Il mensile Crimen annuncia che il produttore de Il Padrino e C’era una volta in America porterà sui grandi schermi di Hollywood la vita di Giovanni Bruzzi, il più grande biscazziere italiano: The Dark Side of La Dolce Vita
Giovanni Bruzzi, Cavaliere della Repubblica per meriti artistici, racconta la sua vita, fatta di bari, truffe e colpi di genio
Di Edoardo Montolli
Si chiamerà The Dark Side of La Dolce Vita. Le riprese inizieranno nei primi mesi del 2016. E il produttore è una garanzia di qualità: Fred C. Caruso, che già portò sugli schermi Il Padrino e C’era una volta in America. D’altra parte, quando ha letto la sceneggiatura, non ha usato mezzi termini: « What a great story!». Si tratta di 130 pagine scritte da un italiano. Ma non è fiction. È la storia vera dell’autore: Giovanni Bruzzi, Cavaliere della Repubblica italiana per meriti artistici, pittore per talento e biscazziere per vocazione. O meglio ex biscazziere, l’uomo che mise mezza Italia in mutande. Lo conobbi una decina di anni fa. Il suo studio era in una torre alle porte di Firenze, incasellata tra un paio di villette. Sembrava una torre del ‘400. «Ma no – esordì – è tutto un bluff. È stata fatta nel ’900». Cominciamo bene.
LE TRE TAVOLETTE
L’uomo è nato nel 1936 e nel cinema fece irruzione esattamente cinquant’anni più tardi, quando Pupi Avanti lo chiamò come consulente per il suo film cult Regalo di Natale: voleva sapere come un baro agisse con un mazzo di carte in mano. E nessuno era in grado di rispondergli meglio di Bruzzi. «A vent’anni, dopo aver fatto l’Accademia d’arte, me ne andai a Parigi in bicicletta. Esposi le mie opere alla prestigiosa Galérie du Foyer des Artistes, ma i soldi, intendiamoci, stavano altrove. Iniziai così a fare il falso cliente dei night. Il retro di un ufficio a Montmatre aveva una specie di tabellone con una settantina di night della città. Ad ogni nome corrispondeva una lucetta, e quando la luce diventava verde, era il segnale che serviva un giovane per scaldare l’ambiente. Prendevo la mia marchetta e mi presentavo. Per due ore di lavoro si prendeva bene.
Una notte, in un caffè del quartiere latino, incappai in un gruppo di greci. Facevano il gioco delle tre carte. Divenni il loro palo per la polizia. Purtroppo la pacchia finì nel ’62: avevano raccolto tanto da comprarsi un ristorante nel centro della città. I greci, perché si sappia, nelle tre carte sono i migliori del mondo…quanto a me, tornai a Firenze. Essendo incensurato e di cultura, il boss indiscusso dell’azzardo dell’epoca, certo Renis, uno che vantava un’amicizia col solista del mitra Luciano Lutring, mi chiese di fare il rappresentante di quei circoli dentro i quali si nascondeva una bisca. Il personaggio ideale per quella che poi era una bisca a cinque stelle: i soldi volavano».
IL COLPO DEL SECOLO
Ti chiamavano il Professore. «Sì. E a farsi fregare c’erano imprenditori, uomini di spettacolo, industriali. Con un attore famosissimo organizzavamo partite di poker per spennare i polli. Avevamo perfino una vera roulette per attirare i clienti, cosa che nemmeno Francis Turatello a Milano e poi Epaminonda, il Tebano, avevano: gliela prestavamo noi. Eravamo tanto noti che, quando Joe Adonis fu estradato in Italia come indesiderabile, ci contattò per aprire una serie di bische». È un mondo di truffe e imbroglioni. Fatto di bari e giochi truccati. Tranne la roulette: «L’unica roulette truccata che io abbia mai visto la trovai in Francia. Sotto nascondeva due pedaliere: con una il croupier azionava il magnete che attirava la pallina sul numero, con l’altra abbassava le paratie tra i numeri. Apparteneva ad Albert il Marsigliese, il più grande baro d’Europa».
Edoardo Montolli
(L’ARTICOLO INTEGRALE SU CRIMEN 2)
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