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ESCLUSIVO/ «Vi racconto la vera storia di Al Baghdadi»

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Fronte del Blog incontra Georgis Issak Moayad, cristiano iracheno, la famiglia e gli amici sterminati dall’Isis, da sempre riservatamente impegnato nell’aiuto ai rifugiati. E l’uomo racconta la rete di complicità intorno ad Al Baghdadi, Italia compresa.

 

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Georgis Issak Moayad

 

In questi ultimi giorni, come previsto dagli esperti, si è registrato un crescendo dei crimini  degli jihadisti del Califfato islamico. Decapitazioni di prigionieri, militari nemici catturati e giustiziati oppure seppelliti vivi. Identica sorte per uomini e bambini appartenenti a religioni diverse dalla musulmana sunnita. Le donne di religione cristiana o jazidi, catturate, vengono vendute al mercato per mille dollari ai combattenti dell’Isis. Cristiani, jazidi e musulmani sciiti sembrano i soggetti più odiati dal Califfato e dal suo capo Abu Bakr Al Baghdadi. Secondo le ultime stime fatte dall’intelligence il nocciolo duro degli jihadisti sarebbe cresciuto dagli iniziali 15 mila uomini ad oltre 50 mila.  A Roma  abbiamo  intervistato Georgis Issak Moayad, cristiano iracheno che da anni ha agito in Italia in maniera riservata e dietro le quinte nella difesa dei rifugiati politici mediorientali ed iracheni. Moayad, per la delicatezza del suo lavoro, non si è mai mostrato. Dopo la tragedia dei cristiani iracheni perseguitati e persino massacrati dagli uomini di Al Baghdadi, tra cui persone a lui care, Moayad ha però deciso di voler dire la sua. Moayad che ha 48 anni, è nato a Zakho vicino al confine turco.  Vive in Italia dal 1995.

Chi è veramente Al Baghdadi ?

«Questo non è il suo vero nome. Si chiama Awad Ibrahim Al Badri Al Samarai.  Avrebbe 43 anni ed è nato vicino Samarra.  Secondo gli jihadisti sarebbe addirittura  discendente di Maometto e per questo gli competerebbe legittimamente il titolo di Califfo. L’uomo che è stato abile a nascondere il suo passato avrebbe una laurea in islamismo conseguita a Baghdad. Nel 2005 era detenuto in Iraq dagli americani a Camp Bucca. Nel 2009,  con il passaggio di consegne dalle truppe degli Stati Uniti all’Iraq, Al Baghdadi fu liberato. Dell’uomo erano diffidenti persino i vertici di Al Qaeda. Fatto sta che in qualche mese Al Baghdadi si ritrovò ai vertici del gruppo terroristico dell’Isis, facendosi subito notare per la ferocia disumana dei suoi attentati che gli costarono una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa».

Secondo alcuni media occidentali Al Baghdadi sarebbe in realtà un attore ebreo agende del Mossad di nome Shimon Elliot

«Ne ho discusso con esperti ed esponenti del Parlamento Iracheno. Francamente non credo a questa ipotesi. Il villaggio dove Al Baghdadi è nato è per metà composto da abitanti di origini ebraiche. Al Baghdadi, come si dice di Adolf Hitler, potrebbe anche avere qualche gene ebraico, ma questo non fa di lui un agente del Mossad. In questi giorni molti esponenti musulmani qui in Italia, in soggezione per quanto di malvagio sta facendo lo Stato Islamico, alimentano la diceria che i creatori del Califfato siano stati gli Usa ed Israele. Spiace  che  questa ipotesi trovi  appoggio in alcuni settori un po’radical Chic, quegli stessi che a suo tempo criticarono Oriana Fallaci per il suo libro La Rabbia e l’Orgoglio».

 Secondo lei chi ha finanziato l’Isis?

«Questo è un discorso diverso. Hillary Clinton ha ammesso che gli Usa hanno dato soldi a gente vicina ad Al Baghdadi. In effetti alcuni gruppi islamici sono stati finanziati dagli Stati Uniti in funzione anti sciita per contrastare il pericolo dell’estremismo iraniano. Inoltre, con miopia, Washington, pur di distruggere in Siria il presidente Assad, ha finanziato i ribelli non accorgendosi che così facendo si donavano soldi e armi a pericolosi  fondamentalisti. Ora, come quando si avvia una reazione nucleare a catena, il Califfato, impadronitosi di fonti energetiche ed imponendo tassazioni come un vero Stato, comincia ad essere autonomo.

Non è la prima volta che gli Usa sbagliano nel Medio Oriente. Negli anni settanta, convinti dell’impopolarità dello Scià Reza Pahlavi, favorirono con trattative di sottobanco il ritorno a Teheran da Parigi, dove era in esilio, del Ruhollah  Mosavi Khomeini. Gli Stati Uniti ebbero dei grattacapi molto seri da Komeini e La Casa Bianca fece una bruttissima figura con gli alleati.  Gli Usa proseguirono nello stesso genere di errori quando, in funzione anti Unione Sovietica, finanziarono la guerriglia dei mujahidin in Afghanistan. Costoro, cacciati i sovietici, si trasformarono in nemici dell’Occidente e degli americani».

