
“She is great! Meloni guida in modo fantastico l’Italia, sta facendo un ottimo lavoro, ha talento, è uno dei veri leader mondiali, sono felice di stare con lei…”
Così è stata presentata la Presidente del consiglio da Donald Trump (l’uomo dalla testa color zucca e con il medesimo interno) durante l’incontro memorabile avvenuto pochi giorni fa nella stanza ovale della Casa Bianca. Quella stessa stanza ricca di storia, dalle confidenze tra Elvis e Nixon alle complicate procedure istituzionali spiegate a gesti di Clinton alla stagista Lewinski. Da Kennedy a Obama, tra Marylin ed un Nobel per la pace.
Ed ecco il turno della Presidente Meloni, abbigliamento bianco da agnello sacrificale, costretta ad essere la prima questuante alla porta del grande capo Toro Spiaggiato.
Dopo la straordinaria recita orchestrata da Trump e dal suo sodale Vance alle spese di Zelensky la musica cambia. La Meloni non si presenta al cospetto del presidente americano con una felpa nera da battaglia, e nemmeno da tamarra trash come Kid Rock che, essendo americano e repubblicano purosangue, può vestirsi come cazzo gli pare senza urtare la sensibilità di nessuno.
Così, dopo le ormai leggendarie parole di Trump “Tutti in fila per baciarmi il culo”, la prima a bussare alle nobili terga chi poteva essere?
Per scrupolo abbiamo fatto una ricerca sui bidet negli Stati Uniti e pare sia considerato un optional trascurabile da quelle parti. Che peccato.
A questo punto, vista la prestanza fisica, sarebbe stato meglio un incontro bilaterale con Macron.
La Meloni, pur avendo una conoscenza dell’inglese invidiabile, ha preferito delegare la sua traduttrice storica che, dopo qualche intervento, s’inceppa.
“Ci penso io”, e la Presidente del Consiglio miracolosamente traduce sé stessa.
Ovazione, sorrisi entusiasti, pacche sulle spalle. L’impresa della Cristoforetti, ora, viene definita una scampagnata costosa.
Ma il feeling tra Meloni e Trump è palpabile, quasi incestuoso diplomaticamente parlando.
Qualcuno tra i giornalisti presenti, il più temerario o forse il più vicino alla pensione, riesce ad intervenire con l’unica domanda sensata a Trump:
“Ripeterà di nuovo che gli europei sono parassiti?”
Il Presidente americano prima finge di non aver capito la domanda, poi allarga le braccia.
“Non l’ho mai detto”, garantisce.
La Meloni, rassettando il tavolino con le briciole dei pasticcini, si accoda:
“No, non l’ha mai detto.”
E infatti lo ha detto il vicepresidente J.D.Vance. Peccato che il 25 Marzo lo stesso Donald abbia sostenuto il concetto affermando “Si, credo siano stati dei parassiti.”
Qualcuno ora sostiene non abbia mai usato il termine “parassiti”, ma “scrocconi”. Quindi possiamo stare tranquilli.
Veniamo al dunque: cosa ha ottenuto l’America dall’incontro Trump/Meloni?
L’acquisto a prezzo maggiorato del gas naturale liquido, la detassazione delle Big Tech d’oltreoceano, l’aumento delle spese militari con relativo investimento nelle armi made in USA.
I giornali di destra hanno esultato: avete visto che bella figura ha fatto la Presidente da Trump?
Altro che Zelensky!
Dall’altro lato bisogna considerare i benefici ottenuti dalla suddetta premier: una visita del vicepresidente Vance a Roma, con scorta sontuosa, mezza capitale bloccata, il Colosseo chiuso (tra le urla di turisti rimbalzati all’ingresso) per permettere al rappresentante americano di godersi la storia in intimità, vitto e alloggio compreso.
Ma c’è di più. Forse, ma forse, Trump potrebbe un giorno fare un salto a Roma per una cenetta, due chiacchiere, magari una carbonara.
E la faccenda dei dazi?
Per quelli Trump può relazionarsi esclusivamente con la Von der Leyen. Peccato non ne abbia alcuna intenzione.
Resta una sola desolante immagine simbolica: il figlio di Vance, davanti al Colosseo, con la divisa da gladiatore.
Memoria e sembianza di un paese che oggi davanti ai leoni si sdraia per terra, si condisce e aspetta solo di essere divorato.
Alex Rebatto