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Mostro di Firenze, l’ipotesi choc: il primo duplice delitto fu un depistaggio? – ESCLUSIVO

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Fu davvero il Mostro di Firenze a uccidere nel 1968? L’ipotesi del depistaggio e la strana storia di un cancelliere di Firenze raccontata a Fronte del Blog

mostro di firenze

I consulenti investigativi Loris Martinelli e Dario Quaglia affiancano l’avvocato Alessio Fioravanti, figlio del legale di Pietro Pacciani, nella riapertura di un delitto ritenuto legato al Mostro di Firenze.

Intervistati dal giallista Rino Casazza per Fronte del Blog, spiegano perché il primo duplice omicidio attribuito al Mostro, quello del 1968, potrebbe in realtà essere frutto di un clamoroso depistaggio.

E ci raccontano la strana storia di un cancelliere del tribunale di Firenze, coinvolto in una serie di reati…

mostro di firenze

L’inchiesta sul Mostro di Firenze rappresenta un’anomalia nella storia dei delitti seriali. Il primo duplice omicidio della catena – avvenuto a Lastra a Signa nel 1968 – non è stato infatti identificato, come normalmente dovrebbe accadere, dopo il secondo duplice delitto, constatando un’unica matrice tra i due, ma si è dovuto attenderne altri quattro (Rebatta di San Lorenzo nel 1974, Mosciano di Scandicci giugno 1981, Travalle di Calenzano ottobre 1981, Baccaiano di Montespertoli giugno 1982) prima di ricondurre  tutti e cinque alla stessa mano omicida.

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Riassumo brevemente come andarono le cose.

Nel 1981, pur essendo trascorsi sette anni dal delitto del 1974, non si tardò ad associare il duplice omicidio di Mosciano di Scandicci a quello di Rebatta di San Lorenzo. In realtà i due casi, pur simili in maniera inquietante (erano state uccise e martoriate post mortem due giovani coppiette appartatesi in auto nella campagna fiorentina) presentavano diversità significative, soprattutto per quanto riguarda le  mutilazioni inferte alla vittima femminile.

Lo speciale di Fronte del Blog dedicato al Mostro di Firenze – QUI 

Comunque, fu presto trovata la prova inequivocabile del loro legame: i bossoli ritrovati sulla scena di entrambi i delitti risultarono, all’esame balistico, sparati dalla stessa pistola.

Questo “marchio” permise di attribuire allo stesso autore anche il secondo omicidio del 1981 e quello del 1982. 

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Da Cronaca Vera

Il mostro di Firenze e il delitto del 1968

Nell’estate del 1982  i carabinieri fecero un passo avanti decisivo, puntando l’attenzione sul duplice omicidio di una coppia di amanti, assassinata a Lastra a Signa nell’agosto del 1968 mentre amoreggiava nell’abitacolo di un’auto in una zona isolata: Barbara Locci e Antonio Lo Bianco.

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Fino ad allora gli inquirenti non si erano interessati a questo crimine, nonostante la sua somiglianza con gli altri quattro perpetrati dal Mostro, non tanto perché risaliva a parecchio tempo addietro, bensì per il fatto che risultava risolto con la condanna in via definitiva del colpevole, Stefano Mele, marito di Barbara.

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Barbara Locci e Antonio Lo Bianco

In verità, la positiva soluzione giudiziaria dell’inchiesta sul delitto di Signa avrebbe dovuto dissuadere dal riprenderne in mano le carte anche nel 1982, ma l’intuizione fu premiata dal successo. Ma come si si era giunti alla svolta?

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Un errore di procedura

Sollecitato dall’Arma, il magistrato titolare dell’istruttoria su Baccaiano, Vincenzo Tricomi, aveva chiesto il fascicolo sull’omicidio di Signa al Tribunale di Perugia, dove si era celebrato il processo di appello. La cancelleria del tribunale perugino rispose che l’incartamento era depositato presso il Tribunale di Firenze, presso la cui Corte di Assise si era svolto il giudizio di primo grado. Lì, fu inviato a prelevarlo un carabiniere.

