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Madri assassine/ Il terribile viaggio tra le madri che uccidono i propri figli

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Viaggio di Fronte del Blog tra le madri assassine: Megan Huntsman uccide i suoi sette figli appena nati. Nel 2010 un caso identico in Francia, dove una donna ne soffocò addirittura otto all’insaputa del marito. E in Italia? 

Megan Huntsman
Megan Huntsman, ha ucciso i suoi sette neonati nascondendoli in giro per la casa

Quando il marito ha trovato il primo cadavere, si è sentito male. Sua moglie, Megan Huntsman, 39 anni, se n’era già andata di casa da un pezzo, circa tre anni fa, lasciandolo solo con tre figlie: un’adolescente e ragazzi più due grandi. Sistemava le cose in garage per rimettere un po’ d’ordine. Poi ha trovato un contenitore sigillato. Vai a pensare qualcosa cosa, ma non quello che effettivamente c’era dentro, i resti del corpo di un neonato.

L’ORRORE IN CASA– Ripresosi dallo shock, l’uomo ha allertato immediatamente la polizia, che ha perquisito l’abitazione. Chissà, forse è stata un’intuizione: uno dietro l’altro, nel resto dell’abitazione sono stati rinvenuti altri sei corpi. Megan Huntsman è stata rintracciata e arrestata con l’accusa di omicidio.

DELITTI A RIPETIZIONE-  A Pleasant Grove, a cinquanta chilometri da Salt Lake City, sono increduli. I giornali americani raccontano che, secondo le prime ricostruzioni, i bimbi sarebbero stati partoriti tra il 1996 e il 2006. Ancor più sgomenti i vicini che, parlando coi giornalisti, hanno riferito che non si erano mai accorti che la donna fosse in gravidanza. Né loro, né, cosa incredibile a dirsi, il marito, sul quale infatti non grava alcun sospetto. Possibile? Sì.

IL PRECEDENTE IN FRANCIA- C’è infatti un precedente atroce avvenuto quattro anni fa in Francia. Anche in quel caso il marito non aveva sospettato nulla: la moglie, Dominique Cottrez, 47 anni, aveva soffocato addirittura otto figli appena nati. Fu proprio lei a scagionarlo, sostenendo finalmente di sentirsi liberata.  edlira copa

MADRI ASSASSINE IN ITALIA- L’ultimo caso registrato in Italia in cui una donna abbia ucciso i propri figli si è verificato invece il mese scorso, quando una madre albanese, Edlira Copa, 37 anni, ha massacrato con 90 coltellate tre figli. Viveva a Chiuso, Lecco, in una casa popolare. Le figlie Simona, Keisi e Sidny erano belle davvero come la madre le descriveva assiduamente su Facebook. E benvolute. Musulmane, frequentavano la parrocchia, rammenta il prevosto don Adriano Tacini, per integrarsi. Quando il marito l’ha lasciata, qualcosa non ha più funzionato nella sua testa: le ha uccise tutte. Ma perché? Difficile, quasi impossibile entrare nella mente di una madre che ammazza la propria prole. Anche se qualcuno, qualche anno fa, lo ha fatto. Scrivendoci poi un lungo reportage.

Le figlie di Edlira Copa
Le figlie di Edlira Copa

UN LIBRO INQUIETANTE- «La prima volta che sono stata a Castiglione delle Stiviere e ho parlato a lungo con Manuela, una mamma che ha ucciso il figlio a coltellate, sono tornata a casa frastornata. Per mesi non sono riuscita a mettere giù una sola parola». Alla fine però, Adriana Pannitteri, conduttrice dell’edizione del mattino del TG Uno, ce l’ha fatta. Ed ha scritto un libro sulle interviste raccolte con chi aveva ammazzato il proprio bambino, andando nell’ospedale psichiatrico di Castiglione, l’unico luogo che ospiti le autrici di infanticidi. Madri assassine, edito da Gaffi, è infatti il titolo del durissimo libro inchiesta scritto dalla giornalista, che benchè avvezza alla cronaca, (è in Rai dal 1991) mai aveva visto da così vicino il Male.

adriana pannitteri
Adriana Pannitteri, giornalista e scrittrice

LE MADRI ASSASSINE ITALIANE- Sposata con un imprenditore nel ramo edile, ha avuto con lui una figlia che oggi ha 13 anni. Ed è forse per questo contrasto tra lei, madre felice, e loro, madri disperate, che lo shock dei racconti di quelle donne non le ha permesso di scrivere nemmeno una riga per lungo tempo. «Perché all’epoca volli scrivere questo libro? Già dalla fine degli anni ’90 c’è stato un viavai di queste notizie di cronaca nera in redazione, da ogni parte d’Italia. Ho tentato di capire». Nel libro se ne citano alcuni esempi: Anna Maria Colecchia, 35 anni, che a Foggia (nel 1997) strangola i due figli e poi si impicca; Anna Pendolino, che a Caserta (nel 2000) si ammazza con i due bambini con il gas di scarico; Loretta Capone che a Santa Caterina di Valfurva (nel 2002) uccide la figlia di otto mesi in lavatrice. E ancora Herika Rebelo, a Desio, che nel 2003 ammazza il figlio nel water dell’ospedale in cui è ricoverato, o Cristina Rainer, che, nell’estate 2005 accoltella il suo neonato perché, sostiene, le ha risposto male.

