
Inizio questo articolo affermando l’ovvio: per la giustizia italiana l’assassino di Yara Gambirasio è Massimo Bossetti e si trova in carcere dal giugno del 2014. La sentenza definitiva della Corte di Cassazione è datata 12 ottobre 2018 e la condanna è l’ergastolo.
Tuttavia, pur prendendo atto di questo, si può e si deve fare un’amara considerazione: la giustizia non ha MAI individuato né il movente, né l’arma del delitto e nemmeno la ricostruzione dei fatti.
In poche parole, Bossetti deve essere riuscito “in qualche modo” a rapire Yara, che non conosceva, in una trafficatissima strada di paese all’ora di punta. Deve poi averla trasportata con il suo autocarro in un campo ad oltre dieci chilometri di distanza e deve averla aggredita nel buio più assoluto, infliggendole ferite che le sentenze definiscono “a tratti simmetriche”. Non si scappa, la ricostruzione dell’accusa non può essere che questa e ritengo che chiunque si possa rendere conto dell’assurdità di una cosa simile (per chi vuole approfondire, può guardare il mio video in cui perlustro i luoghi del caso in una sera di fine novembre).
La domanda che sorge spontanea è: com’è possibile che nessuno, in tutta la zona del centro sportivo, abbia visto il rapimento? Com’è possibile che nessuno abbia notato alcunché di sospetto da riferire agli inquirenti? Via Morlotti è una stradina di appena 250 metri costeggiata da condomini e parcheggi. Per anni, non è mai stato affrontato il tema della dinamica e nessun giornalista o criminologo sembra essersi posto il problema di ricostruire i fatti. Com’è avvenuto questo omicidio? Le sentenze se ne lavano le mani, ma non è un elemento che si possa mettere sotto il tappeto.
Con questo tarlo, ho scavato per mesi e mesi nei documenti delle indagini cercando qualsiasi riferimento a quella serata da parte di eventuali testimoni ascoltati a SIT. Possibile che nessuno, tra le centinaia di persone frequentanti quel centro sportivo, avesse avuto nulla di interessante da raccontare? Possibile che nessuno avesse quantomeno notato Yara uscire in strada? L’unico appiglio per credere che la ragazzina sia stata rapita fuori dal centro sportivo è la contestata testimonianza di Fabrizio Francese, che raccontò di averla incrociata per un paio di secondi nell’atrio della palestra mentre lei si dirigeva verso la porta. Ma non la vide uscire e nemmeno sentì la porta aprirsi e richiudersi. In più, la difesa a processo mise in dubbio gli orari del testimone, affermando che fosse arrivato al centro sportivo oltre 6 minuti dopo il dichiarato, creando ulteriore caos.
Cercando e cercando, alcuni documenti sono emersi per davvero. Testimonianze rese poco dopo la scomparsa da cittadini di Brembate di Sopra che si trovavano la sera del 26 novembre 2010 nelle immediate vicinanze di via Morlotti e del centro sportivo. Persone che, com’è prevedibile, non vennero mai sentite durante i processi poiché i tribunali decimarono la lista testimoni presentata dalla difesa non permettendo l’audizione di coloro che andremo a trattare in questo articolo.
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L’ultimo libro di Federico Liguori è Yara Gambirasio – Un caso irrisolto