
Carol Maltesi, il suo assassino Davide Fontana davanti al giudice: “Non volevo farle del male né separarla dal figlio, sono pentito”
Fontana ha tentato la carta del rito abbreviato, che avrebbe portato allo sconto di un terzo della pena, ma gli è andata male: andrà in Corte d’Assise il 24 ottobre. Rischia l’ergastolo
Carol Maltesi, il killer che l’ha fatta a pezzi, gettandone i resti in una scarpata, si presenta davanti al giudice e dice: “Sono una brava persona, contrario alla violenza”. Ma il pentimento di Davide Fontana non è servito: respinta la richiesta di rito abbreviato, affronterà il dibattimento in Corte d’Assise, dove rischia l’ergastolo.
Il delitto di Carol Maltesi
Davide, bancario e food blogger, era il vicino di casa di Carol, a Rescaldina, cittadina limitrofa a Legnano. Avevano avuto una breve relazione e girato insieme alcuni film per adulti sulla piattaforma Onlyfans.
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L’uomo massacrò la ragazza con un martello, la sgozzò, la fece a pezzi e la congelò per due mesi per poi buttarne i resti in una scarpata a Borno, nel bresciano. Quindi, allestì una clamorosa messinscena: per tutto quel tempo si fece passare per Carol su Whatsapp, rispondendo ai tanti messaggi di amici, parenti e conoscenti.
Messo alle strette confessò. La sua furia sarebbe stata scatenata da una telefonata dell’ex della giovane, intenzionata a tornare a Verona per stare accanto al figlio piccolo.
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Sono una brava persona
Aveva chiesto il rito abbreviato, che gli avrebbe consentito lo sconto di un terzo della pena. Tuttavia l’abbreviato non è più concesso dalla legge in caso di omicidio aggravato. Così, le sue parole hanno tentato di far breccia sulle “aggravanti” che pesano sulle accuse di omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere: la crudeltà e la premeditazione:
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«Chiedo scusa a tutti. Sono profondamente pentito di quello che ho fatto, non trovo parole per descrivere il mio dolore e la mia vergogna per me stesso e per quello che ho fatto. Non volevo fare del male a Carol. Adesso non avrei il coraggio di guardare i suoi genitori in faccia. Non mi capacito di quello che ho fatto. Sono sempre stato una brava persona, educata e gentile e contro ogni forma di violenza. Non avevo mai fatto del male a nessuno e non avrei mai voluto fare del male a Carol e non avrei voluto separarla da… (suo figlio ndr)».
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E ancora:
«È giusto che io paghi per quello che ho fatto e voglio farlo. Vorrei trovare ogni modo per riparare a quanto fatto e troverò il modo di riuscirci».
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Il movente
Quindi, ha parlato del movente, provando ad escludere la premeditazione:
«Non ho agito per fini economici, non ero geloso ossessionato da Carol. È sempre stata libera di fare ciò che voleva e di frequentare chi voleva. Semplicemente non volevo essere escluso dalla sua vita. È falso che avrei premeditato il delitto. Il “pin” del cellulare me lo ha dato lei fin da subito per motivi lavorativi e pratici. È stata una cosa impulsiva che non ha spiegazione. Mai avrei potuto premeditare ciò che ho fatto, mi dispiace tantissimo».
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Il processo
Il giudice ha però respinto l’istanza. Davide Fontana andrà a processo in Corte d’Assise a Busto Arsizio il 24 ottobre. Rischia l’ergastolo. Prima udienza il 24 ottobre.
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