IN MANICOMIO – Adriana ha parlato in particolare con due madri assassine, nella sala colloqui di Castiglione. Interviste come pugni nello stomaco. Come si può comprendere un delitto così atroce? «Evidentemente se sono ricoverate a Castiglione, un ospedale psichiatrico modello, è perché sono tutte persone malate. E la malattia mentale è spesso sottovalutata e in molti dei casi delle pazienti con cui ho parlato, ho avuto l’impressione che nessuno avesse colto i segnali del loro malessere interiore: la depressione. Avendo avuto un parente stretto malato di depressione, so cosa significa il non abbandonarli mai. In un certo senso ho tentato di comprendere cosa fosse questo male oscuro».

IL RUOLO DEI MARITI-  «Queste mamme, si evince dai racconti, lanciavano segnali, che nessuno capiva. I mariti sempre fuori per lavoro, i medici sempre pronti a dire “è un malessere passeggero, tranquilla”. E invece il male le logorava dentro, fino alla follia. Eppure se solo i mariti si fossero presi una decina di giorni per stare a casa con loro, se il dottore fosse stato meno superficiale… la depressione è una malattia vera. Se la donna, al posto che depressa, fosse stata malata di cancro, di sicuro non l’avrebbero abbandonata, no? Ecco, non si prende coscienza di quanto possa essere grave la depressione. Sono convinta che se la società avesse accettato la loro malattia, loro non avrebbero ucciso. Così come se ci fossero stati a vederle, prima, degli psichiatri seri».

AMNESIA DISSOCIATIVA- Come  giustificano i loro delitti queste madri? «Non ho conosciuto chi abbia compreso ciò che ha fatto. Lo nascondono a se stesse. Alcune mi dicono che si è trattato di un incidente, un’altra liquida tutto in fretta sostenendo che non avevano altra scelta. Poi, andando più a fondo, il dolore affiora dirompente: c’è chi maledice la persona che l’ha salvata dalle acque dove ci si era buttata con il figlio, ma anche chi dice che è stato un atto estremo d’amore». Questo  non riconoscere quanto accaduto e nasconderlo viene a galla poi nei disegni delle pazienti (pubblicati sul libro), ed è una malattia nota come amnesia dissociativa.

RIPRENDERE A VIVERE- Ma è possibile avere una vita fuori dall’ospedale, dopo aver commesso un delitto simile? «I medici dicono di sì. E anch’io credo che sia curabile, ma loro devono capire quanto hanno fatto». Anche se, ad oggi, esempi non ce ne sono. Si parla espressamente di un padre, uscito dopo un’esperienza di infanticidio, da Castiglione, e poi suicidatosi. La cosa più difficile, dopo quanto accaduto, è infatti distinguere la sanità mentale dalla pazzia. «Perché la follia si nasconde sempre sotto la normalità».

