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Guerra in Ucraina, Putin pronto a mobilitare altri 100 mila uomini. Torna la luce a Kiev

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Vladimir Putin pronto a inviare altri 100 mila soldati entro primavera. A Kiev torna la corrente. E l’Ungheria prende una posizione netta: il bollettino sulla guerra in Ucraina

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Vladimir Putin non si ferma. Per alcune fonti vicine all’intelligence del Cremlino, il leader russo sarebbe pronto a rilanciare. Così scrive il sito iStories: “La Russia ha in programma di stabilizzare il fronte in Ucraina quest’inverno per poi ricominciare in primavera: il numero di soldati uccisi e feriti potrebbe essere di circa 100.000. Ma questo non spaventa nessuno, possono essere sostituiti da coscritti del servizio obbligatorio”.

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L’ipotesi è quella di inviare altri 120 mila militari di leva entro la primavera del 2023: “Per questo motivo il presidente russo non sta revocando il decreto di mobilitazione parziale”.

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Da Twitter

I raid di Putin respinti

Nel frattempo la Russia continua a perdere terreno. Lo Stato Maggiore di Kiev sostiene di aver  respinto otto raid in 24 ore negli insediamenti di Yakovlivka, Soledar, Bakhmutske, Bakhmut, Opytne, Pervomaiske, Krasnohorivka e Nevelske nella regione di Donetsk. Le forze di Mosca avrebbero utilizzato invano 11 missili, 7 aerei e più di 50 attacchi con sistemi di artiglieria a lancio multiplo.

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel quotidiano discorso serale alla nazione, non nasconde il proprio ottimismo: “L’Ucraina e i suoi partner stanno gradualmente creando un sistema che fermerà l’aggressione russa, smantellerà le sue conseguenze e garantirà la sicurezza a lungo termine, la sicurezza dell’Ucraina e del mondo”.

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Torna la luce a Kiev

Zelensky però punta l’indice contro il lavoro “inadeguato” del sindaco della capitale, Vitaly Klitschko, che non avrebbe allestito nella maniera più giusta i cosiddetti “centri di invincibilità” in cui i cittadini possono accedere a riscaldamento, acqua, internet e collegamenti di telefonia mobile: “Sfortunatamente le autorità locali non si sono comportate bene in tutte le città. In particolare, ci sono molte lamentele a Kiev. È necessario più lavoro”.

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Dtek, l’azienda ucraina per la distribuzione dell’elettricità, fa però tirare un sospiro di sollievo agli abitanti, con il suo ultimo comunicato su Facebook: “Comprendiamo che la mancanza di elettricità a lungo termine complica la vita dei residenti di Kiev. Pertanto, da oggi Dtek accenderà alternativamente le luci per tutti i residenti in modo tale che l’interruzione elettrica per ogni utente non superi le 5 ore”. Non è la panacea di tutti i mali, ma a fronte di quanto successo nei giorni precedenti, è già moltissimo.

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Il Guardian cita il presidente della compagnia nucleare ucraina Energoatom Petro Kotin nel rivelare che i bombardamenti dei giorni scorsi hanno interrotto l’alimentazione di tre centrali nucleari: “Tutti i meccanismi di sicurezza hanno funzionato ma due generatori sono stati danneggiati ritardando il riavvio di due reattori: i ripetuti arresti causati dagli attacchi possono avere un impatto grave sulla sicurezza nucleare e sull’approvvigionamento energetico”.

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Ma Oleh Korikov, ispettore capo della sicurezza nucleare, lancia l’allarme all’Observer: “Qualsiasi uso dello scram (arresto d’emergenza di un reattore) può causare un incidente”.

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La posizione ungherese

L’Ungheria, sempre piuttosto critica sulle sanzioni alla Russia, si smarca dalla posizione ambigua rispetto alle decisioni del Parlamento Europeo contro il Cremlino. Il presiedente Katalin Novak, in visita a Kiev, dichiara infatti: “La responsabilità di Vladimir Putin in questa guerra è ovvia, gli ungheresi si sono sempre opposti a sofferenza e spargimento di sangue. Siamo vicini dell’Ucraina e i nostri vicini possono contare sul nostro aiuto. I vicini rimarranno sempre vicini”.

E mette sul piatto alcuni argomenti, tipo che il suo Paese ha “150.000 ragioni per fermare questa guerra e raggiungere la pace: sono i 150.000 ungheresi che vivono in Transcarpazia sul territorio dell’Ucraina. Molti ungheresi etnici hanno già dato la vita per la difesa dell’Ucraina”.

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