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Secondo il codice di procedura penale, i reperti di un’inchiesta chiusasi con sentenza definitiva devono essere consegnati all’ufficio corpi di reato per poi, trattandosi di oggetti riguardanti una causa passata in giudicato, essere distrutti.
Invece, risultò allegata al fascicolo dell’omicidio di Signa una busta contenente i bossoli repertati sul luogo del delitto e i proiettili rinvenuti nel corpo delle vittime o ritrovati nelle adiacenze.

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lavorino pacciani mostro di firenze
Da Cronaca Vera

Grazie a questa (provvidenziale) trasgressione delle regole procedurali fu possibile verificare, attraverso una perizia balistica affidata a due esperti, Ignazio Castiglione e Nunzio Spampinato , la provenienza dei bossoli e proiettili di Signa. Risultato: la pistola che li aveva esplosi era la stessa adoperata nei quattro delitti successivi.

La perizia del 1968

Torniamo dunque con la ricostruzione al primo duplice delitto. Nel 1968 i magistrati avevano ordinato una perizia balistica, contenuta nel fascicolo della causa. L’incaricato era il colonnello dei carabinieri Innocenzo Zuntini, lo stesso che poi avrebbe effettuato la perizia balistica dell’omicidio del 1974, senza peraltro accorgersi del collegamento, piuttosto vistoso, tra i due omicidi.

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E’ regola, in questo tipo di consulenze, fotografare bossoli e proiettili analizzati. Nella relazione tecnica del 1974 le foto sono presenti, mentre in quella del 1968 mancano, non è chiaro se perché non furono mai eseguite o perchè andate disperse.
Così, la perizia Castiglione/Spampinato accertò la provenienza dalla stessa pistola di bossoli e proiettili riguardanti tutti e cinque duplici omicidi confrontandoli tra di loro, un metodo che, in apparenza, sembra sicuro.

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Tuttavia, come molti sottolineano, non è così.
Manca infatti l’evidenza che i bossoli e i proiettili ritrovati nel fascicolo nel 1982 siano gli stessi repertati sulla scena del delitto e analizzati dal Colonnello Zuntini nel 1968.

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Può sembrare un eccesso di diffidenza, visto che non c’è motivo di dubitare della buona fede del perito e, d’altro canto, la descrizione dei reperti che questi fa nella sua relazione indica una chiara somiglianza con quelli degli altri delitti. In particolare i bossoli hanno una caratteristica delle munizioni del Mostro divenuta  tristemente famosa: la marca Winchester calibro 22 Long Rifle con impressa una H nel fondello.

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Il dubbio

In realtà il sospetto che i bossoli del 1968, inaspettatamente sopravvissuti nell’archivio giudiziario, possano essere un falso deriva da considerazioni che vanno al di là dell’analisi balistica.
Nel romanzo Coniglio al martedì  di Aurelio Mattei, pubblicato nel 1993 da Sperling and Kupfer, si narra una vicenda molto simile a quella del Mostro di Firenze in cui, a un certo punto, un omicida seriale penetra di nascosto nell’archivio di un Tribunale per sostituire a scopo di depistaggio i bossoli contenuti nel fascicolo giudiziario di un caso.

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È evidente che se il Mostro di Firenze – o un suo complice – avesse compiuto la stessa impresa al tribunale di Firenze, inserendo nel fascicolo del delitto di Signa bossoli e proiettili sparati dalla sua pistola, avrebbe fatto credere, confondendo le acque, di aver commesso un omicidio a lui estraneo. Ricordiamo che dalla scoperta del delitto del 1968 come primo della serie del Mostro è scaturita la pista più seguita nella storia dell’inchiesta sul serial killer delle coppiette: quella cosiddetta “sarda”, che ha ricercato il colpevole, fra alterne vicende e un finale insuccesso, tra i personaggi coinvolti nell’omicidio di Signa.

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Ma è la vicenda stessa che ha portato il giudice Tricomi a inviare i Carabinieri a recuperare il fascicolo del delitto del 1968 a suscitare interrogativi.

