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L’economia dopo Trump e dopo May (Paolo Brera)

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È un segno della confusione dei tempi il fatto che martedì la sterlina, sui mercati valutari, abbia reagito al discorso sulla Brexit di Theresa May salendo, dopo essersi mossa in senso inverso nelle settimane passate per paura che May prendesse le posizioni che ha poi in effetti preso. Lo stesso giorno il dollaro è sceso, in anticipazione dell’insediamento di Trump che invece era stato festeggiato sui mercati nei mesi scorsi.

Ma al di là della schizofrenia valutaria, che cosa ci attende come risultato della politica in Anglosassonia?

May ha annunciato una Brexit “pulita” – un’altra espression ancora, dopo la Brexit dura e la Brexit morbida, dopo la Brexit-Brexit e la Brexit rossa bianca e blu. A parte il talento lessicopoietico della prima ministra britannica, il contenuto del messaggio è poi quello che già si aspettava (e temeva): la Gran Bretagna fuori si chiama, non vuole concedere nulla anche se chiede molto. Niente mercato unico, niwente unione doganale, niente contributi “giganteschi” al bilancio dell’Unione; e non fateci il viso dell’armi perché ci trasformiamo in una Singapore senza tasse e senza barriere e vi facciamo vedere i sorci verdi. Ich will, ich will, ich will, ha titolato Der Spiegel, attribuendo a May la frase lagnosa «Voglio, voglio e voglio», e ha aggiunto che May si è manifestata come realitätsblind, «cieca verso la realtà»: un neologismo che coglie nel segno. Il primo ministro cèco si è invece domandato, via Twitter, «dov’è il dare per tutto quel prendere».

La presa di posizione di May è il ruggito del topo. La Gran Bretagna non è forte nei confronti dell’Ue, è debole. Se non ci sarà nessun accordo prima dell’estate 2018, Londra sarà comunque fuori, fidando per il proprio commercio estero su regole Wto che sono molto peggiorative, e dovrà negoziare accordi commerciali non solo con l’Ue ma con decine di altri Paesi. È vero che Trump ha detto che quando si discuterà un accordo la Gran Bretagna sarà in cima agli impegni nella su agenda, non in fondo, ma è vero anche che lui non è per niente a favore del libero commercio e non ha motivo di essere troppo generoso. Quanto alla Gran Bretagna, a quel negoziato arriverà già molto più debole, per il trasferimento della finanza oltre Manica.

Intanto l’Europa sta conoscendo una misurata ripresa. Ogni mese che passa l’economia si rafforza e il bisogno di Gran Bretagna si attenua. Che Trump dichiari apertamente (in un tweet, come al solito) che l’Unione Europea è una sciocchezza non fa che aiutare gli europeisti. Certo, andiamo verso un mondo in cui il commercio sarà amministrato per grandi blocchi, e ciò racchiude molti pericoli – ma i rischi saranno meno per 450 milioni di europei che per 65 milioni di inglesi. E ora silenzio: tra poco Londra invocherà l’Articolo 50 e la parola passerà una buona volta ai negoziatori.

Paolo Brera

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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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