Per un filmmaker con basso budget, le attrezzature professionali sono sempre difficili da reperire. Ma la mancanza di mezzi aguzza l’ingegno. Qualche anno fa grazie a quel genio creativo di mio padre Cesare, sono riuscito a realizzare movimenti di inquadratura fluidi con un binario casereccio, senza spendere quasi nulla. Lo vedete qui sotto.
Negli anni gli ho volte mostrato attrezzature professionali e con pazienza ed intelletto mi crea prototipi. Per questo binario ha utilizzato una tapparella in disuso, dove viene appoggiato un riquadro di legno con delle rotelle che si muovono fluide. Un attrezzo di circa 120 centimetri che da la possibilità di fare movimenti ampi. Dando la sensazione di vedere inquadrature fatte con attrezzature costose. L’estro artistico penso d’averlo ereditato da mia madre, in giovane eta’ avrebbe voluto fare l’attrice, e forse il mio arrivo ha colmato negli anni questa voglia latente. Da mio padre ho ereditato la creatività. Sicuramente lui è più pratico ed tecnico di me, ma nel 1999 ho voluto mettermi alla prova per raccontare una storia in soggettiva. Dove tutto il racconto era mostrato dal punto di vista del protagonista. Ma non mi bastava tenere la telecamera su una spalla ed avere una mano libera. Volevo che nell’inquadratura si vedessero tutte e due. Stiamo parlando degli anni novanta dove le telecamere amatoriali erano mastodontiche e pesanti. E come detto, non potevo permettermi una steadycam, che serve anche per questo tipo di ripresa. Inizialmente ci ho rinunciato poi mi sono fissato e ho deciso che in un modo o nell’altro ce l’avrei fatta. Mi sono armato di pazienza e ho trovato la faticosa soluzione. Collegata la grossa telecamera ad un cavalletto. L’ho chiuso come se avesse una gamba sola e l’ho attaccato al mio corpo con molte cinture di accappatoi. I movimenti erano un poco meccanici, ma la storia è quasi tutta d’azione, il difetto passa in secondo piano. Ma sopratutto le due mani sono libere. S’intitola “per un momento”. Con Stefano Colombi, Angela Previtali e Cesare Alborghetti. Ve lo pubblico di seguito.Se lo dovessi rifare adesso penso sarei molto più facilitato, visto che ci sono in commercio telecamere piccolissime, non costose, che si possono mettere dappertutto, sui caschi delle moto, sulle biciclette in movimento. Ma ripensare a quella fatica e a quel risultato è sempre galvanizzante. Bisogna credere sempre in quello che si fa. Inoltre se lo rifacessi adesso cambierei alcune cose, sopratutto il finale. Ma come dico sempre: i lavori del passato sono il tuo bagaglio e devi vederli con rispetto. Per altro questo cortometraggio era stato a diversi festival e mi ha dato la possibilità di incontrare un altro regista professionista che era rimasto stupito da questa tecnica pittoresca. Marco Marcassoli, che mi aiuta e ci confrontiamo spesso per consigli su riprese e sopratutto grande amico. Anche lui un tecnico formidabile con una grande passione per il cinema. Mi auguro prima o poi di riuscire a creare qualcosa insieme unendo le nostre qualità. Anche solo per un momento.