La lettera anonima

Come già raccontato in un post del 2019 su Fronte del Blog, non è ancora chiarito se sia stato un militare dell’Arma, il Maresciallo Fiore o Fiori, in servizio presso la Caserma fiorentina di Borgo Ognissanti, a supporre, con felice fiuto, un legame tra il duplice omicidio di Signa e gli altri quattro. Oppure se i carabinieri siano arrivati a questa conclusione grazie all’imbeccata di una lettera anonima a firma di un “cittadino amico”.

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La differenza non è di poco conto. Nel secondo caso, infatti, sarebbe giustificato il sospetto che il Mostro, dopo aver manipolato – da solo o con l’aiuto di complici – il fascicolo del delitto di Signa inserendovi ad arte reperti balistici che lo collegavano agli altri da lui commessi, abbia completato l’opera di depistaggio segnalando l’esistenza del falso legame e permettendo così che venisse alla luce.

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Vi è da aggiungere che, mentre nel romanzo di Mattei l’omicida, per sfuggire ai controlli sugli accessi all’archivio giudiziario, deve ricorrere a un rischioso ma efficace stratagemma, nella realtà gli archivi giudiziari sono tutt’altro che blindati ed anzi, grazie ad una sorveglianza assai blanda, piuttosto facili da violare.
Lo dimostra un’inchiesta della trasmissione Striscia la Notizia di qualche anno fa in cui un’inviato del programma entra e si muove a piacimento, ignorato, tra gli scaffali dell’archivio del Tribunale di Roma.

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ll profiler ed esperto in grafologia con applicazioni cliniche e forensi Loris Martinelli, alias Alessandro Flamini, e Dario Quaglia sono due ricercatori sul caso del Mostro, aderenti alla Cold Case Association , conduttori del canale youtube dedicato all’argomento.
Essi svolgono attività di consulenza per le indagini difensive di parte. Ultimamente, stanno affiancando l’avvocato Alessio Fioravanti per quanto riguarda gli omicidi ancora insoluti di Milva e Renato Malatesta e del piccolo Mirko Rubino. Come emerge dalle testimonianze di Pietro Fioravanti, storico avvocato di Pietro Pacciani, e dalle parole stesse di quest’ultimo, si potrebbe trattare di omicidi del Mostro di Firenze.

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Mi sono rivolto a loro in quanto hanno approfondito, con interessanti e originali scoperte documentali, l’analisi su come l’omicidio di Lastra a Signa sia entrato a far parte dell’inchiesta sul Mostro di Firenze.

Che cosa potete dirmi riguardo alle discrepanze che emergerebbero confrontando le due perizie balistiche, del 68 e del 74,  del Colonnello  Zuntini e quella Spampinato/Castiglione del 1982?

La materia è complessa, e ha dato vita a un dibattito tra gli esperti. Del resto, eventuali difformità tra come vengono descritti i reperti balistici ritrovati nel fascicolo di Signa e il loro stato reale potrebbe dipendere da un errore umano. Ovvero bossoli e proiettili potrebbero essere genuini, e sbagliata la loro descrizione da parte del consulente incaricato.
Ciò premesso, nella perizia del 68 si notano varie stranezze.
Nel descrivere i bossoli, l’estensore reputa il segno impressovi dall’espulsore così debole da essere quasi inapprezzabile (“traccia appena accennata“, scrive, e “impronte non visibili ad occhio nudo” ) con la conseguenza gli è impossibile indicarne l’esatta posizione sul fondello della cartuccia. Tuttavia, quel segno è netto nelle fotografie disponibili effettuate dopo l’acquisizione del fascicolo da parte della Procura di Firenze nel 1982. Lo strano è che, nella perizia relativa al delitto del 1974 lo stesso Zuntini rileva senza incertezze il segno dell’espulsore e ne descrive la posizione con precisione e in conformità alle foto.

