Lia Volpatti era la massima autorità in Italia su Agatha Christie, ma non disdegnava il thriller e il noir. Contava tra i suoi migliori amici Ed McBain, sceneggiatore per Hitchcock e padre del police procedural. Era scrittrice, giornalista – vincitrice come tale di un premio alla carriera dell’Accademia Europea per le Relazioni Economiche e Culturali – traduttrice e consulente editoriale. Ma era soprattutto lo storico capo-redattore (non le piaceva declinare la definizione al femminile) de Il Giallo Mondadori. In quella redazione ha lavorato venticinque anni, curando migliaia di libri, scrivendo centinaia di articoli, prefazioni e interviste ai più grandi autori della letteratura mystery e poliziesca mondiale. Se n’è andata con la sua consueta discrezione il 31 ottobre 2016. Forse, per una volta, con troppa discrezione. Non mi risulta che sia uscito alcun articolo in proposito, fatto grave per una figura così importante per la cultura italiana. Ho appreso la notizia dal passaparola; molte persone che la conoscevano, di persona o attraverso il suo lavoro, hanno scoperto della sua morte solo da un mio post su Facebook una decina di giorni fa. Bisogna rimediare al silenzio mediatico.
Non si chiede l’età a una signora e non ho mai conosciuto la sua. Sapevo solo che era della Vergine, nata di settembre. Come Agatha Christie, amava precisare. Però, quando sono entrato per la prima volta in redazione nel 1992 sapevo benissimo che stavo per incontrare una leggenda. Il suo nome appariva nel colophon de Il Giallo Mondadori e I Classici del Giallo ai tempi della direzione di Oreste Del Buono o Laura Grimaldi. Poi lei e il collega Gian Franco Orsi – rispettivamente come capo-redattore e direttore – ne avevano preso le redini, mantenendo viva una continuità e una competenza che partiva dal primo storico direttore, Alberto Tedeschi. Continuando un lavoro cominciato da Laura Grimaldi, Lia e Gian Franco promuovevano il giallo italiano, che all’epoca non si era ancora liberato dei vincoli dell’esterofilia dei lettori e dell’esitazione degli editori. Devo a loro infatti la pubblicazione dei miei primi racconti e le prime collaborazioni con Il Giallo. E in particolare devo a Lia la prima apparizione di uno dei miei personaggi più noti, Carlo Medina, su Supergiallo n.1 del 1994, di cui mi aveva affidato la revisione delle traduzioni e l’editing dei testi di autori italiani. La continuità nella direzione si è poi interrotta nel 1994 con il predominio del marketing, che di fatto impose loro di uscire di scena, tra cambi di formato e periodicità che rappresentarono uno scossone anche per il pubblico.
Lia ebbe più tempo per scrivere. È del 1997 Sul braccio di colei (Baldini & Castoldi), il suo saggio sulla perfidia femminile in letteratura. Negli ultimi tempi ha firmato anche gialli umoristici a quattro mani con Lucio Nocentini. Ma la detective story classica e più di chiunque altro Agatha Christie restavano sempre in cima ai suoi pensieri. Negli anni Duemila le parti si sono invertite: sono diventato io il suo editore. Come giornalista, Lia era direttore responsabile di una mia creatura, M-Rivista del Mistero, di cui ero direttore editoriale. Ho pubblicato inoltre i tre volumi di raccolte di saggi da lei curate, ancora una volta, insieme a Gian Franco Orsi, C’era una volta il giallo, un progetto cui stavano lavorando da tempo. E infine ho ripubblicato il suo Il segreto di Agatha, un brillante saggio in forma narrativa (con finale a sorpresa) in cui si confrontava con il suo mito, Agatha Christie, ripercorrendone vita e carriera e rivelando al mondo un possibile plagio: la trama del capolavoro Dieci piccoli indiani ha molte somiglianze sospette con quella di un romanzo precedente, L’ospite invisibile di Bristow & Manning. Purtroppo il marketing – o presunto tale – arrivò a far danni anche nella casa editrice in cui ci eravamo ritrovati a collaborare. Tra parentesi, so dove reperire le ultime introvabili copie de Il segreto di Agatha e del primo volume di C’era una volta il giallo, dedicato al giallo classico: nel caso, contattatemi in privato via Facebook. In seguito, Lia e io abbiamo partecipato varie volte a serate-spettacolo ideate da Luca Lissoni con la formula del “pugilato letterario”, in cui a una scrivania-ring lei prendeva le parti di Agatha Christie e io quelle dei suoi detrattori, tranne in un divertente round in cui ci scambiavamo i ruoli, arrivando alla fine di ogni match con un risultato di parità. Le fotografie in questo articolo provengono da una di queste serate, presso Villa Rusconi a Castano Primo (la prima foto è mia, quella in fondo all’articolo è di Castano Eventi News).
Vorrei concludere con un brano di Lia Volpatti nato da una nostra conversazione a un evento a Genova per Lezioni di giallo, un ciclo di incontri che avevo organizzato nell’ottobre 2003 in tutte le librerie Fnac italiane. “Mentre il giallo classico è teatro, il giallo’d’azione è cinema. È teatro infatti il confronto tra detective e criminale, cioè tra razionale e irrazionale, è teatro il processo, l’inchiesta, vedi Perry Mason. Teatro è Sherlock Holmes che si inietta la cocaina, si sdraia sul divano e suona il violino per meditare. Teatro sono le pittoresche sceneggiate di Poirot, quando nello showdown finale gioca al gatto e al topo con i sospettati. Teatro è anche Miss Marple quando osserva col binocolo l’andirivieni del villaggio, fingendo di studiare il volo degli uccelli, o quando offre biscottini e rosolio fatti in casa alle amiche per estorcere informazioni. Teatro è Maigret che torna a casa dopo una giornata di duro lavoro e trova ad accoglierlo una moglie devota che gli offre pipa, pantofole e il bicchierino di calvados come aperitivo, in attesa di gustare le deliziose cenette del cui profumo che arriva dalla cucina lui già si inebria. E non sono forse grande teatro i battibecchi tra Nero Wolfe e il cuoco Fritz quando litigano su un ingrediente? E ancora non è teatro sempre Nero Wolfe quando accudisce le sue preziose orchidee, quando parla con loro? Sono pagine deliziose, queste. Pagine deliziose che arricchiscono il romanzo, il cui tema portante è comunque il delitto, ma che alleggeriscono l’angoscia che il crimine porta con sé, senza peraltro togliere nulla al ritmo della storia. È cinema invece Lew Archer che corre avanti e indietro sulla Costa dei Barbari, Marlowe che prende sempre un sacco di botte, la frenesia dell’87mo Distretto. Romanzi e personaggi eccezionali, usciti dalla fantasia di grandi scrittori. Indubbiamente, ma è cinema. E non c’è nessuna connotazione negativa in questo che dico. Dico solo che sono due cose diverse. Da una parte c’è movimento, ritmo, frenesia, a volte violenza, e tutto si svolge outdoor. Dall’altra c’è l’indoor, c’è più staticità, di tipo, diciamo, intellettuale…” (da Il giallo classico di Lia Volpatti, in C’era una volta il giallo – L’età d’oro del mystery, Alacrán, 2004).