nell’ottavo episodio.

Kylo Ren. Se dipendesse da me, darei un oscar ad Adam Driver. Non è facile rendere credibile un personaggio inconsistente. Si è ribellato al maestro Luke e non ci voleva molto, gioca a fare il cosplay del nonno e l’Amleto della situazione che, anziché uccidere lo zio usurpatore, cerca di compromettersi in qualche modo pur di prendere una strada. Non sapendo cosa fare, effettua una serie di scelte stupide, spacca consolle di comando ed è troppo spesso assistito dalla fortuna.

Se è il primo cavaliere di Ren, chissà gli altri!

Il futuro ci riserverà grandi sorprese? Devono esserci e, come minimo, i capitoli successivi dovranno essere dei capolavori dall’inizio alla fine, giusto per farci dimenticare questo pasticcio tremendo e fracassone.

I personaggi sono quello che sono, gli attori non c’entrano nulla anzi hanno recitato molto bene per il tono del film, non è colpa loro se lo spirito della vecchia trilogia viene stuprato o confermato nei suoi aspetti peggiori.

Un brodo di citazioni senza senso e completamente inutili con sequenze più vicine al plagio che all’omaggio e, senza troppa inventiva, sembra che stiano per gettare le basi per un’altra saga familiare. Chissà di chi è figlia Rey? Vuoi che tra un sospiro e l’altro gli sceneggiatori hanno pensato bene di far perdere anche una figlia a Leyla oppure hanno concesso un quarto d’ora a Luke per riprodursi e abbandonarla su qualche pianeta sabbioso, un po’ come hanno fatto con lui?

Nel desolante panorama attuale in cui trasmettono pellicole come Terminator Genisys che, in un colpo solo, riesce a essere reboot, remake e prequel, la pochezza dell’episodio sette è in linea con la scarsa qualità di buona parte dei moltissimi prodotti “artistici” attuali.

Sono un fan deluso, ma non un purista che non ammette qualche contaminazione o retrogrado al punto da rifiutare qualsiasi novità.

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Detto questo, io ho torto e i produttori e sceneggiatori di episodio sette hanno ragione. Sapete perché? Guardate gli incassi le cifre parlano chiaramente, la qualità… non serve a nulla e, a quanto pare, si vende poco e male.

Mirko Giacchetti

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Mirko Giacchetti

Mirko Giacchetti, fondato nel 1976 ha una carriera quarantennale nel settore esistenza. Si diletta a vivere e sciogliersi nelle parole che impressiona su file word. Appassionato di musica Rock e lettore onnivoro, scrive articoli e recensioni che diffonde nel web attraverso Milano Nera, Non solo gore, Letteratura Horror, La Tela Nera. Ha pubblicato con Dunwich Edizioni La regola del santo e del peccatore, Scommessa a Memphis e numerosi racconti in diverse antologie. Nel tempo libero, concepisce romanzi e sceneggiature. Ha anche una vita “normale”, ma è la parte meno interessante delle cose che fa. Del soggetto esiste anche una versione digitale su Facebook.

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