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Che fine ha fatto Svetlana Balica? L’incredibile giallo di Morbegno

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I resti di Svetlana Balica, che si presume sia stata uccisa dal marito poi suicida, non sono mai stati ritrovati. Scomparve nel nulla nel 2017 e inutili sono state le ricerche del suo corpo

Il compagno venne ritrovato morto sotto un camion della ditta in cui lavorava: per gli inquirenti avrebbe inscenato un incidente: in realtà si sarebbe tolto volontariamente la vita dopo il delitto.

L’enigma ad oggi non ha soluzioni. La ricostruzione del caso nell’approfondimento di Cronaca Vera

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Svetlana Balica e il marito Nicola Pontiggia

MORBEGNO (Sondrio)- Svetlana Balica scomparve nel nulla alla fine di ottobre del 2017, uno o due giorni prima che il marito Nicola Pontiggia fosse trovato morto, schiacciato da un camion della ditta per cui lavorava. Le indagini conclusero che Svetlana non era scomparsa, ma era stata uccisa.

Che l’assassino fosse il marito e che l’incidente in cui quest’ultimo perì non fosse affatto un incidente, ma un suicidio, messo in atto forse per far intascare alle figlie i soldi dell’assicurazione che non copriva l’insano gesto.

Ma questa ricostruzione, certamente suggestiva, è solo l’ipotesi con cui è stato archiviato il caso: il cadavere della donna non è mai stato ritrovato, nè sono state ritrovate tracce di sangue a casa o sull’auto. Ragione per cui gli investigatori pensarono che la donna fosse stata strangolata. Ma è davvero così?

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GLI ATTI DELL’INCHIESTA SU SVETLANA BALICA

Nicola, 55 anni, operaio in un cantiere edile da 27 anni, padre e nonno, cinque anni prima aveva sposato in seconde nozze Svetlana, emigrante moldava, badante di Tescureni.

Il Corriere della Sera ha riletto l’inchiesta, chiusa nel 2019, seguendo gli indizi trovati dagli investigatori sulla vicenda: l’uomo sarebbe stato in lite con la sorella per l’eredità dei genitori ed era sfibrato nel corpo da una malattia conseguente ad un incidente sul lavoro e alla trasfusione di sangue infetto.

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In quegli atti i cronisti hanno trovato conferma che i Ris non trovarono tracce di delitti nella villetta dove la coppia viveva, nè nella baita usata seconda casa, né, infine, nella Seat Leon di famiglia.

Per questo ipotizzarono che Nicola avesse strangolato Svetlana, vegliandone il corpo per non meno di 24 ore per portarlo poi chissà dove. In casa c’era solo un post-it, su un portafoto con dietro l’immagine di un bimbo e la scritta: «Sei entrata nel mio cuore e ci resterai per sempre». Una frase che però vuol dire tutto e niente.

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A quanto emerso dalle carte, scrive il quotidiano il 27 ottobre lei era rientrata in Italia da Chisinau, “Svetlana voleva lasciarlo, gliel’aveva già comunicato, e il marito non accettava lo scenario”. E Nicola avrebbe messo in piedi la doppia simulazione scomparsa-suicidio con “la triplice intenzione di far passare l’infortunio mortale per donare alle figlie le polizze assicurative, convincere il paese d’esser caduto sul lavoro anziché per mano propria, e tenere sospesa l’assenza di Svetlana (magari scomparsa di sua iniziativa)”.

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QUALCOSA NON TORNA

Gli investigatori, però, ritenevano fosse troppo esperto per finire sotto un camion, parcheggiato lontano dalle telecamere e posizionato sull’unico tratto in discesa senza azionare i blocchi.

Anomalo anche il fatto che si trovasse in ditta il 2 novembre, giorno di festa. Il cadavere della moglie non fu mai trovato, ma prima dell’incidente- suicidio, alle 6,27, le telecamere della fabbrica di sorveglianza inquadrarono Nicola mentre  «scaricava dall’auto un qualcosa di non meglio precisato» dalla Punto della ditta. Anche quella priva di tracce.

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L’uomo poi usciva per rientrarvi 13 minuti dopo. Era andato a scaricare il cadavere? Ma dove poteva essere andato e tornato in 13 minuti? Resta il fatto che in quell’area, in un sacchetto dei rifiuti furono rinvenuti oggetti di Svetlana: un anello, un beauty-case, bigodini, braccialetti, un pettine, orecchini, medicinali in italiano e cirillico. E ancora una sua valigia e il biglietto aereo.

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Prima di morire, o suicidarsi, come hanno concluso i magistrati, Nicola chiamò più volte la moglie, su tre cellulari. Pure questa sarebbe stata una messinscena dell’operaio. D’altra parte, già il 30 novembre 2017, il procuratore di Sondrio, Claudio Gittardi, diceva ai cronisti: «Nicola Pontiggia ha voluto simulare l’allontanamento della moglie e un incidente sul lavoro che ne ha determinato il suo decesso. In realtà la moglie l’ha uccisa lui e poi si è tolto la vita».

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Non tutti credevano a quest’ipotesi. Un’amica e connazionale di Svetlana raccontò al Giorno: «Andavano d’accordo, erano molto innamorati. Lui era molto dolce con lei, la viziava. Lei non aveva problemi, poteva uscire quando voleva, tornare in Moldavia quando lo desiderava, se erano lontani si chiamavano continuamente. Un matrimonio felice».

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E qualche giorno prima che la Procura concludesse per il suicidio aveva detto: «Io non credo che Nicola si sia suicidato, tanto meno che si sia trattato di un incidente. È stato ucciso, entrambi sono stati uccisi, c’è una terza persona coinvolta». Ma fino a quando non sarà trovato il cadavere della donna il mistero sul presunto omicidio-suicidio è destinato a restare tale.

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