Si può intervenire per bloccare le stragi del Califfato?

«La situazione ora è complicata. Nel Governatorato in cui c’ è la mia città natale, la strage di cristiani è ormai paragonabile ad un genocidio. Io ho perso molti amici. Alcuni di loro sono stati seppelliti vivi. L’unico ad aver visto “lungo” mi risulta essere stato Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, che già alcuni anni fa voleva creare un cappello internazionale a protezione dei cristiani in Iraq. Il progetto purtroppo, da quello che mi risulta, fallì per una certa ritrosia di politici vicini al  Partito Democratico Kurdo (Pdk),  il cui vertice è attualmente rappresentato dal Presidente della regione autonoma Kurdistan, Massud Barzani.

Ritornando ora al Califfato, questo potrebbe mettere realmente sotto tiro l’Occidente. Spero non si sottovaluti l’allarme lanciato dal sovrano dell’Arabia Saudita, Abdullah, che teme attentati in Europa e negli Usa. Non bisogna dimenticare che appena rilasciato da Camp Bucca, Al Baghdadi, sprezzante, diede appuntamento, a chi lo stava liberando, a Roma e a New York, che secondo lui sarebbero cadute abbastanza presto nelle sue mani. Intanto lo Stato Islamico, per dimostrare di non temere la coalizione che contro di esso sta prendendo forma tra diversi Paesi occidentali, ha preceduto a nuove decapitazioni di prigionieri, quali giornalisti e cooperanti, caduti nelle sue mani. E ne ha diffuso le immagini in tutto il mondo. Ora potrebbe provare a dare mano libera a missioni suicide».

parisi curdoQuello di conquistare tutto il bacino del Mar Mediterraneo con l’Europa, ed in particolare Roma, è un vecchio progetto dei fondamentalisti.

«Più che altro è un sogno che viene coltivano da 1300 anni. Già i Califfi Omayyadi e Abbasidi pensavano di poter convertire all’Islam tutto il mondo allora conosciuto. In questo disegno un posto speciale era rappresentato dalla conquista di Bisanzio (considerata la seconda Roma) e poi l’occupazione della prima Roma con la basilica di San Pietro. Sono riusciti a conquistare Bisanzio, ma ogni sforzo per arrivare a Roma è stato vano. L’ultimo tentativo storico fu quello messo in atto l’11 settembre del 1683, quando i Turchi cercarono di conquistare Vienna e da lì scendere in Italia sino a Roma. Invece furono miracolosamente sconfitti, ricacciati indietro ed inseguiti per tutti i Balcani. Ora Al Baghdadi, avendo riesumato il Califfato, ha pure resuscitato  l’idea di prendersi Roma e San Pietro. A questo desiderio si è aggiunto quello di fare boccone di New York».

Chi c’è dietro agli imam fondamentalisti che predicano la violenza qui in Italia?

«Difficile dirlo. Però personaggi come Bilal Bosnic (imam bosniaco sostenitore del fondamentalismo più spinto) sono riusciti a venire in Italia e qui predicare il loro odio contro la cultura cristiana ed occidentale senza che nessuno sia  intervenuto. Nelle grandi Moschee i predicatori fondamentalisti non trovano spazio. Si scatenano in quelle periferiche, dove i loro sermoni non sono controllati. Circa i finanziamenti, si parla di alcuni Principi sunniti appartenenti ai Paesi del Golfo. Secondo voci insistenti, alcuni Potentati alcuni mesi fa hanno finanziato, con milioni di euro, l’acquisto di strutture immobiliari in alcune città italiane per realizzare in un battibaleno nuove mosche periferiche.  Negli ambienti degli emigranti qualcuno pensa che, dietro questi “centri”, vi potrebbero  essere gruppi inclini a simpatizzare con  i fondamentalisti. Speriamo che non sia così».

Antonio Parisi 

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Antonio Parisi

Antonio Parisi, 54 anni, giornalista e scrittore è nato in provincia di Taranto. Dal 1979 sino al 1983 collabora nella segreteria dell’ultimo Re d’Italia Umberto II di Savoia. Ha diretto, subentrando a Ruggero Orlando, l’emittente nazionale “Rete Mia” e successivamente il quotidiano “Il Meridiano”. Ha firmato diversi scoop sui più importanti settimanali italiani, ritrovando, tra gli altri, i documenti inediti in cui Pio Xll difendeva gli ebrei durante la persecuzione nazista. Da anni segue il caso della morte di Edoardo Agnelli ed è stato al centro della clamorosa puntata de “La storia siamo noi” sulla vicenda. Ha ritrovato la BMW, parcheggiata da anni in un deposito di Villa Borghese, che verosimilmente era servita per rapire Emanuele Orlandi. Un suo servizio sui nascondigli della Sacra Sindone durante la seconda Guerra Mondiale per sfuggire agli appetiti di Hitler, ha fatto il giro del mondo. E’ considerato un esperto della storia delle grandi dinastie che hanno regnato e regnano tuttora in Europa e nel mondo. Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi “ I misteri di casa Agnelli”, “E liberaci dal Male – i segreti della terza loggia vaticana” e, insieme a Alessandro De Pascale, “ Il caso Parolisi,- sesso, soldi ed Afghanistan”.

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