Anche per quanto riguarda i proiettili, il confronto tra descrizioni e immagini dei reperti lascia dei dubbi.
Se infatti è vero che i cinque proiettili ritrovati nel fascicolo di Signa mostrano, come tutti quelli sparati dal mostro, sei rigature elicoidali rivolte verso destra, qualcosa non torna in almeno tre di essi.
Nei due “con la punta schiacciata”, Zuntini nota e descrive incisioni che nelle foto disponibili non si vedono. Inoltre uno dei due viene indicato recare, sulla parte ogivale, una “sbavatura” di metallo rivolta a destra nel senso della rigatura, mentre le foto del 1982 mostrano una “scalfitura” non rivolta a destra ma quasi ortogonale alla rigatura. Infine l’unico proiettile “schiacciato su un lato” presenta un’incisione stranamente non descritta nella relazione.

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È probabile che nel giudizio di corrispondenza, espresso nella perizia Castiglione Spampinato, tra l’arma in possesso del Mostro e quella impiegata nell’omicidio di Signa abbia influito un dettaglio piuttosto vistoso, presente in tutti i bossoli dei delitti attribuiti all’assassino. Stiamo parlando di un “rigonfiamento” del segno lasciato dal percussore sul bossolo, in apparenza estremamente caratterizzante poiché rivelatore, secondo il perito del 68 che per primo la rilevò e descrisse, di una sensibile usura dell’arma usata.

Tuttavia oggi gli esperti sono concordi nell’attribuire quella traccia non al logorio di una particolare pistola ma alle particolari cartucce usate, di tipo superspeed, che lasciano una simile “firma” sui bossoli di tutte le pistole che le sparano.

mostro di firenze
Da Cronaca Vera

In conclusione, i reperti balistici ritrovati nel fascicolo di Signa sono sì simili a quelli esaminati dal Colonnello Zuntini nella sua perizia, ma non c’è la certezza inequivocabile che siano identici.
Da qui potrebbe nascere il dubbio che i bossoli e proiettili allegati al faldone del 1968 siano in realtà tra quelli mancanti sui luoghi dei delitti dal 74 in poi.
E’ noto infatti che le ispezioni delle scene criminis, incrociate con le autopsie dei cadaveri, evidenziano  una mancata corrispondenza tra colpi sparati e reperti balistici repertati.

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Questa discrepanza ha dato origine a due interpretazioni: incuria da parte di chi ha effettuato i sopralluoghi o utilizzo di due pistole, una automatica e una a tamburo, che non rilascia bossoli, da parte del Mostro, o a questo punto dei due Mostri, potendosi supporre che sulla scena fossero presenti due sparatori con due diverse pistole.

Ma regge anche l’ipotesi che il Mostro abbia trattenuto e conservato i bossoli e i proiettili che mancano all’appello, per poi inserirli con un abile escamotage nel faldone del delitto di Signa, riguardo al quale non esiste, sottolineiamo, una “catena di custodia” certificata.

In un recente vostro video pubblicato su Youtube sul canale “I mostri di Firenze” avete indicato tracce che potrebbero corroborare l’ipotesi di una manipolazione del fascicolo giudiziario del delitto di Lastra a Signa del 68, attribuito al Mostro di Firenze. Potete riassumere che cosa avete scoperto?

Nella sua testimonianza del 04/11/1981 Cinzia Cambi, sorella di Susanna Cambi, vittima femminile di Calenzano del 1981, fa il nome di alcune persone che hanno abusato della attività economica della loro famiglia, ovvero un ingrosso di abbigliamento sito in Firenze. Tra questi emerge il nome di un cancelliere del Tribunale di Firenze, che chiameremo con il nome di fantasia di Antonio, che avrebbe promesso di favorire la stipula di un concordato, ma che non avrebbe poi mai fatto nulla.

Antonio, nell’estate del 1983, viene accusato di essersi appropriato di titoli di stato sottratti in cancelleria al Tribunale di Firenze e per questo viene sospeso. Sarà trasferito al tribunale di Lucca, dove presterà servizio fino al suo arresto avvenuto ai primi di novembre 1983, per il ruolo ricoperto in una serie di furti con lancia termica attuati ai danni di gioiellerie e ville Fiorentine e per ricettazione.

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Da Cronaca Vera

Tali crimini sono compiuti in complicità con altre 12 persone, tra cui un vigile notturno e un orefice. Nello specifico, Antonio aveva consegnato ai sodali le chiavi dell’ufficio corpi di reato del Tribunale di Lucca e quelle dell’analogo ufficio del Tribunale di Firenze, che conservava ancora sebbene fosse stato allontanato. La banda operava con l’ausilio di una radio da vigile giurato.

