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“Anon” di Andrew Niccol e “Upgrade” di Leight Whannell: la “Rete” perfetta o con qualche strappo

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Col termine “cyberpunk” si intende un genere, prima letterario e poi anche cinematografico, che racconta futuri distopici in cui la “Rete” informatica globale è divenuta così onnipresente e invasiva da sconfinare addirittura nel cervello degli umani.

Dopo il grande, meritato successo della serie “Matrix”, la produzione cinematografica si è buttata nel “cyberpunk” trasformandolo in maniera e sfornando, inevitabilmente, molta paccottiglia meramente imitativa.

Consola, perciò, che siano appena usciti due film “cyberpunk” meritevoli di segnalazione.

Il primo, “Anon”, è una pellicola, prodotta da Netflix, con grande budget e due star internazionali: Clive Owen e Amanda Seyfried.

In questa pellicola ci troviamo in un mondo in cui la compenetrazione tra Rete e mente umana ha raggiunto un livello massimo. Il vissuto di ciascuno è registrato in un enorme data base, cosicché alla bisogna, e soprattutto nelle indagini criminali, si può scaricare tutto ciò che le persone hanno visto, detto e udito in qualsiasi momento della loro vita.

Ma c’è, inevitabilmente, un ma.

Alcuni hacker hanno trovato un modo per rendersi anonimi. Di costoro nell’enorme data base delle esperienze umane non c’è traccia. Non solo: essi riescono  a cancellare parte dei ricordi altrui memorizzati nonché, durante incontri a tu per tu,  a nascondere il proprio punto di vista dietro a quello dell’interlocutore, cosicché rimane registrato il paradosso di un individuo che vede agire sé stesso. Ciò li rende pericolosissimi cani sciolti in grado di offrire i loro servigi per scopi illeciti.

La storia racconta la caccia di un poliziotto ad una hacker “invisibile” e ci sarebbero tutte le premesse per un “cyberthriller” memorabile, sennonché la sceneggiatura nel finale si perde ricercando ostentatamente il colpo a sorpresa. La trama ne risulta da un lato confusa per eccesso di salti logico-narrativi e dall’altro scontata, perché lo spettatore è troppo smaliziato per lasciarsi sorprendere.

Rimane comunque la perfetta resa, sia in termini scenografici che di effetti speciali,  di un futuro in cui non esiste più la privacy per la presenza di una mega Rete che sa tutto di tutti. L’idea merita di essere ripresa.

Il secondo film che ci piace segnalare è “Upgrade”, una produzione con budget limitato ed attori, pur bravi, non di prima celebrità.

Questo non impedisce alla pellicola di essere un piccolo gioiello.

Il sottogenere è quello del “cybernoir”, sul modello tanto per intenderci, di “Blade runner”.

Ci troviamo in una futuro cupo e socialmente degradato, reso magistralmente dalla fotografia tenebrosa, dalla quale emergono scorci di una megalopoli dove regnano l’ingiustizia e la criminalità.

La Rete è dominante ma ad uno stadio inferiore rispetto ad Anon, anche se pare avviata sulla stessa strada, non foss’altro per il proliferare di “droni-telecamera” che registrano quanto più possibile di quanto accade, specie nei quartieri malavitosi. Altissimo il livello di robotizzazione nelle case dei benestanti, con un perfezionatissimo sistema di “comando vocale”.

La storia racconta il desiderio di rivalsa di un tecnico specializzato in riparazione  di veicoli automatici che, assalito da una banda di malviventi, si ritrova paralizzato e  con la moglie  uccisa.

Nel futuro immaginato dal film ha fatto grandi passi avanti, pur non essendo ancora diffusa, la tecnologia per l’innesto di parti meccaniche nel corpo umano. Gli stessi criminali che hanno distrutto la vita del protagonista sembrano, nel filmati dei droni telecamera, avere inserite armi negli arti superiori.

Un cliente del protagonista, magnate dell’industria informatica d’avanguardia, gli propone di fare da cavia per l’innesto di un micro-macchinario intelligente in grado di creare un ponte tra gli impulsi del sistema nervoso centrale e quello periferico, guarendolo dalla paralisi.

Così  è,  e il protagonista riacquista il controllo del corpo, scoprendo però che l’innesto è così intelligente da rappresentare un’entità autonoma, con la quale può parlare e interagire dialetticamente.

Il resto della vicenda racconta le spettacolari imprese dell’anomala coppia di due menti in un corpo solo per vendicarsi degli assassini della moglie.

Questa volta la sceneggiatura è calibrata nel modo giusto, e la trama prosegue tra scene d’azione di grande impatto e svolte sorprendenti, sino a una conclusione non banale che spiazza e invita lo spettatore alla riflessione.

Rino Casazza

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Rino Casazza

Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato un numero imprecisabile di racconti e 15 romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi in cui rivivono come protagonisti, in coppia, alcuni dei grandi detective della letteratura poliziesca. Il più recente è "Sherlock Holmes tra ladri e reverendi", uscito in edicola nella collana “I gialli di Crimen” e in ebook per Algama. In collaborazione con Daniele Cambiaso, ha pubblicato Nora una donna, Eclissi edizioni, 2015, La logica del burattinaio, Edizioni della Goccia, 2016, L’angelo di Caporetto, 2017, uscito in allegato al Giornale nella collana "Romanzi storici", e il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018. Nel settembre 2021, è uscito "Apparizioni pericolose", edizioni Golem. In collaborazione con Fiorella Borin ha pubblicato tre racconti tra il noir e il giallo: Onore al Dio Sobek, Algama 2020, Il cuore della dark lady, 2020, e lo Smembratore dell'Adda, 2021, entrambi per Delos Digital Ne Il serial killer sbagliato, Algama, 2020 ha riproposto, con una soluzione alternativa a quella storica, il caso del "Mostro di Sarzana, mentre nel fantathriller Al tempo del Mostro, Algama 2020, ha raccontato quello del "Mostro di Firenze". A novembre 2020, è uscito, per Algama, il thriller Quelle notti sadiche.

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