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Der Spiegel attacca l’Italia: “Scroccona”. Ma dimentica come la Germania trucchi mostruosamente il suo debito

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Ci risiamo con la storia dello spread. Chi ha in mano il nostro debito tende a influenzare le scelte politiche. Ma bisognerebbe sedersi ad un tavolo e rinegoziare: i tedeschi in un solo anno hanno cancellato dal deficit una cifra pari ad un quarto del nostro debito pubblico. Come? Non finisce tra i debiti…

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Ci risiamo. Chi ha in mano il pallino del debito pubblico italiano gioca a strozzarci nel tentativo di influenzare le scelte politiche, che giuste o sbagliate che siano, arrivano dalle urne.

Mentre il Frankfurter Allgemeine dedica copertine satiriche all’Italia, il Der Spiegel attacca il Paese in un editoriale online furente, accusandolo di voler “scroccare” dall’Unione Europea: «Come si dovrebbe definire il comportamento di un Paese che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente”, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa. Se gli italiani decidessero di non rispettare più i loro obblighi di pagamento, l’euro sarebbe finito e i tedeschi rimetterebbero tutti i soldi che hanno già versato per salvare la moneta unica». E invita i tedeschi a rammentarlo a Mario Draghi che «ridicolizzava i loro timori mentre svalutava le loro assicurazioni sulla vita e i loro risparmi». E conclude che la frase «a qualunque costo» pronunciata dal presidente della Bce per salvare l’euro «faceva riferimento a Roma i cui titoli di Stato, per un valore di 390 miliardi di euro, sono ora in mano della Bce che salva l’Italia dall’insolvenza».

 

I conti truccati della Germania

Ma davvero? Peccato nessuno ricordi all’editorialista saccente dello Spiegel come, a proposito di acquisto di titoli di Stato, la Germania trucchi, legalmente s’intende, i suoi conti di bilancio. Lo rivelò nel 2014 un attento studio messo a punto dall’Università di Linz, spiegando le opportune differenze con l’Italia.

Da noi esiste ad esempio la Cassa depositi e prestiti, controllata all’80% dal Tesoro, che ogni anno emette 320 milioni di obbligazioni, conteggiate dal ministero dell’Economia nel debito pubblico.

Il corrispettivo analogo in Germania si chiama Kreditanstalt für Wiederaufbau, o Kfw, ossia Banca della Ricostruzione. Anche la Kfw è in mano per l’80% al governo federale, ma le sue obbligazioni non vengono conteggiate nel debito pubblico, grazie ad una legge che esclude dal deficit «le società pubbliche che coprono la metà dei propri costi con ricavi di mercato». Di più: secondo lo studio degli esperti di Linz, mentre in Italia il deficit di Regioni ed enti locali finisce nel debito pubblico, i 600 miliardi di buco dei länder tedeschi restano solo nei bilanci locali. Scrive Andrea Indini su Il Giornale del 18 luglio 2014: «La Merkel può contare anche sul sistema bancario tedesco che, a differenza di quello italiano, è ancora pubblico. Anche in questo caso il vantaggio è doppio. Dal momento che anche le banche regionali sono pubbliche, anche i crediti inesigibili (circa 637 miliardi, euro più euro meno) vanno a finire sul conto del debito pubblico. Eppure non figurano. Come non figurano i debiti delle banche nazionali. Controllandone circa il 45%, la Merkel può usare il sistema bancario tedesco a suo uso e consumo. Come? Per esempio svendendo i titoli di Stato italiani e ritoccando all’insù lo spread coi Bund. Un giochetto che è servito, guarda un po’, a far leva perché Silvio Berlusconi lasciasse Palazzo Chigi. Un uso politico del sistema bancario e della finanza che Bruxelles avrebbe dovuto sanzionare. Come non sanziona mai la Bundesbank ogni qual volta che interviene in prima persona alle aste dei titoli di Stato tedeschi. Non appena i titoli rischiano di finire sul mercato secondario, ecco che la Buba ci mette lo zampino contravvenendo apertamente al trattato di Maastricht. I ricercatori dell’università di Linz hanno, infine, messo in luce come la Germania se ne infischi del six pack, ovvero il pacchetto di direttive concordate nel 2011 per contenere ilrapporto deficit-pil sotto il tetto del 3% il surplus sotto il 6%. Ebbene, di queste direttive Berlino se ne infischia alla grandissima. Tanto che nell’ultimo quinquennio ha tenuto l’avanzo al 7% senza che a Bruxelles nessuno osasse dire alcunché alla Merkel. Finché tirerà quest’aria, la cancelliera non potrà che dormire sonni tranquilli».

Un quarto del debito pubblico

Ma il dettaglio più interessante della ricerca dell’università di Linz è che, grazie al trucco contabile, nel 2014 la Germania potè emettere qualcosa come 500 miliardi di euro in obbligazioni per finanziare interventi pubblici senza farlo risultare nel deficit: come se in un solo anno sparisse un quasi un quarto dell’intero debito pubblico italiano. Repetita iuvant: un quarto dell’intero debito pubblico italiano scomparso in un solo anno. Un’operazione mostruosa che avrebbe dovuto portare il resto d’Europa a pretendere di rinegoziare qualsiasi patto. Invece no. Nessuno si è mai sognato di farlo. E ora giocano così a strozzarci con lo spread e con attacchi mediatici senza alcun senso della vergogna.

Edoardo Montolli

 

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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