Manuel Montero

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ommenti

  1. dissento
    completamente e totalmente dalla diagnosi di ‘
    depressione” tout court della madri infanticide, e della conseguente considerazione
    che sarebbe bastata una presenza maggiore dei mariti, al
    loro
    fianco. Ed anche, dissento dal fatto
    che possano avere una vita normale, mai.
    Si tratta di una sindrome molto ma molto più grave, che rientra in almeno
    due cluster del libro delle malattie mentali: cluster b e c. Per arrivare a compiere un delitto
    simile, la
    persona non solo è affetta da una forma natcisistica, quasi sempre, che la mette in competizione con il figlio, ij tema di affetto, da parte del padre e dei parenti. Insomma, una donna infantile, bloccata alla maturitá di una bambina di tre anni, che non sopporta di essere messa in secondo piano dal nuovo oggetto dell’ amore dei suoi affetti, e non è in grado di condividere i suoi affetti primari e secondari, insomma non puó accettare che le si ‘
    rubi’ la scena. Ma, inoltre, il bambino, nella loro testa, non ha una individualità separata dall’ io della madre. E’ come un loro oggetto. Un loro prolungamento del sè. Ne consegue che non ha diritti autonomi, come essere vivente, nè affettivi, nè economici, nè di nessun genere. Per cui, nel caso
    che il padre ‘ si allontana’ da loro – madri – il
    bambino puó essere usato come
    strumento di vendetta, di rivalsa, per il ‘ male’ subito ( l’ abbandono anche momentaneo) del
    padre. E viene ucciso per farlo
    soffrire. Invece, nel caso che il
    padre sia presente, il
    rapporto
    col bambino è comunque profondamente squilibrato, perchè, come detto, il bambino è visto solo come un prolungamento della propria identità materna: dunque qualunque desiderio positivo per il bambino, è solo una proiezione dei propri desiderata, senza nessunissima considerazione dei bisogni reali del figlio. Esempio: se alla madre piace il
    pianoforte, deve suonare. Se le
    piacciono le bambole, le compra le bambole ( non altri giocattoli). Se ha inclinazioni per le lingue, sarà segnato a lingue. Accompagnato cosi anche alla scelta di un mestiere, che soddisfi la madre, non il figlio. Il figlio poi non puó innamorarsi, attaccarsi ad amici, avere relazioni. La madre ne sarà gelosa, metterà zizzania e gliele romperá tutte. Mediamente sono figli che rimangono attaccati a mammà. Se poi il figlio ha un talento suo, e eccelle, la madre addirittura interverrà per rovinargli la carriera, mettendolo in cattiva luce, infangandolo, boicottandolo in tutti i modi, perche non le rubi ” la scena”, come detto. Unica eccezione, il figlio che soggiace passivamente a tutti i suoi giochi di ruolo, e di fatto queloo che non dimostra autonomia di pensiero, e si comporta come un suo propungamento del sè: la madre accetterá che questo figlio /-a abbia ‘ successo’ ma quel successo che lei ha desiderato per il
    figlio, a prescindere dalle sue inclinazioni, perchè sente di essere il
    deus ex machina di questo successo e se lo vive come suo. Vero è che ricatta il figlio stesso, il
    quale, per il fatto
    che gli è concesso di vivere la
    sua vita, e di incarnare ‘ l’ ideale’ della
    madre, deve vivere come dice lei. Da solo. Senza amici e affetti, e stare a sua disposizione. Questa persona orribile spesso, in caso contrario, ossia che qualcosa in questo suo piano malato vada storto ( il padre dei figli l’
    abbandona, o i figli l’
    abbandonano, insomma, se si sente messa da parte, e dunque offesa nel suo sconfinato egocentrismo narcisistico perverso malato) è pronta a vendicarsi, uccidendo. Perchè, come giá detto, le persone, nel suo immaginario, non hanno vita a sè, ma sono solo un suo prolungamento all’ esterno, avendo una confusione dei limiti della propria identità allagante. E’ come se la loro identitá sconfini continuamente, nei panni degli altri. Non sanno stare ‘ al loro posto’ e far vivere gli altri la loro vita. Dunque sono profondamente asociali, inadatte ad intessere qualsiasi rapporto sociale. Spesso sono paranoiche, temono male dappertutto ( quel male che loro sanno fare agli altri senza ritegno nè coscienza). Infine, a proposito dell’
    amnesia dissociativa: una cosa troppo comoda per queste malate di se stesse: agire, e poi non appropriarsi delle
    responsabilità delle loro azioni. Infatti sono del tutto manipolative, inventano la realtà a loro piacere, ridisegnando ció che è realmente avvenuto, con una storia di loro fantasia. Sempre perchè nel loro ego sconfinato, pensano di potere tutto, in maniera onnipotente. Fare e distruggere, anche la verità. La veritá non conta. Conta ció che loro vogliono dire che sia accaduto. Non hanno alcuna etica, nessun rispetto nè delle persone / altro da sè, nè tanto meno della verità ( perchè la dovrebbero rispettare, la verità, se non riconoscino alcun diritto agli altri, nè all’ interlocutore, di poter ottenere una versione giusta, se non conoscono il giusto e lo
    sbagliato, ma solo i propri desiderata, se non capiscono le conseguenze delle
    loro azioni in termini di dolore per le persone). Queste madri, spesso, uccidono i figli appena nati, sempre e solo nella logica di ció che è comodo per loro:
    a) perchè vogliono punire il padre per averle abbandonate ( sindrome di Medea)
    b) perchè hanno giá abbastanza figli, secondo
    loro, e come
    detto i bambini non hanno un diritto di vita a sè e uja loro identità, rispetto alla madre, dunque secondo loro, è una loro scelta libera, come un aborto
    c) li possono uccidere anche più avanti, 3-4 anni, perchè ‘ si ribellano, perchè non ‘ obbediscono’ ( vedi le dichiarazioni nei casi di cronaca del bimbo neonato che , secondo la madre, ” le ha risposto male”, vedi quello steangolato a tre anni perchè ” voleva andare a trovare pa nonna. Oppure perchè le ostacolano, essendo
    loro solo
    prolungamenti del suo sè, dunque non dovrebbero esprimere alcuna volontà autonoma. Infine possono essere uccisi da grandi, quando sbocciano r diventano magari bellissime donne. Allora offuscano il sè malato della madre. Infine queste madri possono uccidere anche altri familiari, il marito, la suocera, per le stesse ragioni di ‘ abbandono, perche si sentono trascurate, perchè le persone non si comportano esattamente come
    loro vogliono, o le
    criticano. Altra cosa importante: mai ammetteranno omicidi? oer non offuscare la grandiositá del proprio sè: tengono in maniera maniacale a dare un’ immagine fulgida e pomposa di sè. Ricordiamo che sono ‘ le reginette del ballo della vita’ e gli altri solo comparse del loro io malato.
    firmato:
    la figlia di una madre assassina e scellerata

  2. questo è un report realistico di ció che ho vissuto, per iltre cinquantanni – e giá mi sento superstite fortunata – con lo sguardo di una giornalista, incastrata in una storia familiare malata. Dunque non sottovalutate questo mio contributo e grido di dolore. Grazie.

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