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Il nome di questo cancelliere sembra emergere il 01-12-1986 nell’esame testimoniale del Maresciallo Giovanni Leonardi, incaricato nell’estate del 1982 di recuperare il fascicolo giudiziario dell’omicidio Locci-Lo Bianco, avvenuto nel 1968.

Inizialmente recatosi alla Corte d’Appello di Perugia, dove si credeva fosse conservato il faldone, Leonardi venne informato che quest’ultimo era stato restituito a Firenze, dove infatti fu reperito nell’archivio del Tribunale. In merito a tale ritrovamento il maresciallo nel 1986 dichiarò di essersi rivolto ad un cancelliere di cui non ricordava esattamente il cognome, ma che, a ben leggere la dichiarazione, era comunque molto simile a quello di Antonio. E aggiunse: “Fu questo Cancelliere che mi aiutò nella ricerca. Il fascicolo fu rinvenuto immediatamente, insomma, senza difficoltà.”

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Alla luce di tutto ciò, la mente non può che tornare a metà luglio 1982, ovvero all’inizio della pista sarda che vide come imputati i fratelli Vinci, Giovanni Mele e Piero Mucciarini.
Questa direzione sarebbe stata presa sulla base di un ricordo del Maresciallo Fiori, in forza al Nucleo Operativo di Borgo Ognissanti, sul duplice omicidio a avvenuto nel 1968 a Lastra a Signa e mai collegato ai delitti del Mostro di Firenze.

Tale ricordo, riferito al suo superiore Tenente Colonnello Olinto Dell’Amico, fu la miccia che innescò l’interesse del giudice Tricomi per il fascicolo di quel crimine, in cui erano ancora conservati bossoli e proiettili rinvenuti all’epoca. Come già spiegato, questi, confrontati con quelli dei delitti dal 1974 al 1982, risultarono sparati dalla stessa arma.

Il punto è dunque il seguente: siamo davvero sicuri che il faldone dell’ omicidio di Signa, recuperato dal Maresciallo Leonardi, contenesse fin dal 1968 i bossoli e i proiettili ritrovati nel 1982? E se qualcuno, come già ipotizzato in passato, avesse interesse a far coincidere l’arma usata nel 1968 e quella usata per i delitti dal 1974 in poi, per sviare le indagini dai veri responsabili?

Certo è, che se qualcuno avesse concepito un simile depistaggio, non avrebbe avuto di fronte difficoltà insormontabili a metterlo in pratica. La storia di Antonio è emblematica per capire quanto fosse permeabile l’ufficio corpo di reato del tribunale di Firenze. 

Rino Casazza

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Rino Casazza

Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato un numero imprecisabile di racconti e 15 romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi in cui rivivono come protagonisti, in coppia, alcuni dei grandi detective della letteratura poliziesca. Il più recente è "Sherlock Holmes tra ladri e reverendi", uscito in edicola nella collana “I gialli di Crimen” e in ebook per Algama. In collaborazione con Daniele Cambiaso, ha pubblicato Nora una donna, Eclissi edizioni, 2015, La logica del burattinaio, Edizioni della Goccia, 2016, L’angelo di Caporetto, 2017, uscito in allegato al Giornale nella collana "Romanzi storici", e il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018. Nel settembre 2021, è uscito "Apparizioni pericolose", edizioni Golem. In collaborazione con Fiorella Borin ha pubblicato tre racconti tra il noir e il giallo: Onore al Dio Sobek, Algama 2020, Il cuore della dark lady, 2020, e lo Smembratore dell'Adda, 2021, entrambi per Delos Digital Ne Il serial killer sbagliato, Algama, 2020 ha riproposto, con una soluzione alternativa a quella storica, il caso del "Mostro di Sarzana, mentre nel fantathriller Al tempo del Mostro, Algama 2020, ha raccontato quello del "Mostro di Firenze". A novembre 2020, è uscito, per Algama, il thriller Quelle notti sadiche.

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